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L’AMICA GENIALE

Lenù, a destra, e Lila, a sinistra, nella prima stagione della serie L’amica geniale, distribuita da Rai fiction e HBO

La mia storia con Elena Ferrante è iniziata per caso, all’improvviso, con un po’ di scetticismo. Chi è questa scrittrice che vende tantissimo in America, e di cui neanche si sa l’identità? Cosa vuole da me, perché dovrei leggerla? Mi sono avvicinata al suo ultimo romanzo perché qualcuno, in modo quasi profetico, me lo ha regalato a Natale. È rimasto un paio di mesi in libreria a prendere polvere e poi, un giorno, di colpo, mi sono decisa a iniziarlo, incuriosita. La vita bugiarda degli adulti mi ha rapita e toccata in un modo che non avrei immaginato possibile. La protagonista, da adolescente, nelle sue insicurezze, nella sua paura di essere sbagliata e mai all’altezza, nella sua convinzione di essere brutta, antipatica, mi ha ricordato la me dell’epoca, che non si amava e non riusciva a vedersi in un modo che non fosse negativo, di disprezzo. Giovanna, Giannì, mi parlava direttamente, senza pietà, di ciò che ero stata, del perché, e di come oggi ancora fatichi a tenere a bada queste convinzioni, di come si siano appartate in un angolo della mia testa pronte a riemergere alla prima occasione.
Da quel giorno, dal giorno in cui ho capito la potenza narrativa di questa autrice, ho deciso che avrei letto la saga de L’amica geniale, ho capito che l’avrei amata senza riserve e che non sarebbe stato facile separarsene. E così è stato. Ho finito il quarto volume ieri notte, alle 2 passate, dopo aver letto quasi 300 pagine in un giorno, con una smania che faceva paura anche a me, e allo stesso tempo il terrore di perdere per sempre Lila e Lenù, le protagoniste. È per questo che adesso sono qui, davanti allo schermo, a cercare di mettere in ordine le parole e le emozioni confuse che in testa e nella pancia si agitano, senza accennare a calmarsi. Forse è colpa di Lila. Sono triste. Mi sento vuota, svuotata. Ieri notte, quando ho concluso l’ultima riga, ho fatto fatica a riemergere dalle pagine dentro le quali ero stata trascinata, strattonata, quasi, con violenza, come quando dopo un sogno vivido, al risveglio, si ha bisogno di lunghi attimi per recuperare la lucidità, la percezione di sé nella realtà. Se vi racconto questo, se vi parlo di quanto mi sento riempita da questa saga -e svuotata dalla sua fine- è perché tutto questo aggrovigliarsi di stati d’animo è merito di Elena Ferrante, perché la sua potenza di narratrice mi lascia a bocca aperta, in contemplazione, e sono sicura che faccia lo stesso effetto a moltissimi lettori. Sono sicura che tutti, a volte, si sentono specchiati dentro le sue parole, si chiedono se non li abbia spiati dalla finestra mentre le scriveva.

Per chi non lo sapesse, L’amica geniale si divide in quattro volumi, ciascuno dedicato a una fase della vita di Lila e Lenù, dall’infanzia alla vecchiaia, dagli anni ’50 ai primi 2000, e alla loro amicizia. Lo sfondo è una Napoli spaccata in due: da una parte il Rione, la povertà, l’ignoranza e il dialetto, dall’altra Corso Vittorio Emanuele, il Vomero, la ricchezza, i libri, l’italiano colto. Lila e Lenù vivono al Rione, in mezzo a genitori secondo cui sì, studiare è un merito e crea intorno un’aura di autorevolezza, ma è anche una perdita di tempo e denaro. Si districano in un mondo che non è fatto per loro, che è ancora impregnato del maschilismo più becero e le rifiuta, cerca di relegarle ai ruoli che spetterebbero loro secondo la società dell’epoca. La narrazione, in modo più o meno esplicito a seconda dei momenti, è permeata di riflessioni su maschilismo, ingiustizie, povertà, criminalità organizzata. I personaggi, dal canto loro, hanno tutti una fisionomia precisa, hanno tutti pregi, difetti e caratteristiche ben definite.

