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Nessuno torna indietro: la letteratura di Alba De Céspedes tra il ponte e il pozzo

Io ho sempre osservato una condizione, una società, in un’epoca, con le norme che la regolavano. Quando osservavo la condizione femminile mi rendevo conto di quanto infelice fosse.

Protagonista dell’universo letterario italiano ed europeo per tutto il Novecento, Alba De Céspedes (1911-1997) è stata una scrittrice e giornalista di successo del nostro Paese, pressoché dimenticata. Considerata troppo di sinistra per la destra dell’epoca e troppo attenta alle contraddizioni per la sinistra, ebbe un grande successo di pubblico. Scriveva di notte per occuparsi del figlio e dormiva di mattina quando il figlio era a scuola. Suo figlio stesso racconta, in una docu-intervista dell’archivio Rai sulla madre, di quando vivevano vicino a una delle tante chiese romane. in un’occasione Alba domandò al parroco se potesse evitare di far suonare le campane la mattina perché lei aveva bisogno di dormire. Lui le rispose che non era possibile, ma che, per sua fortuna, almeno non viveva vicino San Pietro. Questo episodio ci dice molto sulla condizione di una donna-scrittrice che deve fare i conti con il suo ruolo di madre sola con un figlio e allo stesso tempo ci restituisce l’idea di un carattere temerario e schietto. De Céspedes infatti la ribellione ce l’aveva nel sangue. Suo nonno era Carlos Manuel de Céspedes del Castillo “primo presidente in armi” dell’isola caraibica, ucciso dai militari colonialisti spagnoli. Crebbe quindi in una famiglia benestante, progressista e antifascista. Nelle sue opere di narrativa non ha scritto di donne eroine, ma perlopiù di donne piegate e soffocate dalla società patriarcale. A sei anni scrisse infatti una poesia sulle donne lavoratrici nelle fabbriche e fu incoraggiata dal padre a continuare. Il suo esordio è segnato dalla pubblicazione di un racconto su un giornale, presentato con il nome puntato per nascondere che fosse scritto una donna. E’ l’autrice di romanzi come Quaderno proibito e Dalla parte di lei.

Nessuno torna indietro

Il primo romanzo Nessuno torna indietro arriva nel 1938. Protagoniste sono otto studentesse fuorisede a Roma. Il romanzo è ambientato negli anni trenta e si svolge prevalentemente nel collegio di suore dove le ragazze vivono, il Grimaldi. Di diversa provenienza ed estrazione sociale, condividono tutte una condizione comune: essere giovani donne che cercano indipendenza e riscatto sociale in un’epoca in cui non era avvalorante farlo. Il regime fascista non si nomina mai direttamente. Eppure il libro andò incontro alla censura. Probabilmente perché propugnava immagini di donne non condivise dal fascismo e per i suoi riferimenti alla guerra civile spagnola. De Céspedes stessa era stata già arrestata dalla polizia fascista nel 1935 ed era uscita grazie a Mondadori. E fu ancora una volta il suo editore, Arnoldo Mondadori, a riuscire ad evitare al romanzo i tagli chiesti dalla censura. Attraverso le vicende delle sue protagoniste, De Céspedes affronta un ventaglio amplissimo di temi, con lo stile disteso e cristallino che la caratterizza. Così a Valentina è affidata la rappresentazione della difficile accettazione del proprio corpo. In una scena del romanzo lo osserva nudo davanti allo specchio, domandandosi se sarebbe mai piaciuto abbastanza ad un uomo. Augusta, veterana del Grimaldi, aspira a diventare scrittrice ed è la portatrice dei temi più provocatori del romanzo. A Xenia è dato un nome parlante. Lei si sente costantemente una straniera, dapprima durante la sua permanenza a Roma, quando lascia l’università. Poi anche a Milano, dove si trasferisce per trovare lavoro. Qui accetta l’attenzione di uomini che non ama e sminuiscono costantemente la sua intelligenza, in cambio di una vita più lussuosa e agiata. Tra le ambizioni letterarie di Silvia, l’estenuante malattia di Milly e le varie peripezie di Anna, spicca la singolare vicenda di Emanuela. Ragazza madre che si finge studentessa, si trova in realtà al Grimaldi per stare vicino a sua figlia che vive in orfanotrofio di Roma. La bambina era nata da una relazione d’amore sincera avuta anni prima con Stefano, aviatore morto tragicamente in un incidente. Il padre di Emanuela, appresa la notizia, le aveva impedito di tenere la bambina da sola. Qui De Céspedes parla anche di sé, in quanto sposa e madre giovanissima poi divorziata.

Is it better to speak or to die?

L’autrice rivela come la coabitazione spesso non basti a creare una comunità. Tutte le ragazze mantengono infatti i propri segreti e rimangono così nascoste in loro stesse. Per stabilire un’intimità nuova e più sincera Emanuela è consapevole che è necessario fondarla su una maggiore sincerità. Is it better to speak or to die? Col precipitare degli eventi, Emanuela alla fine sceglie il to speak, sceglie di parlare, nonostante le fosse sempre stato ripetuto fin da bambina di non farlo perché donna. Il suo promesso sposo, Andrea, la lascia e le stesse amiche la incolpano per aver mentito. Nel momento in cui Emanuela parla, quindi, il mondo le su rivolta contro, la società la esclude e la considera morta, appunto. Per non soccombere nuovamente é di nuovo costretta a scappare e a fare i conti una volta per tutte con la sua verità. Nel viaggio che intraprende infatti decide di portare con sé sua figlia, lontana dalla terra e dagli uomini.

Essere sul ponte

Tutto il romanzo è percorso della metafora del ponte che Silvia suggerisce una delle conversazioni con le compagne.

