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Il congedo mestruale: a che punto siamo?

Molto spesso le battaglie incentrate sul femminismo si fondano sulle notizie brutte. Quante ne abbiamo sentite anche negli ultimi giorni: femminicidi, violenze, volantini “anti-stupro” intrisi di sessismo e victim blaming. Credo però che ogni tanto bisogna anche celebrare le vittorie delle battaglie femministe, come la recente notizia dell’approvazione del congedo mestruale in un liceo ravennate.

La battaglia della rappresentante

Tutto è cominciato quando una studentessa, Chiara Pirazzini, è stata eletta rappresentante. Soffrendo lei stessa di dismenorrea, ha deciso di fare qualcosa: una volta in carica ha pensato di proporre al Consiglio d’istituto il congedo mestruale. La proposta è stata accettata e così si legge nella delibera del Liceo artistico “Nervi-Severini”: «studentesse con dismenorrea certificata avranno la possibilità di produrre un solo certificato medico all’anno, attestante detta sindrome, al fine di vedersi riconoscere sino a due giorni al mese come deroghe al vincolo di frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato, assenze che pertanto non incidono sul monte ore massimo di quelle consentite ai fini della validità dell’anno scolastico, ferma restando la necessità della presentazione della giustificazione dei genitori (o delle studentesse maggiorenni), mediante libretto web».

E il resto del mondo?

Questo è decisamente un passo avanti per la situazione italiana. La stessa scuola, avanguardisticamente, ha introdotto la carriera alias per gli studenti e le studentesse che non si riconoscono nel proprio sesso biologico. Seguiamo su questa scia l’esempio spagnolo: lo scorso dicembre 2022 è stata approvata una legge che introduce il congedo mestruale sul luogo di lavoro. La misura deve ancora passare al Senato, ma in caso favorevole vedrà concessi tre giorni al mese di malattia, che saranno finanziati dallo Stato.

A Zurigo, in Svizzera, il congedo mestruale per le dipendenti è prolungato a cinque giorni lavorativi. Guardando al di fuori dell’Europa, invece, il congedo mestruale è legge nazionale in Zambia (un giorno lavorativo) e già attivo in Giappone, Corea del Sud, Indonesia e Taiwan.

I detrattori (o meglio, detrattrici)

Tuttavia, non tutti (né tutte) concordano sull’efficacia del congedo mestruale. Riporto le parole di Paola Spotorno, articolista per Famiglia cristiana:

Come donna ho paura che aprire la strada al congedo mestruale possa avere un effetto boomerang in tema di parità dei diritti.

Paola Spotorno

La scrittrice dell’articolo (che potete leggere qui in versione completa) ritiene che un calcolo puramente matematico delle assenze non è mai applicabile, e se pur fosse, le ragazze, assentandosi per le mestruazioni, non supererebbero la soglia del 25% di assenze concesse. Inoltre, Spotorno non applicherebbe la misura neanche sul luogo di lavoro. In entrambi i casi afferma che sarebbe un passo indietro per le donne, ancora più discriminate in quanto sesso debole e da non assumere a lavoro.

La verità è che una disparità tra sesso femminile e maschile esiste, ed è inutile negarlo. L’impatto del ciclo mestruale sulla vita della donna è fortissimo sia a livello psicologico che fisico, e non si può pretendere che abbia le stesse prestazioni di un uomo, non sottoposto agli stessi sbalzi ormonali. Rendersi conto che le donne hanno bisogno di misure di diverse non vuol dire svalutarle, si tratta di consapevolezza. E solo quando saremo tutti consapevoli di questo potremo veramente cambiare la società. In meglio.

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