Cerca
Close this search box.

Lolita a Teheran

NON È UNA STORIA D’AMORE

Pic via @Pinterest

Durante la quarantena ho letto Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi, un libro diviso in quattro
parti, ciascuna dedicata ad un autore di lingua inglese. Alle riflessioni sulle loro opere si intrecciano
racconti di vita nell’Iran post rivoluzionario: l’autrice ci catapulta in un paese lontano, avvicinandoci alle sue tragedie, e analizza i romanzi in modo così appassionato che fa appassionare anche noi, facendoci venire voglia di leggere ciascuno dei libri che nomina. E così, ho iniziato proprio da Lolita.

LOLITA

Lolita 1997 regia di Adrian Lyne

Lolita è scritto in forma di confessione: il protagonista si trova in carcere accusato di omicidio e si
rivolge ai lettori chiamandoli “Signori della giuria”. Humbert, che la scrive, è attratto da certe bambine che lui definisce ninfette e che possono avere tra i 9 e i 14 anni; e non nasconde mai questa sua perversione, anzi, ne parla in un modo che sembra volerla normalizzare, un modo che sembra
voler sminuire le conseguenze nefaste che può avere su altri esseri umani: la definisce uno “stravagante problema”, “un’innata peculiarità”.
Ma Humbert non è solo la sua perversione, è un narcisista pieno di sé e tuttavia vigliacco, debole.
Mi ha colpita molto, a questo proposito, la scena in cui racconta che a volte approfittava di conoscenze che aveva negli ambienti degli psicologi per “visitare in loro compagnia vari istituti, come orfanotrofi e riformatori, dove potevo fissare le pallide adolescenti dalle ciglia appiccicate con la totale impunità che ci è data nei sogni.”: Humbert non si fa scrupoli di tipo morale per il fatto che gli oggetti del suo desiderio siano delle bambine, si trattiene solo per la paura di essere scoperto e punito. Quando è certo della sua impunità non ha remore.

Lolita 1997 regia di Adrian Lyne

Prima di incontrare Lolita sfoga le sue pulsioni cercando in donne adulte tratti infantili nel fisico e nel carattere -fianchi stretti, poco seno, ingenuità mista a malizia inconsapevole- e guardando insistentemente ninfette ignare o indifese. Su questo punto sento di dover insistere, sul fatto che a Humbert le bambine piacessero da prima di incontrare Lolita, perché dimostra come non sia lei -come forse qualcuno la accusa- a traviare un
povero adulto inconsapevole.
Lolita incontra Humbert per la prima volta quando ha 12 anni e lui 37, e subito si invaghisce di lui.
Secondo quanto Humbert racconta, Lolita non si tira indietro al contatto fisico casuale ed è addirittura lei che fa la prima mossa. Seppur, però, sia all’inizio consenziente (per quanto si possa definire consenso quello di una dodicenne) smette di esserlo poco dopo, quando si rende conto che
lui l’ha ingannata e di fatto rapita -la porterà in giro per gli Stati Uniti per un anno. Già la prima notte che passano insieme lui sembra superare i limiti di Lolita -in seguito, lei stessa la definirà una violenza- e proprio quella notte, insieme alle bugie di Humbert, determina una rottura definitiva in quello che lei prova. La notte successiva, infatti, pretende camere separate, salvo poi tornare in
lacrime da lui perché, come Humbert afferma non senza un certo grado di compiacimento, “vedete, non c’era altro posto al mondo dove potesse andare”.

Il punto sta proprio qui: Lolita non ha alternative, la gabbia che Humbert le costruisce intorno funziona così bene perché lei, orfana, non ha scelta. A questo si aggiunge Humbert che le paventa scenari apocalittici, nel caso in cui la loro
“relazione” fosse stata scoperta, costellati da orfanotrofi terribili. Egli deve inoltre ricorrere a “ore di blandizie minacce e promesse per convincerla a prestarmi per pochi secondi le sue membra brune, nell’intimità della camera da cinque dollari, prima di fare tutto ciò che lei poteva preferire al mio misero piacere.” Humbert vede Lolita come uno strumento per il suo piacere, non gli interessano né il piacere di lei né i suoi sentimenti e questo lo dimostrano diverse scene, leggendo le quali le uniche emozioni che ho provato sono state di tenerezza e compassione per Lolita e disgusto
per il suo aguzzino.

