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Menopausa e pregiudizi

In questo articolo parlerò di menopausa da un punto di vista psicologico e prettamente personale e userò per comodità il femminile inclusivo*

Sono in premenopausa e sono felice, ma quando lo comunico ad altre mie coetanee cala il silenzio e il pregiudizio.

Dire ad alta voce in una stanza “io odio le mestruazioni e non vedo l’ora che finiscano” crea una sorta di disagio, quasi come se tu volessi rifiutare una parte importante del tuo essere donna. Solamente dopo uno scambio di opinioni spesso vedo le altre donne liberarsi di costrutti sociali e finalmente dire ad alta voce “effettivamente può essere una liberazione”.

Ma cosa circonda questa impossibilità di esprimere il desiderio di perdere la fertilità? Ho provato a parlarne con molte donne ed ho costruito un mio pensiero che vorrei condividere.


Come la società vede la menopausa

Ci viene ripetuto fin dalla pubertà (a volte da prima) che in quanto portatrici* di utero e di vagina saremo complete nel momento in cui avremo figli, ci insegnano che siamo prima di tutto madri, che saremo riempite di un seme e lo potremo trasformare in vita. Veniamo glorificate per questo. Purtroppo la società patriarcale di oggi ci dice costantemente con continui messaggi subliminali (e non) qual è il ruolo che dobbiamo ricoprire, ci viene inculcato che divenire madri è un onore e un onere da adempire con grazia e gioia.

Inconsciamente un pensiero si insinua in noi e per anni lo custodiamo e lo nutriamo, nel momento stesso del menarca sentiamo il potere, e il dovere di generare la vita. Non so esattamente se questo è un riflesso di ciò che la società ci dice di essere o è una sensazione di potere che ci illudiamo di possedere perché da secoli veniamo deprivate di ogni forma di comando, è come se ci fossero stati donati degli avanzi di un pasto succulento e questo ruolo non solo possa darci una forma ma ci “regala” l’illusione di essere coloro che cresceranno i futuri abitanti del mondo, quindi di avere un ruolo fondamentale per il cambiamento del pianeta. Tutto questo è ovviamente una distorsione del reale e credo che in molte ormai ne abbiamo la consapevolezza, sappiamo di non essere solamente portatrici di utero.

Ma nel momento che il mestruo non defluisce più, una parte di noi fa i conti con la morte di quella parte di sé che è la creatrice d’anime, e inconsapevolmente crediamo di aver perso qualche cosa. Personalmente mi sto analizzando e cercando di capire cosa realmente sta accadendo al mio corpo, sto andando verso la fine di una fertilità che non desidero più ormai da anni e le mie ovaie non saranno più pronte ad accogliere un seme, ma ciò non credo definisca il mio declino come essere vivente, sento di essere in una delle più belle mie fasi della vita, ancora carica d’energie ma un po’ più saggia verso la vita. Non voglio essere definita per ciò che il mio corpo è ma per ciò che la mia anima vuole essere.

Questo è un passaggio naturale del nostro corpo e non la definizione di ciò che siamo.


Francesca Svanera

violedimarzo

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