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Jenny Holzer e il concetto di stupro come arma di guerra

«I AM AWAKE IN A PLACE WHERE WOMEN DIE»

La storia dell’essere umano, o meglio dell’uomo, è sempre stata segnata dalle guerre. Ci sono battaglie di conquista, di rivendicazione, conflitti mondiali e civili. Ma c’è un aspetto particolare comune a tutti questi tipi di guerre, nonostante avvengano in periodi diversi e per mezzo di armi sempre più avanzate e distruttive, ed è l’utilizzo della violenza sessuale come un’arma vera e propria. I soldati in guerra attuano sistematici stupri e violenze nei confronti di coloro che sono considerati gli individui più deboli e dunque più facili da colpire: le donne. Non è poi così errato affermare che tutte le guerre si sono sempre fatte anche e soprattutto sulla pelle delle donne. Questo perché l’uomo ha da sempre utilizzato gli stupri come arma per affermarsi su un’altra popolazione o addirittura per zittire le sue stesse concittadine. La legge sottintesa delle guerre che fanno gli uomini: imporsi sempre e comunque; sembra quasi che lo stupro non passi mai di moda.

Fino al 2008 non era nemmeno considerato un crimine, anzi solamente una delle tante conseguenze che comportava andare in guerra. È nel 2008 infatti, con la Risoluzione 1820 da parte delle Nazioni Unite, che l’uso della violenza sessuale nelle zone teatro di guerra è stato ufficialmente condannato e questo importante passo è stato raggiunto anche grazie ad un’artista statunitense: Jenny Holzer.

Jenny Holzer nasce a Gallipolis, in Ohio, il 29 luglio 1950. Nel 1972 si laurea alla Ohio University in pittura e incisione e nel 1975 inizia il programma di master alla Rhode Island School of Design di Providence. In questo periodo comincia a lavorare con le parole e il linguaggio, rendendoli parte attiva nelle sue opere. Nel 1977 conclude il master e si trasferisce a New York. Qui partecipa a un programma di studi offerto dal Whitney Museum e realizza la sua prima serie di opere di solo testo, i Truism, che fa stampare su fogli distribuiti e affissi in forma anonima per la città. È un’artista i cui lavori si basano sulla scrittura, non a caso la sua prima opera consiste in affermazioni brevi e incisive che rappresentano «verità ovvie» su una pluralità di temi: dalla politica alla malattia, dalla tortura al gender inequality e addirittura alla morte.

La sua poetica e il suo lavoro si basano sul cercare di riformulare molti dei presupposti dell’arte tradizionale: si concretizzano il principio di arte pubblica e la ricerca di una comunicazione alterata ma anche spiazzante. Nel 1979 si unisce infatti al gruppo COLAB, un collettivo di artisti il cui scopo è la focalizzazione sui nuovi media. Mostrano una preferenza per i luoghi urbani e metropolitani come diffusione capillare delle proprie opere, rifiutando musei e strutture d’arte tradizionali considerati ormai inadeguati. Ciò che distingue in particolar modo l’arte della Holzer è la volontà di raggiungere un pubblico più esteso.

La scrittura rimane alla base dell’atto creativo dell’artista, che impiega i propri testi singolarmente o in combinazione con altri lavori, quali per esempio installazioni o proiezioni allo xeno. I testi si possono trovare ovunque: su tabelloni elettronici, stampati su poster e magliette, incisi su panchine di pietra, pavimenti di marmo e sarcofagi di granito, fusi in targhe di bronzo o d’argento. Le sue scritte appaiono anche su tabelloni per le affissioni pubblicitarie, su giornali e siti internet, e sono state proiettate su facciate di edifici, versanti montuosi o superfici acquee grazie a proiezioni al laser o allo xeno.

