Partiamo proprio dall’inizio, ovvero dal significato di censura: “controllo esercitato dall’autorità pubblica su mezzi d’informazione, testi scritti, spettacoli ecc., al fine di accertare che non contengano elementi ritenuti pericolosi per l’ordine costituito, offensivi per la religione o contrari alla morale”(Vocabolario Garzanti).
Ora le domande che mi faccio e che faccio a chi legge questo articolo è: perché i capezzoli femminili dovrebbero essere censurati? Come mai dovrebbero essere ritenuti pericolosi, offensivi o immorali? Ma soprattutto perché solamente quelli femminili vengono censurati e non quelli maschili? Cercherò di rispondere a queste domande, scavando nella nostra cultura, nella società che ci circonda e nei tabù che ancora ci trasciniamo dietro come un peso enorme che nessuna di noi vorrebbe portare.
Dove sono “ammessi” i capezzoli femminili?
La vista dei capezzoli femminili viene ammessa o in alcuni casi direi tollerata, solamente in pochissimi ambiti, ovvero nella pornografia, nell’allattamento dei neonati e nelle riviste di moda (raramente). Che cosa hanno in comune questi tre ambiti? Che il seno viene strumentalizzato al servizio dell’altro.
Nel caso del porno serve per attrarre chi usufruisce dei siti, video o riviste erotiche, quindi è un mezzo che serve per eccitare l’altro.
Nel caso dell’allattamento la vista del capezzolo è giustificata dall’utilità di questo gesto, che serve per nutrire la prole e quindi non viene sessualizzato, non viene percepito immorale perché visto come un gesto naturale, atavico, primordiale, umano (nonostante anche qui ci siano diverse polemiche nel farlo in luoghi pubblici, come se il corpo debba essere per forza sessualizzato, viene comunque tollerata come pratica).
Infine nelle riviste di moda per esempio, il corpo viene utilizzato come strumento artistico, regalato agli occhi del lettore e quindi è comunque al servizio del consumatore.
Il capezzolo e il seno femminile non esistono in quanto tali ma esistono solamente in funzione degli altri, come se la donna non potesse utilizzarli a suo piacimento, come meglio desidera; Il patriarcato gestisce l’uso e l’esibizione dei corpi delle donne e determina i contesti e le forme in cui possono usarlo pubblicamente.
Qual è allora la ragione per cui vengono censurati?
La risposta è semplice quanto aberrante. I capezzoli femminili vengono censurati per impedire alla donna di essere libera di gestire il proprio corpo e l’immagine di esso. Il seno femminile mostrato senza il fine di compiacere, eccitare o soddisfare l’uomo, non è ammesso perché attesta l’autonomia e l’emancipazione femminile.
La censura e i social network
Quella in cui viviamo è l’era dei social ed è davvero paradossale che nella modernità del nostro tempo si debba tornare indietro vietando specificatamente alcune parti del corpo solamente femminile. Ciò che viene censurato non è il capezzolo in se per se, ma la donna stessa, come quando non poteva mostrare le caviglie nel 1700.
Secondo il recente aggiornamento dei Community Standards di Facebook e di Instagram, pubblicare un contenuto violento o esplicito non sarà rimosso se lo condanna o aumenta la consapevolezza del gesto sbagliato. Tuttavia la restrizione riguardo ai “seni femminili compresi i capezzoli” continua, e la spiegazione è che “gran parte della nostra comunità online potrebbe essere sensibile a questo tipo di contenuto.” Ma di chi sta parlando? Chi sarebbe questo pubblico sensibile? Ma poi sensibile a cosa? Il capezzolo è una parte del corpo come tutte le altre. Se qualcuno dovesse offendersi per la vista di capezzoli femminili, dovrebbe essere ignorato, non dovrebbe avere il potere di decidere per gli altri. E’ come vietare la pubblicazione di immagini di piedi perché ci sono persone che hanno la fobia per questa parte del corpo.. nessuno la censurerebbe!
La campagna con l’hashtag #FreeTheNipple è una protesta conntro la percezione che la società ha della donna, contro la sbagliata mercificazione sessuale del corpo femminile e verso la lotta per l’uguaglianza di genere. Criticare la censura dei seni sui social media è solo un altro passo verso la parità di genere che tutte le persone non maschiliste e non misogine dovrebbero sostenere.
Dott.ssa Veronica Cicirelli, psicologa e psicoterapeuta in formazione gestalt, esperta in sessuologia clinica contemporanea, creatrice della pagina ig @psicosessuologia_online.