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Come Stai zitta di Michela Murgia non ti farà più rimanere senza parole

Raramente mi era capitato di attendere un libro con trepidazione e di correre a comprarlo in libreria non appena uscito, ed erano anni che non mi capitava di nuovo. È successo con Stai zitta di Michela Murgia, uscito per Einaudi lo scorso (non a caso) 8 marzo 2021. L’autrice è una garanzia: non aspettatevi di trovare rose e fiori lì dentro. Con uno stile tagliente e un’ironia sprezzante, Murgia ci mette di fronte alla realtà smontando parola per parola ogni frase sessista esistente, e posso giurare che me ne sono sentite rivolgere almeno la metà in 23 anni. Alcune di queste neanche pensavo che fossero “frasi cattive”, e la logica che la scrittrice usa per demolirle mi ha spiazzata.

Il libro prende forma da un episodio dello scorso maggio 2020 che fece abbastanza scalpore, accaduto nella trasmissione radiofonica condotta appunto da Michela Murgia e Edoardo Buffoni per Radio Capital. Durante un’intervista a Raffaele Morelli, quest’ultimo ha intimato Murgia di stare zitta e ascoltarlo, con toni tutt’altro che pacifici. Il testo prende questa e altre frasi tipiche della mentalità patriarcale e debella ogni argomento discriminatorio che viene rivolto contro le donne, soprattutto durante le discussioni, non solo da uomini maschilisti, ma anche da altre donne. E lo fa prendendo proprio le cosiddette frasi fatte che sono sulla bocca di tutti, di cui vi lascio qualche esempio tra quelle che più mi hanno colpita: non fare la maestrina, vuoi sempre avere ragione, le donne sono dappertutto, brava e pure mamma!, le donne sono le peggiori nemiche delle altre donne, anche gli uomini sono discriminati, in casa do sempre una mano, sei una donna con le palle, calmati (che personalmente, mi fa infuriare ancora di più) e tante altre. Ora, non credo ci sia un solo lettore o una sola lettrice che non abbia sentito almeno una volta, anche nei media nazionali, una di queste frasi.

Da linguista, ho apprezzato nel testo la capacità dell’autrice di trasportare l’attenzione su un qualcosa che viene usato tutti i giorni, ovvero il linguaggio, quasi per rispondere a coloro che ritengono che non sia un argomento degno di considerazione in ambito di questioni di genere. L’intimazione di stare zitta è solo la punta di un iceberg più profondo, quello delle aree semantiche legate alle donne che parlano, e Murgia fa un esempio molto semplice al riguardo: «Se [una donna] discorre è chiacchierona, linguacciuta, pettegola. Se ribatte è petulante, stridula, sguaiata, aggressiva. […] Un gruppo di uomini che parlano è un consesso dialettico, un gruppo di donne è un pollaio». Si pensi anche all’associazione del tono acuto femminile a un senso di fastidio, fino ad arrivare ai luoghi comuni che bestializzano la voce delle donne, associandola alle galline o alle cornacchie. Quest’ultimo attacco mi è stato rivolto spesso, avendo io una voce poco melodiosa e molto acuta, e mai avevo riflettuto su quanto fosse sessista.

Tutto ciò si collega a un discorso antropologico più ampio, legato all’idea patriarcale che vuole la donna perfetta silenziosa e obbediente, e se qualcuno pensa che oggi sia un concetto superato, vi faccio notare come in televisione ci siano ancora le “veline”, le quali stanno lì, accanto ai conduttori, belle, sorridenti e, soprattutto, zitte. Come fa notare Murgia, il sostrato culturale dell’associazione donna = silenzio = virtù è religioso, a partire dai testi biblici. Mi viene in mente anche la serie tv The Handmaid’s tale, nella quale (attenzione, spoiler della 3×06) si presenta la capitale del nuovo stato di Gilead, Washington, come un posto d’avanguardia, che deve essere preso come esempio. Indovinate un po’ qual è la grande innovazione che ha reso Washington ideale? Le ancelle hanno la bocca cucita con anelli di metallo. Se parlare è un potere, toglierlo alle donne diventa abbastanza significativo in una società basata sulla schiavitù come Gilead.

Ma non c’è bisogno di arrivare alla distopia per trovare esempi di limitazioni di parola nei confronti delle donne, come abbiamo visto. A volte i meccanismi che la cultura patriarcale tossica usa per non far parlare l’altro sesso sono così subdoli che riuscire a notarli è un’impresa, e per questo ringrazio il libro di Michela Murgia. Volete un esempio? Prima di leggere il libro, non avevo mai notato che, per non essere accusati di sessismo, molti programmi radio-televisivi o convegni tematici usano una donna come moderatrice. In questo modo sono inattaccabili: la donna ce l’hanno messa, chi se ne importa se sta lì solo per far parlare e fare domande all’esperto X senza interromperlo o attaccarlo, il quale è, ovviamente, un uomo. Pensateci: non so a voi, ma a me sono venuti in mente già un paio di programmi tv. Perché a volte anche dietro al politically correct si nasconde un po’ di patriarcato, e ringrazio Michela Murgia per avercelo mostrato così lucidamente da poter rispondere per le rime la prossima volta che ci verrà detto: “Hai ragione, ma sbagli i toni”.

Fonti: Michela Murgia – Stai zitta, The Handmaid’s Tale

Gloria Fiorentini

Gloria Fiorentini

Gloria Fiorentini

Una risposta

  1. Un libro che ho letto con molto interesse e che mette alla luce problematiche e comportamenti che a molti sembrano, purtroppo, normali quando invece sono dannosi. Un libro molto intelligente che bisognerebbe leggere con attenzione. Ottimo articolo!

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