“Questa non è casa nostra e non tutte saremo qui l’anno prossimo. E’ come se fossimo su un ponte. Siamo già partite da una sponda e non siamo ancora giunte sull’altra. Quella alle nostre spalle, nemmeno ci voltiamo a guardarla. Quella che ci attende è ancora avvolta nella nebbia. Non sappiamo cosa scopriremo quando la nebbia si dissiperà. Qualcuna si sporge troppo per vedere il fiume, cade e affoga. Qualcuna stanca, si siede a terra e resta lì sul ponte. Le altre, quale bene quale male, passano all’altra riva”

Il ponte riassume la condizione che stanno vivendo le protagoniste, in quella fase della vita in cui spesso ci si sente dispersi e si cammina senza sapere dove si sta andando. Il Grimaldi stesso, costruito come un microcosmo a sé stante, è a sua volta rappresentazione del ponte. Qui le protagoniste cercano sé stesse con una differenza sostanziale rispetto al mondo esterno: hanno l’illusione di non farlo da sole. La metafora è ripresa alla fine del romanzo da un altro personaggio, un ragazzo che Emanuela incontra sulla nave che la porterà in giro per il mondo. Lui le suggerisce che per alcuni, quelli come loro, il ponte è la vita stessa, “la nostra vera patria”, tanto vale accettarlo e godersi il cammino.

Clorinda e Radio Bari

A un certo punto del romanzo Nessuno torna indietro Silvia ricorda un momento della sua infanzia in cui qualcuno le aveva parlato d’amore e lei non aveva saputo capirlo. Si tratta di Bruno, un ragazzino con cui giocava sempre per strada perché lui le aveva garantito che “corresse come un maschio”. Un giorno mentre giocavano a guerra francese con altri bambini, Silvia riesce a liberare Bruno, fatto prigioniero, ma nel farlo si sbuccia un ginocchio. Mentre lui l’aiuta a pulire la ferita con l’acqua della fontana, ancora si complimenta: “Sei coraggiosa come Clorinda…noi due siamo come Clorinda e Tancredi”. Solo anni dopo Silvia capisce il riferimento, mentre una sua insegnante commenta la Gerusalemme liberata di Tasso. Qui Tancredi si innamora di Clorinda, una principessa etiope guerriera, ma in un duello notturno non la riconosce e la uccide. La scelta di De Cespedes di inserire nel romanzo un riferimento al personaggio di Clorinda è allo stesso tempo indicativo e profetico. Qualche anno dopo la pubblicazione del romanzo, infatti, Clorinda è proprio il nome che Alba De Céspedes sceglie come suo pseudonimo per camuffare la propria identità parlando ai microfoni di Radio Bari. Nata infatti il 6 dicembre 1943, Radio Bari fu la prima voce dell’Italia libera. Alba De Céspedes, fuggita da Roma e arrivata in Puglia, entrò a far parte della redazione. Da Radio Bari sollecitava le donne a partecipare alla resistenza, perché l’attendismo era il nemico principale. Esortava ad odiare i fascisti e i tedeschi dal mattino alla sera, cercando il contatto diretto con il pubblico. Si interessava però anche all’animo degli uomini. Ne è prova la lettera ai marinai che lesse in radio. Un marinaio le aveva infatti scritto per chiederle di ricordare anche i marinai che in quel periodo si sentivano soli sulle navi e sui porti e non potevano parlare di sentimenti con i loro colleghi per paura di essere derisi. Sarebbero stati tacciati di poca virilità e codardia. De Céspedes sottolineava invece che fossero cose molto serie e che bisognava parlarne perché quei giorni mettevano addosso grande malinconia a tutti.

Le donne e il pozzo

Alba De Céspedes fondò nel 1944 la rivista Mercurio, considerata una svolta per la letteratura italiana a livello europeo e internazionale. Durò fino al 1948 e tra i suoi collaboratori e collaboratrici ci furono Aleramo, Masino, Cialente, Saragat, Nenni. Il suo pezzo più famoso è la risposta che De Céspedes diede a Natalia Ginzburg per quanto riguarda una sua considerazione sulla condizione delle donne, resa attraverso l’immagine del pozzo in cui le donne cadono. Ginzburg lamentava che le donne, complice anche la triste storia di subordinazione e schiavitù che hanno alle spalle, hanno la malsana abitudine di cascare ogni tanto giù nel pozzo, inteso come uno stato di profonda malinconia e malessere. Questo per Ginzburg è sbagliato perché, secondo lei, un essere libero non casca mai nel pozzo e non pensa mai così tanto a sé stesso più che alle cose importanti del mondo esterno. Alba De Céspedes replica: “Al contrario di te, io credo che questi pozzi banalmente siano la nostra forza. Perché ogni volta che noi cadiamo nel pozzo noi scendiamo alle più profonde radici del nostro essere umano e nel riaffiorare portiamo con noi esperienze tali che ci permettono di comprendere tutto quello che gli uomini- i quali non cadono mai nel pozzo- non comprendono mai”.

In generale Alba si riferisce alla possibilità di provare o meno i sentimenti più profondi e oscuri. Lei li considera universali e mai fuori moda. Lavora su di essi in tutti i suoi romanzi, a partire da Nessuno torna indietro in poi, attraverso personaggi perlopiù femminili, come Valeria e Alessandra, rispettivamente protagoniste di Quaderno proibito e Dalla parte di lei, ma anche maschili. Ritenere la sfera dei sentimenti confacente al mondo femminile è quindi per lei, contrariamente a quanto si ritiene solitamente, un plusvalore, a cui gli uomini sono ancora poco educati. E questa è sicuramente responsabilità della società in cui viviamo e dell’educazione che riceviamo.

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Alessia Merra

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