Lolita 1997 regia di Adrian Lyne

Il momento che più mi ha turbata è quello in cui Humbert e Lo sono in
macchina davanti a una scuola e Lolita, “mostrando un’infantile intolleranza per i capricci altrui,
insultava me e il mio desiderio di farmi accarezzare mentre le brunette con gli occhi azzurri e i calzoncini azzurri, le rosse col bolero verde, le bionde sfocate con i maschili jeans sbiaditi ci passavano accanto nel sole.” (Ricordo che Lolita ha 12 anni e il fatto che lei sia invaghita di Humbert non lo autorizza ad approfittarne, a maggior ragione perché si ritrova in una posizione di potere in quanto suo tutore. )

Anche in questo passaggio sembra che Humbert normalizzi e sminuisca la sua perversione definendola un capriccio che Lolita, infantilmente, non tollera.
Humbert ci racconta, poi, di darsi un gran da fare per cercare di tenere il morale di Lolita a un livello accettabile, tentando di occuparla con attività ricreative, ma nello stesso momento è accecato da una gelosia potentissima e le impedisce di fare qualunque cosa senza la sua supervisione. Ancora peggio, ignora i singhiozzi in cui “ogni notte, ogni notte, non appena io fingevo il sonno” Lolita scoppia.
La prosa di Nabokov è sublime, così come sublime è la caratterizzazione del personaggio di Humbert. Il disgusto provato per il protagonista durante la lettura è tanto forte perché Nabokov ce lo fa conoscere così bene. Anche Lolita è caratterizzata molto bene, nonostante il fatto che la vediamo come Humbert vuole farcela vedere, come lui stesso la vuole vedere. Sebbene Humbert ce la descriva come “una ragazzina disgustosamente convenzionale” e come una “disgustosa e adorabile sgualdrinella”, emerge, successivamente e indirettamente dalle sue parole, il racconto di
una Lolita diversa, una bambina intrappolata senza via d’uscita che si muove, come può, nella sua
prigione.

LEGGERE LOLITA A TEHERAN

Leggere Lolita a Teheran edito da Adelphi

Nella prima parte di Leggere Lolita a Teheran, l’autrice ci racconta la nascita del seminario privato
che organizza a casa sua con alcune delle universitarie che ha avuto come studentesse. L’obiettivo di questo seminario è raccontare ed analizzare opere che, dopo la rivoluzione, non è più possibile studiare all’università con la giusta libertà. Infatti, nel momento in cui la storia è ambientata, il 1995, alcune opere, tra cui Lolita, sono difficilissime da reperire, tanto che alcune ragazze sono costrette ad usare delle fotocopie, ed esistono limitazioni anche in ciò che su questi romanzi si può dire pubblicamente. Da qui Nafisi spazia tra il racconto dell’Iran di quel periodo, soggiogato dalla
dittatura, privato dei diritti più basilari, e i racconti di quegli incontri. Sostiene, qui, che la tragedia
in Lolita non sia tanto lo stupro di una ragazzina da parte di un adulto quanto “la confisca della vita
di un individuo da parte di un altro.”. Humbert non solo la stupra, ma la annulla completamente e così noi non sappiamo come Lolita sarebbe potuta diventare se non avesse mai incontrato il suo aguzzino.

smorfiosa, perversa, depravata, superficiale, mocciosa, sono solo alcuni esempi di come certi critici si riferiscono a Lolita. Paragonata a questa, la violenza che Humbert esercita nei confronti della ragazza e della madre sembra quasi un fatto marginale.” -A. Nafisi

Durante la lettura di Lolita sono stata accompagnata da una rabbia sottile che mi ribolliva nelle viscere. Pensavo di essere arrabbiata con Humbert per quello che costringe Lolita a subire, poi, a un tratto, mi sono resa conto di non avercela tanto con lui, quanto con chi lo difende. Con chi sposta la
colpa su Lolita, con chi sostiene che questa sia una storia d’amore, con chi sostiene che un carnefice in realtà non ci sia. Perché mi è sembrato di aver letto una storia diversa, perché nella storia che ho letto io -e nella storia che ha letto Nafisi- è chiaro, almeno da un certo punto in avanti, che il consenso di Lolita sia forzato.

