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Faith Ringgold

Le disuguaglianze etniche e di genere raccontate attraverso l’arte

Faith Ringgold nasce l’8 ottobre 1930 a New York, nel quartiere di Harlem. Ringgold proviene da una famiglia appartenente alla classe media. La madre era una fashion designer e il padre uno scrittore. Ringgold ha vissuto il periodo dell’Harlem Renaissance. Ciò ha contribuito a stimolare la sua crescita artistica. L’Harlem Renaissance era un movimento artistico culturale afroamericano formatosi intorno agli anni Venti nel quartiere di Harlem, New York. Durante l’Harlem Renaissance la comunità afroamericana degli Stati Uniti decise di abbattere gli stereotipi razziali attraverso l’arte. La letteratura, la musica, il teatro, la danza, la pittura erano solo alcuni degli strumenti artistici utilizzati per mettere in luce una cultura che da sempre era stata messa nell’ombra e prevaricata dal suprematismo bianco. Ed è proprio in questo clima di rivolta e cambiamento artistico che Ringgold muove i suoi primi passi nel mondo dell’arte. A causa di una forte forma d’asma Ringgold ha dovuto abbandonare l’idea di lavorare materiali come l’argilla e il legno e si è così focalizzata sull’arte visiva.

Ringgold è un’artista poliedrica, capace di spaziare dalla pittura, alla scultura, alla realizzazione di trapunte che sono veri e propri quadri, alla performance art. Ringgold, da vera amante dell’arte, non ha trascurato nessun suo ambito. Nel 1950 si iscrive al City College di New York con il desiderio di perseguire una laurea in arte, ma le fu impedito da un sistema che prevedeva che le donne si occupassero di tematiche relative all’istruzione. Agli inizi degli anni Cinquanta Ringgold inizia a realizzare i primi dipinti, prendendo ispirazione dalle opere di James Baldwin, dall’arte africana, dall’impressionismo e dal cubismo. Ringgold si concentra su tematiche sociali, rappresentando nelle sue opere le disuguaglianze subite dalla comunità afroamericana.

Faith Ringgold, American People #19: US Postage Stamp Commemorating the Advent of Black Power, 1967

A partire dagli anni Settanta inizia il lavoro con le trapunte, i famosi ‘quilt’. Ringgold racconta di aver deciso di spostarsi dalla pittura ai ‘quilt’ perché non voleva che la sua arte venisse associata alla tradizione pittorica occidentale/europea. Di ritorno da un viaggio in Europa, dove visit la
Spagna, la Germania e l’Olanda, Ringgold realizza The Slave Rape Series. In questo lavoro Ringgold racconta la storia dal punto di vista di una donna africana che è stata catturata e venduta come schiava. La madre di Ringgold, Willi Posey, ha collaborato con l’artista nella realizzazione di quest’opera. La madre di Ringgold era famosa nel quartiere di Harlem per i suoi lavori come fashion designer e sarta ed ha insegnato a Ringgold come cucinare secondo la tradizione afroamericana.

Faith Ringgold, Slave Rape, 1972

Dal 1973 Ringgolds inizia il periodo della scultura. La scultura diventa strumento per documentare la sua comunità locale e gli eventi nazionali. Si tratta di maschere realizzate per lo più con tele di lino, rafia e pezzi di stoffe rettangolari recuperati da vestiti. Le maschere, indossate dagli uomini durante i rituali tradizionali africani, acquisiscono in questo caso significato simbolico, oltre che rappresentativo. Le maschere possono essere indossate, oltre che essere elemento decorativo. The Family of Women Series è una serie realizzata nel 1973 e che vede come protagoniste della narrazione artistica donne e bambine che Ringgold ha conosciuto durante gli anni della sua crescita. Durante gli anni Settanta, Ringgold è attiva all’interno del Women’s Movement. Ci si riflette anche all’interno delle opere realizzate in quel periodo.

Faith Ringgold, Family of Women Series: Faith, 1973

Tra gli anni Sessanta e Settanta l’espansione e la diffusione della performance art fanno avvicinare Ringgold a questa branca del panorama artistico. La sua prima performance vede coinvolto l’utilizzo delle maschere da lei realizzate e si intitola The Wake and Resurrection of the Bicentennial Negro. La performance è una risposta alla celebrazione del bicentenario dell’indipendenza americana del 1976. Ringgold, con il supporto della comunità afroamericana, mette in scena una performance dalla durata di trenta minuti. Si tratta di una performance mimica con musica. In scena appaiono anche molti dei dipinti e delle sculture di Ringgold. Lo scopo è quello di far comprendere al pubblico che non c’è niente da festeggiare per il bicentenario dell’indipendenza americana, in quanto per almeno una metà di quel tempo la comunità afroamericana era ancora vittima di schiavitù.

Ringgolds è sempre stata attiva, fin dagli anni Settanta, nel panorama della difesa dei diritti delle donne. Nel 1968 l’artista Poppy Johnson e la critica letteraria Lucy Lippard, fondando insieme a Ringgold il movimento che prende il nome di Ad Hoc Women’s Art Committee. Il movimento protestava per il diritto di vedere almeno il cinquanta percento delle esibizioni al Whitney Museum of American Art realizzato da artiste donne, in modo tale da raggiungere equità nell’esposizione artistica all’interno del museo. Ringgold e Lippard partecipano anche al gruppo Women Artists in Revolution. Nel 1974 Ringgold e la figlia Michele Wallace sono tra i membri fondanti della National Black Feminist Organization. Ringgold fu anche membro fondante del “Where We At” Black Women Artists, un collettivo artistico con sede a New York composto da artiste donne in collaborazione con il Black Arts Movement. Nel 1988 Ringgold è co-fondatrice del Coast to Coast National Women Artists of Color Projects con Clarissa Sligh. Nel 1990 Ringgold fu una delle tre organizzatrici dell’esibizione Coast to Coast: A Women of Color National Artists’ Book Project.
Ringgold scrisse l’introduzione del catalogo intitolata “History of Coast to Coast” nella quale furono incluse più di cento artiste donne afroamericane.

La storia di Ringgold ci insegna che niente pu fermare la forza di volontà, se ascoltata e portata avanti con resilienza e duro lavoro. Ringgold è stata un’artista in grado di fare della propria volontà, forza. E della propria forza, strumento di denuncia e che fosse in grado di mettere in luce tematiche spesso considerate dall’opinione pubblica di “serie b”, quali il razzismo, i diritti delle donne, la disuguaglianza, la trazione e la memoria

Anna Luna Di Marzo

violedimarzo

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