Scrivere di violenza- Stephen King e Dolores Claiborne

Non è facile parlare di violenza contro le donne.
La società consumistica e mediatica in cui viviamo ci ha abituati ad una narrazione giornalistica stereotipata, dove l’immagine del sangue è fonte di attrazione.
Siamo affascinati dal male e ci è complicato sottarci al flusso costante di informazioni che scorre sui nostri computer o cellulari.
L’immagine, così, diventa un dono eccitante e rassicurante.
La violenza viene spettacolarizzata, romanzata e resa esteticamente bella. Inoltre, la donna coinvolta viene quasi sempre rappresentata fedele a due modelli canonici: muta ed eterea, una presenza che non partecipa alla narrazione; oppure vittima eterna che patisce il dolore e se lo trascina per sempre, perché segnata da un destino crudele.
Raccontare e scrivere di stupro, violenza sessuale, psicologica o domestica pone chi prova a cimentarsi di fronte ad una serie di cliché da dover evitare, parole da non dire, modelli da non ricalcare.
È un terreno instabile e delicato.
Dolores Claiborne, romanzo del 1993 di Stephen King, riesce a inserirsi in questo scenario con maestria, coniugando il macabro e l’orrore con la storia drammatica di una donna, terribilmente vera e reale.
Dolores Claiborne è il monologo trascinante e vorticoso di una sessantenne costretta a fare i conti con il proprio passato, di fronte ad un poliziotto e alla sua stenografa. Accusata ingiustamente di aver ucciso la donna per cui ha lavorato da domestica, trova nel confronto con il poliziotto il momento giusto per fare pace con i ricordi e portare a galla la verità.

Mi hai chiesto cosa, Andy Bissette? Se “capisco i diritti che mi hai spiegato”? Miseria! Com’è che certi uomini sono così gnucchi?
No, una bella calmata te la dai tu. Mettiti la lingua in saccoccia e dai retta tu a me per un po’. Ho idea che avrai da ascoltarmi per quasi tutta la notte, perciò ti consiglio di metterti il cuore in pace.

Già l’incipit pone le basi per una sperimentazione inaspettata da parte di King. Gli appassionati del Re dell’orrore sapranno che la prima persona e il punto di vista unico non sono soliti caratterizzare la penna dello scrittore; infatti, in questo caso ci si trova davanti a un romanzo-racconto del tutto originale.
È proprio dalle righe di questa confessione che Dolores riesce a fare luce su una verità sconvolgente che la riguarda in prima persona.
Il tema dell’abuso sessuale, della violenza domestica e della solidarietà femminile sono le tessere che ricostruiscono il quadro di una società patriarcale e misogina, che King rappresenta come una presenza maligna e mostruosa.
Quel male che tanto affascina – e King lo sa bene – è parte della società e, addirittura, si trova dentro le mura domestiche. Rimane confinato e non viene scalfito dall’esterno ma, invece, diventa una presenza incombente. Il male è una minaccia silenziosa che King plasma e trasforma in incubi, ombre a forma di cumulo di polvere e apparizioni inquietanti.
Inoltre, la figura di Dolores non è quella della vittima o dell’evanescente presenza che subisce la violenza: il personaggio femminile che King dipinge è forte, umano, irrequieto.
Dolores è costretta a scendere a patti con il male per sopravvivere, spalancare l’occhio interiore, quello della mente e dell’istinto, e conquistare la sua forma estrema di riscatto.

«Certe volte bisogna diventare un po’ carogne per sopravvivere. Certe volte fare la carogna è tutto quello che resta a una donna.»

Ma da quel momento viene perseguitata dalla presenza maligna del rimorso.
Ed ecco che, dopo una serie di salti temporali, flashback e ricordi frammentati, King termina il romanzo ritornando al momento della confessione e lanciando un messaggio di speranza: reagire tramite la denuncia permette di trovare il personale stato di grazia.
Dolores Claiborne è un romanzo moderno che descrive una parabola umana più volte raccontata, ma lo fa con dolore e forza selvaggia.

Sara Noto Millefiori

Sara Noto Millefiori

Sara Noto Millefiori

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