Vorrei concludere con la domanda che si pongono le ragazze durante uno dei seminari e che anche
io mi sono posta, senza trovare una risposta che mi soddisfacesse: “secondo voi, sul finire, quando incontra per l’ultima volta Lolita (…), Humbert è lo stesso di prima o è cambiato?”.
Secondo me ha sicuramente raggiunto un certo grado di consapevolezza rispetto al dolore che ha provocato a Lolita: lo dimostrano diversi passaggi, come per esempio quando egli dice “(…) se non avessi spezzato qualcosa dentro di lei -non che allora me ne rendessi conto!-” o quando si immagina
che Lolita pensi “Lui mi ha spezzato il cuore. Tu hai soltanto spezzato la mia vita.” ; ma tornando indietro sarebbe capace di astenersi dal provocarle questo dolore, dallo spezzare quel qualcosa dentro di lei?

Articolo di
bibliotec_ale

AZAR NAFISI

Azar Nafisi nasce a Teheran nel 1948. Studia in Inghilterra e si laurea negli Stati Uniti, per tornare
poi a insegnare Letteratura inglese all’Università Allameh Tabatabai di Teheran, da cui nel 1981
verrà espulsa per aver violato le regole, molto stringenti, sull’abbigliamento. Tornerà a insegnare nel 1987 nella stessa Università e si trasferirà, dieci anni dopo, negli Stati Uniti dove vive e insegna tuttora. Come Nabokov, una volta negli Stati Uniti scrive in inglese, tanto che questa è la lingua originale di Leggere Lolita a Teheran e Le cose che non ho detto, i suoi due libri più famosi.

VLADIMIR NABOKOV

Vladimir Nabokov nasce a San Pietroburgo nel 1899. Insieme alla famiglia fugge dalla Russia allo
scoppio della rivoluzione nel 1917 per trasferirsi prima in Crimea poi in Gran Bretagna, dove
completerà gli studi universitari. Nel 1940 si trasferisce negli Stati Uniti, di cui diventerà cittadino
nel 1945.Nel 1941 inizia a scrivere i suoi libri in inglese e a tradurre in questa lingua alcune delle
opere precedenti.

Fonte: wikipedia.org: https://it.wikipedia.org/wiki/Azar_Nafisi. Secondo treccani.it
http://www.treccani.it/enciclopedia/azar-nafisi/ è nata nel 1955.
3 Fonte: wikipedia.org: https://it.wikipedia.org/wiki/Vladimir_Nabokov

violedimarzo

violedimarzo

Una risposta

  1. Ho letto anch’io questo romanzo durante la quarantena perché mi si è stato presentato come un esempio di scrittura .
    Mi era stato detto di porre l’attenzione al protagonista come esempio di un personaggio negativo che nascondeva però una personalità in fondo buona e non ho ancora capito se potrei essere d’accordo con questo giudizio.
    In ogni caso un romanzo sicuramente forte e con personaggi pieni di contraddizioni

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi Post

L’hai mai visto bene un porno?

Sessualità

A Sign of Affection: nel mondo senza suoni di Yuki

Attualità, Cinema, Femminismo, Letteratura, Recensioni

Evelyn Nesbit

Storia, Violenza di genere

Antonia Pozzi e l’infinito desiderio di leggerezza

Letteratura

Cookie & Privacy

Noi e terze parti selezionate utilizziamo cookie o tecnologie simili per finalità tecniche e, con il tuo consenso, anche per altre finalità come specificato nella Privacy Policy
Puoi acconsentire all’utilizzo di tali tecnologie utilizzando il pulsante “Accetta”. Chiudendo questa informativa, continui senza accettare.

Quando l’arte diventa consapevolezza: Francesca Menghini, Unbounded