Jenny Holzer, Lustmord (1993-1994)

Lustmord è una parola tedesca che indica l’omicidio sessuale, spesso legato anche allo stupro. Rappresenta l’opera più impattante e provocante, sia a livello visivo che a livello concettuale, della Holzer. Realizzata tra il 1993 e il 1994, rappresenta la risposta dell’artista ai metodici stupri e omicidi che stavano subendo le donne durante la guerra di Bosnia (1992-1995). L’opera fu creata dalla Holzer per portare l’attenzione delle persone su questi atti brutali. Atti che fino a quel momento erano sempre stati normalizzati in quanto considerati conseguenze della guerra. Quindi mai definiti in quanto essi stessi armi e crimini nei confronti dell’umanità. Al giorno d’oggi forse, pensando risultati raggiunti grazie al femminismo, sembra quasi strano pensare che nella storia le donne siano sempre state uccise, vendute e trattate alla stregua di oggetti senza volontà propria, sui quali affermare il proprio potere. Stiamo parlando di un periodo che dura da centinaia di secoli. Donne ottenute come merce se si vinceva una guerra, meglio ancora se belle. Ma in ogni caso andavano bene comunque come passatempo e in particolar modo come dimostrazione del proprio valore in quanto soldato e uomo.

La scelta della Holzer, da artista concettuale, è stata quella di realizzare tre testi, ma non dei testi qualunque bensì dei poemi. Tre poemi che raccontano i crimini sessuali durante la guerra, ma non solo dal punto di vista femminile. Tre sono i poemi e dunque tre sono le prospettive: la vittima, il carnefice e l’osservatore neutrale. La prima versione di Lustmord comparve tra le pagine del quotidiano tedesco Süddeutches Zeitung (numero 46, novembre 1993): i poemi erano scritti sulla pelle di donne con inchiostro blu, nero o rosso, e poi fotografati. I testi mescolati tra loro puntavano a rendere difficile all’osservatore/lettore capire subito che prospettiva stesse leggendo.

Jenny Holzer, Lustmord, a sinistra un estratto della prospettiva della vittima, a destra del carnefice

Esperienza femminile della tortura, esperienza maschile del crimine e un testimone gender-neutral che assiste a tutto il terribile evento sono le tre visioni che vanno a comporre la rivoluzionaria e angosciante opera della Holzer. Non a caso la Holzer scelse la scrittura in prima persona: ha reso Lustmord ancora più esplicita e dolorosa. È il racconto di vite spezzate di donne che avranno ripercussioni sulla loro salute fisica e psicologica per tutto il resto della loro vita, date dalle violenze causate da millenni di patriarcato, ma anche di indifferenza.

Lustmord table

Ma della forza delle parole la Holzer non si accontenta. Vuole portare davanti al pubblico qualcosa di ancora più reale, che faccia comprendere quanto la brutalità dell’uomo e delle sue violenze abbia dissacrato i corpi delle donne. Alla forza dei testi associa l’impatto visivo degli oggetti ed ecco il Lustmord table: un tavolo scuro su cui sono poste ossa femminili, alcune circondate da anelli in argento con incisi gli stessi poemi della Holzer. Le ossa rappresentano parti del corpo femminile che normalmente siamo portati ad associare con la bellezza e la sensualità: denti, spalle, cosce, dita.

Se già i poemi non lasciavano certo indifferente l’osservatore, il bianco delle ossa delle donne in contrasto con il colore scuro del tavolo spinge definitivamente il pubblico a guardare il proprio stesso corpo e a mettere in primo piano atti brutali che accadono nella vita reale. L’audience è quasi costretta a esaminare come le donne sono trattate e come la società risponda alla cultura dello stupro e del victim-shaming. Infatti prima della guerra in Bosnia ovunque lo stupro era considerato una conseguenza, qualcosa che succedeva e basta e per questo non ha mai ricevuto particolare attenzione da parte delle comunità internazionali, anzi non era nemmeno considerata persecuzione. Non esistevano risarcimenti o aiuti. Era la prassi che in fase di guerra donne, bambini e anche uomini venissero stuprati, in certi luoghi è la prassi ancora al giorno d’oggi. L’aspetto più bello dei poemi della Holzer è che sono composti da testi brevi e sottili che possono davvero riferirsi a qualsiasi donna vittima di stupro e violenza. Per farci rendere conto di quanto nella storia sia stata normalizzata (e continua ancora oggi) la superiorità dell’uomo sulla donna.