Lila e Lenù nella serie distribuita da Rai fiction e HBO

Lenù è dotata di una disciplina ferrea, che si manifesta soprattutto nello studio. Ma è insicura, si sente sempre meno brava di Lila, ha bisogno dell’approvazione degli altri, e quando questa manca si dispera, si sente incapace, Lila avrebbe sicuramente fatto meglio. Lenù sa scrivere, scrive bene, ma quando qualcuno dice il contrario si scoraggia e pensa, perentoria: “e che sciatteria, quante virgole inutili, non scriverò più.”. Poi, con la stessa velocità con cui si è convinta di non essere brava riprende fiducia in se stessa: “Tornai a casa rinfrancata, addirittura di buon umore.”. Elena non è insicura solo a scuola, solo riguardo la sua intelligenza e la sua bravura, è insicura anche nelle relazioni, e questa insicurezza si placa solo quando sente di essere centrale, necessaria. Ha paura di fallire e per mitigare, almeno un po’, questa paura, si rifugia nella convinzione di non essere mai stata capace, mai stata brava, che si aspettava: sminuirsi per sopportare meglio i fallimenti, non aspettarsi niente da sé per paura di rimanere delusi.
Lila, invece, è meno disciplinata ma ha un’intelligenza più vivace, più confusionaria, che affascina Lenù e la mette in soggezione, facendola sentire per lungo tempo l’eterna seconda. Lila deve creare e poi disfare, spezzettare. Lila è cattiva, ti sa guardare dentro e trovare le parole perfette per farti male, se vuole. Ma sa essere anche premurosa, gentile, accogliente. Lila è così, qualunque cosa faccia le riesce meglio che agli altri.
Tra gli altri personaggi vorrei nominare Nino, per dire quanto poco lo sopporto, con la sua ipocrisia e la sua vigliaccheria. Purtroppo non posso spiegare il perché di questo astio senza svelare particolari che andrebbero svelati solo durante la lettura dei libri, perciò mi limito a citare un passaggio in cui, in realtà, sostiene convintamente concetti su cui non posso che essere d’accordo, ma vi assicuro che leggendo i libri l’idea che vi farete su di lui non potrà essere tanto diversa dalla mia.
“Devi lasciare più tempo a tua moglie.”
“Ha tutta la giornata a disposizione”
“Non sto scherzando. Se non lo fai sei colpevole non solo sul piano umano, ma anche su quello politico.”
“Quale sarebbe il crimine?”
“Lo sperpero di intelligenza. Una comunità che trova naturale soffocare con la cura dei figli e della casa tante energie intellettuali di donne, è nemica di se stessa e non se ne accorge.”
Le vicende raccontate, i personaggi, lo stile di Elena Ferrante fanno parte di ciò che mi ha fatta innamorare di questa saga, ciò che mi ha fatto dimenticare la mia realtà e mi ha catapultata in quella di Lila e Lenù. Anche quando le due protagoniste o altri personaggi si comportavano in un modo che non approvavo o addirittura mi faceva arrabbiare, io ero lì, con lo sguardo sulle pagine, incapace di smettere di leggere.

Lenù e Lila più grandi, nella serie distribuita da RAI fiction ed HBO

ELENA FERRANTE
Come molti sanno, di Elena Ferrante non si sa quasi nulla, nemmeno se sia realmente donna. L’unico fatto assodato è che sia napoletana, come è scritto nelle quarte di copertina dei suoi libri. In passato si era ipotizzato che dietro questo nome potessero nascondersi la traduttrice Anita Raja, suo marito Domenico Starnone o entrambi insieme. Un’inchiesta di Claudio Gatti sul Sole24ore del 2/10/2016 (https://st.ilsole24ore.com/art/cultura/2016-10-02/elena-ferrante-tracce-dell-autrice-ritrovata-105611.shtml?uuid=ADEqsgUB), ripresa dai maggiori quotidiani internazionali, voleva definitivamente far luce sulla questione, sostenendo che le prove inconfutabili dell’identità di Elena Ferrante fossero gli ingenti movimenti di denaro dalla casa editrice Edizioni e/o ad Anita Raja, inspiegabili con il solo lavoro di traduttrice. Dopo la pubblicazione di questa inchiesta, però, l’editore si arrabbiò molto e non confermò né smentì ciò che emerse dall’articolo di Gatti. Io nutro un’ammirazione profonda per Elena Ferrante, qualunque volto abbia, e che ho provato poche altre volte in modo così intenso: sapere chi è mi piacerebbe, come mi farebbe piacere poter andare a presentazioni dei suoi libri in cui sia presente anche lei, ma capisco e rispetto il desiderio di anonimato.

Articolo di bibliotec_ale

violedimarzo

violedimarzo

4 risposte

  1. Tutto cio’ che cito sulla saga in oggetto, l’ho vissuto anch’io in pieno. Entri talmente tanto nella storia, che ti prende un po’ di sconforto quando finisce. Accompagna queste due amiche in periodi della vita in cui e’ facile ritrovarsi: nell’infanzia spensierata, nella turbolenta adolescenza e nella maturata eta’adulta. Hai visto anche la serie tv?

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