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La narrazione mediatica del sesso: da tabù a stereotipo

In ambito mediatico il sesso ha sempre avuto un ruolo ambivalente. Se fino agli anni sessanta è stato sapientemente escluso da qualsiasi rappresentazione dei rapporti sociali, con il passare del tempo è stato abilmente posto al centro dell’attenzione mediatica.

Protagonista indiscusso dagli anni ’70, è stato poi rappresentato in maniera sempre più esplicita, a volte quasi esasperata, divenendo ad oggi senza veli eppure ancora abbozzato, considerato un momento fine a se stesso. Quasi mai si rappresentano gli aspetti psicologici dello stesso e la sua relazione con l’identità dell’individuo. Perché da quando in I love lucy nel ‘50 due coniugi dormivano in letti separati la rappresentazione del sesso è sì maturata, pensiamo a Sense 8 o Orange is the new black, ma rimanendo al margine. Insomma il sesso è sempre stato il mezzo della narrazione piuttosto che il fine.

I poli opposti della narrazione

Ad oggi disponiamo infatti di una smisurata produzione mediatica in cui la sessualità fa capolino senza svelarsi mai. In cui il sesso è protagonista, ma di questo non si parla o lo si fa sempre negli stessi modi colmi di pregiudizi e stereotipi. La televisione ha avuto ed ha tuttora, paradossalmente, un ruolo fondamentale in questa narrazione del sesso. Non è difficile rendersene conto. Giorgio Vittori, presidente SIGO afferma che il 10% dei giovani forma le proprie idee sul sesso dalla televisione nazionale. Quest’ultima ha sì ceduto al compromesso di parlarne (tra l’altro senza mai andare oltre i concetti di uomo e donna e senza rappresentare la comunità lgbtq+) ma cercando di tenere d’accordo tutti, con il risultato che la narrazione della sessualità sia ferma da anni. In più il racconto della stessa è così sterile e stereotipato da essere depositario del moralismo, spesso nascosto dietro i tentativi di freschezza, della televisione italiana. Il sesso può essere vissuto in modo differente, ma deve poi essere giustificato dal buonismo paternalistico che si cela dietro il racconto della diversità. Non voglio demonizzare ogni prodotto televisivo, ma solo sottolineare quanto la sessualità sia fondamentale per l’identità di una persona, quanto bisogno ci sia di una narrazione coerente che crei consapevolezza e non stereotipi quanto mai lontani dalla realtà.

Negli ultimi anni la sessualità è diventata sempre più discussa ma, in verità, i mezzi tramite cui ci si relaziona maggiormente al sesso ne offrono un racconto che influenza la naturalezza con cui andrebbe vissuto. Al polo opposto rispetto alla blanda rappresentazione, che spesso la televisione ci offre, troviamo la pornografia. Se da un lato il moralismo televisivo rende i rapporti sessuali giustificati solo dall’amore, la pornografia li riduce ad atto meccanico in cui molti elementi non trovano parte. La narrazione pornografica poi è insufficiente tanto per le donne quanto per gli uomini, ancora di più per le identità non binarie. Tanto i porno quanto la televisione offrono un’idea del sesso così insufficiente da far sì che ognuno pensi che ci sia un unico, o peggio, un giusto modo di vivere la sessualità. Il sesso può essere intimità quanto può essere atto meccanico ma c’è bisogno di rappresentazioni più organiche ed attendibili che rendano più sereno il rapporto che ognuno ha con la propria sessualità e con quella degli altri.

