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Zehra Dogan

L’arte come strumento di rivalsa femminista contro la guerra

Zohra Degan nasce a Diyarbakir nel 1989. Artista e giornalista curda con cittadinanza turca, è stata la direttrice e fondatrice di Jinha, un’agenzia di stampa femminista curda con uno staff interamente composto da donne. Il 22 luglio 2016 viene arrestata a Nusaybin con l’accusa di appartenenza a un’organizzazione illegale. Viene successivamente rilasciata ma viene nuovamente condannata a due anni e nove mesi di carcere per propaganda terroristica. Il 29 ottobre 2016 Jinha viene chiuso.

Nonostante l’arresto, il carcere e la chiusura di Jinha, Dogan non si arrende, e sia lei che altre donne, durante la sua permanenza in prigione, fondano il quotidiano Özgur Günde Zudan (Free Agenda Dungeon). Viene finalmente rilasciata il 24 febbraio 2019. Il motivo che ha causato il suo arresto è stato un acquerello pubblicato su Twitter, tratto da una fotografia scattata da un soldato turco.

L’opera mostrava la città di Nusaybin dopo essere stata distrutta nel 2016 dall’esercito nazionale. Le bandiere sono issate e i blindati assumono le sembianze di scorpioni. È possibile
notare già in quest’opera il valore simbolico che l’artista dà a ciascuna opera che realizza.

Dogan utilizza numerosi e differenti materiali per realizzare le proprie opere: lenzuoli, carta di giornale, frammenti di indumenti. La scelta ricade sull’utilizzo di materiali presenti nel quotidiano dell’artista ma che, allo stesso tempo, risultano inconsueti agli occhi del pubblico. Si tratta di caffè, alimenti e, talvolta, di sangue mestruale. La scelta di utilizzare il sangue mestruale ha un obiettivo preciso: utilizzare come strumento un elemento che provoca, molto spesso, disgusto ma che “è il
simbolo stesso della vita”.

Una giornata di sangue, sangue mestruale, curcuma, matita. Carcere di Diyarbakır, 2018. Zohra Dogan

I dipinti di Dogan sono opere di denuncia, esplorazione del mondo femminile nella sua totalità,
modello di fratellanza e unione in uno scenario di guerra, carico di dolore e sofferenza. Ancora una volta ci troviamo dinnanzi ad un’artista capace di denunciare le barbarie subite, non solo in quanto essere umano, ma anche, e soprattutto, in quanto donna. Un’artista determinata a far valere la propria voce, i propri diritti, e quelli di tutte le donne del mondo che, ancora oggi, sono vittime di violenza e ingiustizia.

Il suo valore artistico è indiscusso, e nel 2019 Baksy ha deciso di realizzare
un murales in suo onore a Manhattan, su uno dei muri più ambiti dal panorama artistico, il Bowery
Wall. L’opera ritrae l’artista dietro le sbarre mentre impugna una matita, la sua arma di denuncia.

Anna Luna Di Marzo

violedimarzo

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