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Il prodigio: la forza persuasiva della violenza patriarcale

The Wonder, in italiano Il prodigio, è un dramma psicologico di ambientazione storica, disponibile su Netflix dal 2022 e girato dal regista Sebastian Leilo. La sceneggiatura è stata curata dallo stesso regista insieme ad Alice Birch, già conosciuta per la scrittura della serie Normal People, ne hanno scritto la sceneggiatura. La pellicola è basata sul romanzo omonimo del 2016 della scrittrice irlandese, naturalizzata canadese, Emma Donoghue.

Trama

La storia è ambientata nell’Irlanda del 1862, poco dopo la Grande Carestia. Il “prodigio” in questione è la co-protagonista Anna O’ Connel, una bambina di undici anni che afferma di non toccare cibo da quattro mesi. Nonostante questo la ragazzina è in perfetta salute. Per studiare e giudicare il caso, un consiglio di dignitari locali assume due figure incaricate di tenere sotto osservazione la ragazza e riferire le loro scoperte in maniera indipendente l’una dall’altra. Una è una suora, suor Michael, l’altra è un’infermiera veterana di guerra, nonché protagonista del film, Lib Wright, interpretata da un’intensa e magistrale Florence Pugh.

La ragazza sostiene che per alimentarsi ha bisogno solo della “manna dal cielo”. Le sue affermazioni sembrano apparentemente in linea col suo modo di essere profondamente religioso e col contesto che abita. Fa parte infatti di una famiglia irlandese tradizionale e devotamente cristiana, che conduce una vita povera e morigerata, soprattutto dopo la morte del fratello maggiore di Anna.

L’ atmosfera cupa e misteriosa è ben resa dal lavoro scenografico e dalla colonna sonora in crescendo che accompagna lo stato d’animo della protagonista. La sua indagine inizialmente pare non rivelare assolutamente nulla, dato che la ragazza vive di privazioni come una santa. Segue per giorni le stesse abitudini, pregando e stando accanto alla famiglia anche mentre si riunisce a tavola, senza mai toccare cibo. Lib è al contempo frustrata dal costante atteggiamento di diffidenza che la famiglia irlandese adotta nei suoi confronti, accogliendo molto più volentieri la suora rispetto a lei, “donna di scienza”. Lo scontro tra scienza e religione è infatti uno dei temi portanti del film. Esso tocca il suo apice proprio nel momento in cui la verità é svelata e tutti devono fare i conti con le sue conseguenze.

Violenza e persuasione

Quando, ai fini dell’osservazione, Lib proibisce alla famiglia della ragazzina di vederla, Anna comincia incredibilmente a deperire e indebolirsi. Lib con intuizione scopre il trucco. Mentre le prendeva il viso a coppa per darle il bacio del buon giorno e della buona notte, sua madre le passava del cibo masticato, come fanno gli uccelli. Durante un diverbio incalzante con Lib, che le chiede il motivo del suo rifiuto totale del cibo, Anna è costretta ad ammettere la verità.

Suo fratello maggiore faceva di lei violenza quando ancora era in vita. Dopo la morte del fratello per malattia, la famiglia aveva scoperto la verità e ricondotto la morte del ragazzo ad una punizione divina per l’incesto. La colpa viene fatta ricadere soprattutto su Anna. Lei quindi viene costretta al totale digiuno per espiare la sua colpa e salvare l’anima del fratello dalle fiamme dell’inferno. L’unico cibo permessole era quello che la madre le faceva credere essere “manna dal cielo”, il necessario per mantenerla in vita.

Lo svelamento della vicenda, in un primo momento scioccante per il pubblico, ha in sé la tragicità di essere una verità figlia del suo tempo. E soprattutto della solita vecchia mentalità e cultura patriarcale, volta a colpevolizzare le donne in ogni contesto e ambiente. La convinzione della sua colpevolezza da parte di Anna è il frutto della seducente forza persuasiva della religione. Essa è utilizzata come strumento per far leva su traumi e insicurezze, trasformando in questo caso la vittima in carnefice con una colpa da espiare.

Così, quando Lib porta la verità davanti al consiglio che l’aveva ingaggiata, quello stesso consiglio, specchio della società, non si dimostra pronto ad accettarla. La convinzione dei membri della comunità, basata su credenze e principi piuttosto che sull’attenzione ai fatti, è che la testimonianza della donna sia falsa. Infatti, alla versione di Lib gli uomini preferiscono quella della suora, che nega di aver visto la madre della ragazza passarle il cibo tramite bocca.