Violenze sessuali in guerra: il caso della guerra in Bosnia (1992-1995)

Dal 1993 la pressione dei media spinge le organizzazioni a definire lo stupro come crimine di guerra e crimine contro l’umanità. L’attenzione portata da artisti e letterati sulle vittime della guerra in Bosnia è riuscita a far riconoscere alle Nazioni Unite che no, non è normale che circa 20.000 tra donne e bambine (senza contare coloro che non hanno mai denunciato) siano state vittime di stupri di gruppo, gravidanze forzate e schiavitù sessuale da parte dei soldati.

Gli stupri bosniaci non sono stati solo i classici bottini di guerra, ma soprattutto assalti organizzati e sistematici nei confronti delle donne bosniache e delle loro comunità. Infatti i serbi presero di mira soprattutto donne di fede musulmana. In una società che premia la purezza e la castità femminili, gli stupri permettono all’uomo di distruggere persone e famiglie, di assoggettare le donne al proprio potere e alla propria superiorità. Nel caso di questa guerra i serbi sono stati accusati anche di aver progettato una vera e propria pulizia etnica nei confronti dei croati e delle comunità musulmane: “ti stupro; ti uccido; così posso affermare su di te non solo la mia superiorità in fatto di genere, ma anche di razza”.

Durante la guerra di Bosnia esistevano veri e propri campi degli stupri in cui le donne subivano violenze ripetute e sistematiche, erano ingravidate forzatamente e rese schiave sessuali. A tutto ciò si uniscono le violenze, meno organizzate, perpetrate durante gli attacchi militari alla popolazione civile, per provocare lo sfollamento. Le donne spesso riconoscevano che a far violenza su di loro erano uomini del posto. Il motivo per il quali i serbi ingravidavano forzatamente le donne croate e musulmane fa sempre parte di un disegno di pulizia etnica alla cui base c’è anche l’idea che sia il padre a trasmettere l’identità ai figli e la donna sia solo un mero contenitore di esclusiva proprietà dell’uomo. Il figlio che nasceva da questa violenza veniva infatti considerato serbo a tutti gli effetti.

Nel 2004 iniziarono i processi per i crimini di guerra relativi al conflitto bosniaco. Ma solo nel 2017 il rapporto di Amnesty International Abbiamo bisogno di sostegno, non di pietà. L’ULTIMA SPERANZA DI GIUSTIZIA PER LE SOPRAVVISSUTE ALLO STUPRO NELLA GUERRA IN BOSNIA” denunciò come solamente l’1% dei casi di violenza sessuale stimati siano arrivati in tribunale. Spesso succedeva che le donne fossero sottoposte ad interrogatori aggressivi, volti a screditarle. Abbiamo quindi più di 20.000 donne che si sono ritrovate, nel giro di qualche anno, a non avere più una casa, una famiglia, e ad essere madri di figli causati dalle violenze. Stando al rapporto, “A vent’anni di distanza dalla fine del conflitto, le autorità della Bosnia, statali o locali, non hanno ancora riconosciuto pubblicamente il danno sofferto dalle vittime di stupro e altre forme di violenza sessuale, né presentato loro scuse ufficiali. Inoltre, le autorità sono venute meno al loro impegno nei confronti delle vittime non riconoscendone lo status o promuovendo il loro diritto alla riparazione.”

Il 19 giugno 2015 è stata istituita la giornata internazionale contro la violenza sessuale nei conflitti armati da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il riconoscimento della violenza sessuale durante i conflitti come crimine a tutti gli effetti è stato sicuramente un grande passo in avanti. Il problema è che ancora tantissime donne oggi non hanno ricevuto alcun tipo di risarcimento e nemmeno delle scuse e questo dimostra come sia necessaria una rivoluzione sociale nei confronti degli abusi sulle donne.

LINK AI POEMI COMPLETI DELLA OPERA LUSTMORD DI JENNY HOLZER:
https://wellcomecollection.files.wordpress.com/2015/06/holzer_lustmord-2.pdf

Erica Nunziata

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Erica Nunziata

2 risposte

  1. Purtroppo le guerra portano violenze di ogni tipo e purtroppo lo stupro fa parte di queste. Un atto abominevole che mi disgusta a morte e mi disgusta ancor di più pensare che sia considerata una vera e propria strategia. Hai fatto bene a parlare di Holzer e del suo lavoro. Il tuo articolo è stato molto interessante.

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