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Simone Leigh

La prima artista afroamericana a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia

L’artista Simone Leigh Simone Leigh rappresenterà gli Stati Uniti durante la prossima Biennale di Venezia nel 2022. Sarà la prima donna di colore a rappresentare gli Stati Uniti alla Biennale di Venezia. E noi non potremmo esserne più fieri.

Bronzo, ceramica e rafia sono i materiali principali utilizzati dall’artista per la realizzazione delle opere. Genere, etnia e femminismo sono i temi principali trattati da Leigh e mostrati al pubblico attraverso la sua arte.

Nata a Chicago nel 1967 da genitori giamaicani, Leigh si laurea all’ Earlham College in arte e filosofia. La filosofia è materia principale di studi, difatti Leigh racconterà in un’intervista di essersi avvicinata al mondo della scultura più per hobby che per lavoro. Leigh nutre un profondo interesse nei confronti della ceramica, combinando elementi provenienti dal panorama artistico africano con quelli provenienti dal panorama artistico occidentale. Si considera principalmente una scultrice, ma negli ultimi anni è stata molto attiva anche nel panorama sociale, coinvolgendo direttamente il pubblico. Leigh ha anche ha insegnato nel dipartimento di ceramica della Rhode Island School of Design.

Nel corso della sua carriera artistica Leigh ha vinto prestigiosi premi tra cui il Guggenheim Fellowship nel 2012 e l’Hugo Boss Price nel 2018.

Brickhouse, High Line Plinth, New York

Brickhouse è il primo pezzo appartenente alla collezione Anatomy of Architecture. Si tratta di un busto di bronzo raffigurante una donna, alto cinque metri e realizzato nel 2019 per l’High Line Plinth di New York. Per la realizzazione dell’opera sono serviti due anni di lavoro.

Nella mostra “Loophole of Retreat” al Guggenheim, Leigh mostra al pubblico sculture che parlano delle donne, delle donne di colore, del lavoro, del ruolo delle donne all’interno della società. Le storie raccontate da Leigh sono storie di resistenza e resilienza. La sua arte è un connubio di culture e tradizioni differenti, ma la narrazione, pur mutando forma, ha come scopo principale quello di raccontare il ruolo rivestito dalle donne all’interno della società, o per meglio dire, il ruolo che alle donne viene imposto di rivestire all’interno della società. Tra le numerose sculture esposte al Guggenheim vi è un’installazione sonora. Si tratta di una parete di cemento traforata dalla quale si intravede una piccola scultura dalla quale fuoriescono dei suoni. SI tratta dei suoni della musica di fine anni Settanta, quelli di una protesta avvenuta fuori dal carcere di Brooklyn e quelli relativi ai fatti del bombardamento del 1985 della casa dell’organizzazione rivoluzionaria MOVE. Con questa installazione Leigh voleva rendere omaggio a Debbie Africa, una delle donne che fu arrestata durante il raid e che ai tempi era incinta di otto mesi. Africa partorì in carcere e le sue compagne riuscirono a mascherare i pianti del bambino emettendo grida, tossendo, cantando. Questa storia, tanto incredibile quanto straordinaria, rappresenta per Leigh un profondo esempio di resilienza.

Loophole of Retreat, Guggenheim Museum

Leigh è a tutti gli effetti un’artista femminista che pone al centro della sua narrazione artistica le donne, il corpo delle donne e le difficoltà riscontrate dalle donne di colore in una società ancora fortemente radicata all’interno di un pensiero sessista, classista e razzista.
Mentre svolgevo le mie ricerche per scegliere su quale artista avrei scritto l’articolo di questo mese, mi sono imbattuta in Simone Leigh, e non avrei potuto scegliere artista che rappresentasse in modo più adatto un contesto storico come quello che stiamo vivendo oggigiorno. Dopo l’attacco a Capitol Hill negli Stati Uniti da parte di un gruppo di suprematisti bianchi, essere venuta a conoscenza del fatto che un’artista donna, femminista e di colore fosse stata scelta per rappresentare gli Stati Uniti durante la Biennale di Venezia del 2022 non poteva che rendermi felice e fiera. Fiera perché ho la possibilità e la grossa responsabilità di farvi conoscere ogni mese nuove artiste attive nel panorama sociale per la lotta dei diritti delle donne. Fiera perché ogni giorno nuove artiste in ogni parte del mondo denunciano, attraverso la propria arte, i soprusi e la violenza che noi donne, in quanto donne, siamo costrette a subire. E infine fiera perché, nonostante gli abusi, continuiamo a lottare, senza chinare la testa, in un coro immenso di voci che, nonostante la distanza, è sempre più forte e unito. Inarrestabili, unite per lottare per raggiungere un unico scopo: l’uguaglianza.

Anna Luna Di Marzo

violedimarzo

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