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Eroine potenti nella loro fragilità

Qualche sera fa finalmente sono tornata al cinema. Aspettavo da settimane il film “giusto” per ricominciare in bellezza, e ho pensato che “Eternals” lo fosse.

E avevo ragione.

Non mi soffermerò sulla trama, anche se ho gioito vedendo la reunion dei fratelli Stark (sono una nerd senza pudore).
Eternals è un film che rompe tantissimi schemi.

Avrai sicuramente letto della normalizzazione della famiglia arcobaleno grazie al personaggio di Phastos, quindi non approfondirò ulteriormente il tema (ma un ERA ORA me lo concederai, vero?)

Ma la svolta sono i personaggi femminili.

Facciamo un passo indietro, rimanendo nell’ MCU (nda: Marvel Cinematic Universe): siamo in Endgame. Thanos ha dimezzato la popolazione mondiale e anche gli stessi Avengers, Thor è in crisi mistica, come richiede il manuale dell’uomo che non deve chiedere mai (e non mi sento di compatirlo, UNA cosa doveva fare, UNA!) e tutti gli altri sono sparpagliati per il globo. E per inciso: l’unica che cerca ancora di fare qualcosa è Natasha Romanoff. Per dire.

Io arrivo al cinema carica perché ho visto Captain Marvel e ho iniziato a vedere la luce infondo al tunnel: stai a vedere che la Marvel mi ha creato un’eroina che salverà davvero il mondo al posto del Capitan America o dell’archetipo classico dell’eroe?

Quando poi Peter Parker le passa il guanto di Thanos e la vedo circondata di guerriere quasi non riesco a stare ferma sulla sedia: ci siamo, è il momento storico che stavo aspettando.

E invece no. Abbiamo un’eroina potente come poche, ma chi salva il mondo sacrificandosi per l’umanità? Tony Stark. Pace all’anima sua, non me ne vogliano le sue fan, però io sono uscita dal cinema in lacrime e anche con l’amaro in bocca.

Tutto quell’hype attorno a Captain Marvel a cosa era servito? Tornavo a casa con l’ennesimo eroe da manuale in tasca, e una fastidiosa sensazione di occasione perduta.

Torniamo al presente.

Inizia il film, e dalle prime scene di combattimento già sospiro, un po’ demoralizzata.

Abbiamo Ikaris, il super eroe per eccellenza, fortissimo e che spara raggi dagli occhi: già visto e detestato nella DC, avanti il prossimo.

Abbiamo Kingo, quello che spara proiettili di energia cosmica dalle dita, un filo troppo pieno di sé per i miei gusti: non mi convince, avanti il prossimo.

Abbiamo Gilgamesh, il monaco guerriero, naturalmente potentissimo: ma qualcosa di nuovo? (nda: poi, più avanti nel film, lo rivaluterò tantissimo e non per la sua tecnica di combattimento).

Abbiamo Phastos, l’unico personaggio maschile che non mi urta il sistema nervoso sia perché mi ricorda il bistrattato Efesto della mitologia greca, ma anche perché è il più geniale e al contempo umile degli Eternals. E naturalmente è il protagonista della prima scena omosessuale dell’universo Marvel/Disney.

Infine Druig: è in grado di manipolare la mente degli umani e non apprezza particolarmente quella piccola cosa chiamata libero arbitrio.

Ma iniziamo l’analisi dei personaggi femminili, che sono la parte più interessante del film.

Abbiamo la velocista che comunica solo attraverso la lingua dei segni. Siamo di fronte alla prima eroina crip & proud del MCU.

Mi commuovo, e non sto scherzando: Makkari è qualcosa di assolutamente nuovo e meraviglioso nel mondo dei supereroi. Qualcosa che suona di inclusione, di normalizzazione. Finalmente.

Poi abbiamo Ajak, la grande Madre: ricorda l’archetipo di Inanna, la dea sumera della fertilità e della guerra. Guida gli Eternals ed è in contatto con il Celestiale, la divinità che li ha creati
e che ha affidato loro una missione specifica. Non ha lo spazio che meritava a mio avviso, perché è un personaggio molto interessante.

Sprite è il folletto delle leggende irlandesi, e il suo punto di rottura l’ho trovato emozionante: un’anima antica intrappolata nel corpo di una ragazzina, che sente la spinta per evolversi ma
rimane cristallizzata in un involucro che non le appartiene più, che non la rappresenta. Forse sto volando troppo alto, ma che sia un seme per poi affrontare sul grande schermo DISNEY una tematica molto sentita in questi anni?

Sersi, l’eroina. Già il fatto che sia una donna a ribaltare la situazione, prendendo il testimone da un’altra donna, è qualcosa di rivoluzionario. Anche il breve ammutinamento della squadra, che riconosce Icaris come “leader naturale” mi è piaciuto, anche se il personaggio
di Sersi non è fra i meglio riusciti della pellicola. Piatta, poco carismatica, insomma, potevano giocarsela meglio. Ma apprezzo l’impegno.

Ma quindi qual è il personaggio femminile che mi ha fatto rimanere a bocca aperta?

Thena. Dea della guerra, in grado di creare qualsiasi tipo di arma manipolando l’energia.
Eppure non è quello il suo merito.
Il pugno nello stomaco è la sua fragilità: Thena passa tre quarti del film in pieno breakdown emotivo.

Da guerriera invincibile a creatura fragile che ha bisogno di aiuto, lo chiede e soprattutto lo accetta. Gilgamesh diventerà la sua roccia, il suo custode. Il personaggio della Jolie ha davvero pochissime battute nel film, ma è di un’intensità incredibile.

L’importanza della salute mentale è approdata in un film Disney.

Il “non ce la faccio più, ho bisogno di fermarmi” è stato normalizzato.

Un personaggio potenzialmente invincibile (altro che Icaris) è vittima delle sue stesse
emozioni, dei suoi ricordi, della sua sofferenza. Eppure le considera preziose, perché rifiuta la proposta di Ajak di cancellarle.
Fanno comunque parte di lei, e senza di esse non sarebbe più Thena.
Così impara a conviverci. Questo malessere scompare del tutto? No. Rimane. Perché è generato dalla sua anima e non stiamo parlando della visione edulcorata che ci ha tramandato la religione dominante. L’anima non è tutta luce, è anche oscurità, abisso, è un serpente uroboro: non ha un inizio ed una fine, è un flusso continuo di energia.

Quindi per me la vera rivoluzione di Eternals è proprio nel personaggio di Thena, nella sua fragilità che non è sinonimo di debolezza, ma di autenticità.
Il “resta qui” che le ripete Gilgamesh quando lei sta per andare in black out è potente, è un invito a centrarsi, non a soffocare le sue emozioni, ma a rimanere al centro di esse, senza combatterle.

Perché tutte le nostre emozioni sono sacre, e sono parte integrante di noi.
Sono stanca di sentire la società ripetere “domina le tue emozioni, controllale”. Non ha minimamente senso, sarebbe come cercare di bloccare i mulini a vento in una ventosa giornata primaverile, o chiedere al mare di bloccare le sue onde.

Vivi le tue emozioni, accettale. Resta qui.

Michela Papagno

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