I fattori fisici e psicologici ignorati

Il modo di vivere la sessualità e di conseguenza il sesso, sono influenzati da una vasta gamma di fattori che abbiamo bisogno siano narrati. Ma il fatto che, dopo anni di emancipazione, lo viviamo ancora con latenti sensi di colpa, falsi miti e aspettative irreali è attestato dal dato che lo stesso spettatore trovi disturbante una narrazione quanto più organica ed onesta possibile. Forse proprio di questo abbiamo bisogno: una rappresentazione che disturbi, che sia in grado di svelare i lati taciuti, se non sapientemente nascosti, da quella narrazione di cui siamo fondamentalmente anche complici. L’Italia è ancora attraversata da silenzi e pregiudizi, basti pensare che è uno tra i pochi paesi europei che non prevedono l’obbligatorietà dell’educazione sessuale. Il sesso è una parte importante della propria identità e l’impossibilità di viverlo serenamente preclude un rapporto più completo con se stessi. Nella narrazione e rappresentazione attuale non solo non entrano in gioco i fattori psicologici ma neanche altre condizioni, sia fisiche che psicologiche. Non trovano posto il vaginismo, la micropenia, l’eiaculazione precoce e la ninfomania, solo per citarne alcuni. Pochissime volte si parla di vaginismo, nonostante il numero di donne che ne soffrano sia ancora elevato. Il vaginismo è una contrazione involontaria della muscolatura vaginale che impedisce o rende notevolmente dolorosa la penetrazione. Può derivare sia da fattori fisici che psicologici e sociali. Nel primo caso le cause possono essere l’endometriosi o eccessiva rigidezza dell’imene. Nella seconda ipotesi si associa alla penetrazione, o all’idea della stessa, uno stimolo negativo. Le cause psicologiche sono molte e tutte emblematiche. Possono derivare da un’educazione troppo rigida, che porta a vivere il sesso come una colpa, o da un abuso ricevuto. Forse, a parte per la breve parentesi presente nella serie Netflix ‘Unorthodox’, nessuno ne aveva mai sentito parlare, nonostante influenzi il proprio modo di vivere la sessualità. Allo stesso modo rare volte si sente parlare di micropenia. Quest’ultima è una condizione anatomica che può avere molte conseguenze sulla sessualità e talvolta pregiudicare l’attività sessuale, causando in alcuni casi anche depressione. Vivendo in una narrazione prevalentemente penetrocentrica, sia il vaginismo che la micropenia vengono considerate quasi invalidanti e causano conseguenze non irrilevanti. Se la rappresentazione del sesso fosse meno penetrocentrica la sessualità potrebbe essere generalmente vissuta in maniera più serena e soddisfacente. Perché in fondo la narrazione ha un ruolo fondamentale nell’educazione, quasi inesistente in Italia e mai inclusiva di ogni identità di genere né di orientamenti sessuali diversi da quello eterosessuale, e di conseguenza nella conoscenza sia di sé che dell’altro. Una narrazione finta ed irreale è spesso la causa di un’elevata ansia da prestazione che in alcuni casi causa anche l’eiaculazione precoce. Le cause dell’eiaculazione precoce sono prevalentemente psicologiche tra cui depressione, problemi con il partner ed ansia sociale. Solitamente ne soffrono i giovani che imparano con il tempo a ritardare l’orgasmo. E’ una condizione diffusa che tuttavia è fonte di grandi insicurezze. Nell’immaginario sessuale generale non trova posto neanche l’ipersessualità o dipendenza sessuale. Il sesso in questo caso diventa un mezzo di risposta a situazioni emotive di disagio e stress e inoltre si rivela sempre insoddisfacente. La dipendenza fa sì che l’atto sessuale diventi, oltre che impossibile da rifiutare, un’esigenza primaria, nonostante possa causare anche forti sensi di colpa. Anche l’ipersessualità può derivare da un’educazione severa e conservatrice.

Il modo di vivere la sessualità è prettamente personale e non può essere davvero raccontato in maniera organica. Dovrebbe tuttavia iniziare ad essere narrato con onestà e non solo come prodotto mediatico di fantasia, soprattutto in un paese dove manca un’educazione sessuale rivolta a tutt*. La salute sessuale influenza quella dell’individuo ma le immagini stereotipate mostrano ancora una diffusa immaturità nell’ affrontare temi del genere distaccandosi dalla tradizione e dalle convinzioni ormai radicate che il contesto in cui siamo cresciuti ci ha impartito. C’è bisogno di una narrazione reale ed organica che non riduca il sesso ad apoteosi di una vicenda fiabesca o chi lo fa a bambole ad incastro, che ci fornisca un ampio spettro sia del sesso che della sessualità.

Fabiola Catalano

violedimarzo

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