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La violenza domestica ai tempi del Covid-19, ce ne parla la Dott.ssa Anna Vagli

Pic via @Pinterest

«Come il Covid-19, anche la violenza di genere è epidemica, globale e letale. È un morbo culturale capace di infettare luoghi, menti e corpi. Avete idea di che cosa significhi condividere 24 ore su 24 gli spazi familiari con il proprio maltrattante?»,
così scrive la criminologa Anna Vagli che da anni si occupa di violenza di genere.
In uno scenario di prossimità col proprio carnefice e la riduzione dei contatti esterni è molto più difficile per le donne abusate chiedere aiuto. Molte strutture di accoglienza
delle vittime sono state in seguito all’emergenza Covid costrette a chiudere o a limitare fortemente la loro attività.
In considerazione dell’aggravarsi delle condizioni delle vittime di violenza in tempo di quarantena abbiamo chiesto alla Dott.ssa Anna Vagli, Giurista, Criminologa
Investigativa, Esperta in Scienze Forensi, Criminal Profiling e Sopralluogo Tecnico
sulla Scena del Crimine un parere sulla questione.

Dottoressa Vagli, che cosa si intende per violenza contro le donne?

La violenza di genere, è un costrutto complesso. Costrutto che purtroppo presenta molteplici sfaccettature. Violenza non è soltanto quella fisica, ma anche quella psicologica, economica e sessuale. Violenza è anche “quella minigonna è troppo corta”, “quella scollatura troppo profonda”. Violenza è quando un partner non rispetta il lavoro della compagna, quando le dà uno spintone e poi la porta a cena per chiederle scusa, quando penserà che non vale quanto lui. L’abuso fisico è visibile ad occhio nudo ma quello psicologico, seppur invisibile, è parimenti devastante.

Sappiamo che per tutti noi la situazione attuale di emergenza è difficile, ma
cosa significa rimanere in casa per le donne vittime di abusi e violenze?

Come ribadisco fortemente da oltre due mesi, anche la violenza di genere, come il Covid-19 è epidemica, globale e letale. È un morbo culturale capace di infettare luoghi, menti e corpi. Dalla Cina abbiamo imparato come difenderci dal Coronavirus ma non dagli abusi. Purtroppo le mura domestiche si sono
trasformate in una vera e propria prigione per le donne già vittime di abusi.
Queste infatti si trovano a dover affrontare quello che in gergo tecnico si è soliti definire “effetto week-end”, che si verifica ogni volta in cui il soggetto maltrattante ha più tempo per infierire sul proprio partner. Uno scenario apocalittico, non solo fuori, ma anche dentro. Lunghe prove di resistenza, fisica e mentale, che finiscono con il consegnare le donne nelle mani del proprio aguzzino. Una richiesta innocua, quella del restare a casa, che si è trasformate in una prigione per chi proprio da quella abitazione vorrebbero fuggire.

Pic via @Pinterest

Alcune statistiche sembrerebbero far emergere che la violenza domestica
durante la quarantena sia aumentata, questi dati sono veritieri?

Sì,
purtroppo lo sono. Sia a livello interno che a a livello internazionale. Basti pensare che un report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha trascritto i dati di Axios che mostrano come rispetto allo scorso anno la violenza sia triplicata. Quanto al nostro Paese, due sono i dati allarmanti. Il primo, secondo quanto rilevato dai centri antiviolenza D.i.R.e rispetto allo stesso periodo dello scorso anno le richieste di aiuto sono aumentate del 74.5 per cento. L’altro dato che innesta seria preoccupazione è quello per il quale dal 2 marzo al 5 aprile 2020 ai centri antiviolenza si sono rivolti 2.867 donne di cui soltanto il 28 %
sono vittime che mai prima avevano avanzato una richiesta di aiuto. Questo testimonia ancora una volta le difficoltà incontrate dalle donne in regime di convivenza forzata a denunciare gli abusi. Il numero istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, 1522, è stato contattato soltanto dal 3,5%.

Perché sono aumentati i casi di violenza? Quali fattori hanno aumentato il
numero di aggressioni domestiche?

La convivenza forzata con il partner
maltrattante, l’isolamento e l’instabilità socio-economica di questo periodo aumenta le occasioni di controllo e di limitazione della donna, che è ancora più in difficoltà nel denunciare a causa della chiusura o comunque della limitazione dell’attività dei centri antiviolenza. In ossequio alla politica di contenimento,
questi ultimi hanno trasformato il loro impegno quotidiano intensificando le attività telefoniche e le chiamate via Skype.

Cosa si può fare se si è vittime di violenza e, vivendo in casa con il proprio aguzzino, si ha paura a chiedere aiuto? A chi e con quali modalità possono farlo?

Anzitutto è fondamentale che queste donne capiscano che non sono sole.
In questa situazione emergenziale resta infatti attivo 24 ore su 24 il numero Anti violenza 1522, e sussiste la possibilità di scaricare l’App YouPol, che permette alle vittime di violenza domestica di essere geolocalizzate e soccorse dal
commissario territorialmente più vicino.

Pic via @Pinterest

Quali sono le conseguenze per queste donne?

Come detto, per alcune donne
“restare a casa” non è certo l’opzione più sicura. Difatti, condividere 24 h su 24 gli spazi familiari con il partner maltrattante le sottopone le a prove di resistenza fisica, mentale e purtroppo anche sessuale. In uno scenario di prossimità col proprio carnefice e la riduzione dei contatti esterni aumenta l’escalation della violenza, l’isolamento e la paura.

Che aiuto in concreto è possibile fornire?

Sono anni che mi occupo di violenza
di genere e che mi batto per promuovere l’informazione e la prevenzione.
Purtroppo però non è mai abbastanza. Dobbiamo parlarne anche in questo delicato momento storico che stiamo attraversando. Il bollettino di guerra è devastante: stando ai dati del 2019 una donna viene uccisa ogni due giorni di
fronte all’impotenza di amici, familiari e purtroppo anche dello Stato. Non c’è “codice rosso” che tenga. A tale scopo ho lanciato un video di sensibilizzazione
per denunciare come per queste categorie di donne le mura domestiche possano
rivelarsi peggiori di Guantanamo e che la violenza di genere è un morbo
epidemico, globale e letale al pari del Covid-19. E’ vero, molte strutture di
accoglienza sono state costrette a chiudere o a limitare fortemente la loro attività.
Tuttavia, è fondamentale rassicurare le vittime: non siete sole!! La rete
antiviolenza nazionale, come ricordato, resta comunque operativa!

Video della Dott.ssa A.Vagli

Articolo a cura di Graziana Minardo con la collaborazione e aiuto della Dottoressa e Criminologa Anna Vagli

Graziana Minardo

Graziana Minardo

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