Espiazione e rinascita

Dopo le dichiarazioni di Lib davanti al consiglio, la famiglia smette di fornire alla ragazzina anche la manna dal cielo, perché convinta che il suo sacrificio finale sarà l’ultimo passo per salvare entrambi i figli dall’inferno. Anna, assuefatta e indottrinata oltremodo, va così incontro alla morte.

Lib sa bene cosa significa perdere una figlia per cause naturali, avendo sperimentato anni prima la morte di sua figlia dopo tre settimane dalla nascita. Si rifiuta perciò di permettere che questo accada anche ad Anna. Lib capisce che l’unico modo per salvarla è usare lo stesso strumento della persuasione religiosa, ma con intento contrario. Mentre infatti Anna è a letto delirante, Lib approfitta della momentanea assenza della famiglia per portarla via di casa. La adagia fuori in un campo e qui si compie una sorta di rito religioso di morte e resurrezione, con riferimento a quella del Cristo. Lib convince Anna che lei stia per morire, mentre una nuova anima di nome Nan stia invece per nascere. La ragazza chiude gli occhi ed esala l’ultimo respiro, per riaprirli poco dopo con la convinzione di essere un’altra. Quando Lib le porge così un pezzo di pane, lei finalmente accetta e lo morde.

Il fenomeno delle fasting girls

La storia di Lib e Anna è invenzione della penna di Emma Donoghue. Per scriverla l’autrice ha studiato e si è ispirata a fatti realmente accaduti: il fenomeno delle fasting girls. Gli storici confermano infatti che tra il XV e il XIX secolo in alcuni Paesi dell’Europa e dell’America del Nord esistessero casi di ragazze molto giovani che rinunciavano al cibo. La loro volontà era infatti quella di nutrirsi solo della presenza di Gesù Cristo.

Dei casi che ha approfondito Emma Donoghue, la vicenda della gallese Sarah Jacobs è sicuramente quella che fa più rabbrividire. Sarah dovette affrontare un periodo di convalescenza a letto, dopo essersi ammalata gravemente a nove anni. Immediatamente dopo aver cominciato a riprendere forze, decise di rifiutare il cibo. Temeva che, una volta ristabilitasi, avrebbe dovuto riprendere il lavoro nella fattoria di famiglia. I genitori strumentalizzarono la protesta della figlia e dichiararono pubblicamente che la piccola stava privandosi di cibo e acqua da ormai due anni. Sei infermiere vennero incaricate, come Lib Wright, di osservarla e restarono insieme alla bambina fino alla sua morte, sopraggiunta cinque giorni dopo il loro arrivo. I genitori vennero condannati per omicidio colposo.

Dentro e fuori

Come affermato all’inizio del film dalla voce fuori campo, gli esseri umani hanno bisogno di credere nelle storie. E i personaggi di questo film credono fermamente nella storia di cui sono protagonisti. Credere molto in qualcosa è possibile quando si è dentro quella dimensione. I personaggi del film, tra tutti i membri della famiglia O’ Donnell, paiono realistici perché sono perfettamente calati dentro il loro contesto storico, sociale e religioso. Allo stesso tempo lo spettatore ha modo di adottare il punto di vista esterno di Lib, che permette di riconoscere le storture e i malfunzionamenti del loro schema di pensiero. Il film infatti, a partire dalle inquadrature iniziali e finali girate fuori scena, all’interno di un set cinematografico, è interamente costruito sulla dinamica tra esterno e interno. Costringe spettatori e spettatrici a domandarsi fino a che punto i fatti siano reali, dove inizia e finisca l’illusione.

Ce lo ricorda anche il giocattolo che il giornalista del Daily Telegraph regala ad Anna, composto da due facce: l’immagine di un uccellino in gabbia da una parte, dall’altra quella di un uccellino libero di volare. Tendendo le cordicelle alle estremità Anna può ruotare il cerchio costantemente, col potere di decidere quando tenere l’uccellino dentro e quando fuori dalla gabbia. Questa è la metafora della sua storia, una giovane ragazza ingabbiata, ma senza avere la possibilità di scegliere, perché troppo calata, troppo dentro, motivo per cui solo l’aiuto esterno può tirarla fuori. In and out, in and out. Questo il motivo costante che accompagna spettatori e spettatrici verso il finale, ammesso che ci sia.

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Alessia Merra

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