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Groupies: crocerossine del rock

Mentre la seconda ondata femminista prendeva piede negli Stati Uniti – per poi diffondersi nel resto del mondo occidentale – e si concentrava non più sul suffragio universale ma su temi più quotidiani, quali sessualità, famiglia e diritti sul posto di lavoro, allo stesso tempo spiegava le ali il decennio più proficuo e sovvertitore della musica mondiale: gli anni di Woodstock, del patchouli e della minigonna, i mitici 60s.

Nel Regno Unito inizia a esplodere una vera e propria mania per le band che iniziavano a farsi strada nel panorama artistico, è la prima volta che le personalità di spicco iniziano ad avere un seguito estremo, folle di fans trepidanti pronte a tutto pur di riuscire ad accaparrarsi un biglietto per la primissima fila del concerto del loro idolo. Le camere dell’80% delle ragazze comprese tra i 13 e i 20 anni sono ricoperte di poster di Paul McCartney, Mick Jagger e David Bowie, ma le camere delle ragazze più fortunate non si limitavano ad un semplice striscione…alcune di esse hanno avuto letteralmente la loro rockstar preferita sotto le coperte.

Ecco le groupies, fan – spesso anche minorenni – che adottando la massima dello yolo (you only live once) si lasciavano tutto alle spalle per seguire in tour i cantanti più famosi e sexy della scena. Erano delle muse disinibite e devote al loro idolo, crocerossine del sesso e della droga, che grate all’artista per la sua musica, decidevano di concedersi a lui come ringraziamento, districandosi poi tra feste, sigarette e notti sfrenate.

“Se non hai una groupie intorno vuol dire che non stai facendo sul serio”

– Frank Zappa

Pamela Ann Miller – nota come Pamela Des Barres – è la ragazza che ha vissuto ciò che al giorno d’oggi potrebbe essere la trama di una fanfiction di successo pubblicata su Wattpad. Nata e cresciuta in California nel Settembre del 1948, passava le giornate a scrivere nel suo diario e ad ascoltare vinili, la musica e chi la creava erano letteralmente parte fondamentale della sua vita: nel suo libro I’m With The Band, Confessions of a Groupie ci racconta che lei e le sue amiche avevano ognuna un Beatle preferito – il suo era Paul – e fantasticavano sul giorno in cui li avrebbero conquistati. Ci racconta anche il suo primo orgasmo: sulle note della voce di Mick Jagger in I’m A King Bee, che tra l’altro incontrerà per la prima volta all’Ambassador Hotel di Los Angeles, dove bussò alla sua porta e lui aprì completamente nudo, consapevole e divertito per aver realizzato il desiderio di una fan.

Miss Pamela è considerata ancora oggi la regina delle groupies, colei che ne ha stilato il manifesto e che ha fuso l’emancipazione sessuale femminile con la voglia di sregolatezza e rock & roll. Più volte ammette che le femministe la consideravano una “puttanella sottomessa”, mero oggetto degli uomini con cui andava a letto, eppure lei insiste e dice “io facevo ciò che volevo”, fuori dagli schemi di pudicizia e dagli stereotipi di ragazza casa e chiesa, era semplicemente uno spirito libero con un’energia e un’attitude degne degli animali da palcoscenico che frequentava.

Il sesso nella vita delle groupies era fondamentale e la competizione tra donne decisamente forte: iniziano addirittura a farsi strada, a cavallo tra la fine degli anni 60 e l’inizio dei 70, nuove ragazzine affascinate da quello che vedevano in televisione, di rispettivamente 13 e 14 anni, Lori Maddox, Bebe Buell e Sable Starr. Decisamente troppo piccole – ma ciò non sembrava disturbare le rockstar – e disposte a tutto pur di entrare a gamba tesa nel mondo dei grandi, pronte a soppiantare le, ormai “vecchie” protagoniste della scena. Lori inizierà a far parte di quel mondo nel 1973, quando Bowie si esibirà a Los Angeles presso la Long Beach Arena e chiederà espressamente alla sua security di invitare la ragazza nel suo albergo. Quella notte, a soli 13 anni, Maddox perde la verginità con il cantante che ne ha già 26: da quel giorno sarà l’amante di Jimmy Page per ben due anni (fino a quando lui non la tradirà con la sua amica Bebe Buell) e avrà numerosi incontri sessuali con la maggior parte delle rockstar sulla cresta dell’onda.

Nel 2017, con il lancio del movimento #MeToo, si inizia a parlare molto più frequentemente e con più serietà delle molestie sessuali e della violenza sulle donne specialmente nel mondo dello spettacolo, dove spesso si tace e le accuse vengono sotterrate. Ovviamente vengono rivangati casi del passato e vengono interpellate le ex- baby groupies come Lori, che col senno di poi e la razionalità che solitamente si ottiene con l’età adulta, ammette di non volere una cosa del genere per sua figlia, per nessuna figlia.

Le rockstar erano palesemente lusingate dalle attenzioni di queste giovani donne che li veneravano come una sacerdotessa venera il dio di cui protegge l’altare ed è qui che entra in gioco Cynthia Plaster Caster – per la quale i Kiss hanno scritto l’omonima canzone – con i suoi calchi in gesso degli organi genitali delle personalità rock più famose dell’epoca. Il calco era infatti l’oggetto di culto, il souvenir del momento, molto più efficace di una banale polaroid. Cynthia cominciò proprio con Jimi Hendrix, il primo ad essersi prestato in modo entusiasta all’iniziativa nel 1968. Ella era consapevole della quantità di belle ragazze che giocavano le loro migliori carte per entrare nella camera d’albergo delle rockstar e allora decise di trovare un modo originale per farsi conoscere: l’idea funzionò così bene che collezionò ben 48 calchi nel corso degli anni.

Insomma, la vita della groupie era sregolata e sopra le righe, donne che per avere la colonna sonora giusta erano disposte ad abbandonare i genitori e a seguire i loro idoli in tour, il tutto immerso in una realtà sfavillante, ma allo stesso tempo decadente e non destinata a durare più di qualche anno. Le personalità femminili che si facevano strada in quegli anni nel mondo della musica esistevano eccome, da Nina Simone a Janis Joplin, ma il modo più efficace e disimpegnato per vivere la vita della rockstar senza essere tale era proprio quello di affiancarsi ad un Rolling Stone, un Beatle o qualsiasi altro membro di una band che stava arrivando al successo: dopotutto il mondo dello spettacolo vende sogni…e le famose groupies erano pronte ad acchiapparli.

La parte più bella, a detta di molte, era il rapporto che si stringeva con l’artista; a volte si sentivano soli ed incompresi, incapaci di gestire la fama in un modo sano, le giovani e avvenenti ragazze diventavano proprio ascoltatrici fidate e compagne con cui spartire problemi e incertezze.

Muse moderne, sacerdotesse del rock, infermiere di lsd e seni morbidi su cui riposare: chiamatele come volete, ma le groupies sapevano quello che volevano e facevano di tutto per ottenerlo, liberandosi da costrizioni sociali che vedevano la donna come angelo del focolare domestico, erano piuttosto seduttrici infernali, nomadi, sulle ruote di un tour bus.

Bendetta Mancini

violedimarzo

violedimarzo

2 risposte

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