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Baya, icona della pittura algerina

Qualche settimana fa, in una delle tante giornate trascorse a visitare mostre, mi sono imbattuta in un’artista incredibile che non conoscevo. Appena ho visto i suoi dipinti all’Istituto del Mondo Arabo, a Parigi, sono rimasta completamente incantata e affascinata da ciò che stavo osservando. L’artista in questione è Fatma Haddad (1931-1998), in arte Baya, icona della pittura algerina.

Baya trascorse un’infanzia non semplice in Algeria, il suo paese natale. Il padre morì quando lei era ancora una bambina e, quando la madre si risposò, la famiglia di Baya si trasferì nella zona rurale della Cabilia, dove la piccola si occupò di lavorare i campi e di badare al bestiame. Lei stessa dirà di essersi ispirata alle donne della Cabilia nei suoi dipinti, dato che queste usavano vestirsi con colori vivaci e abiti vistosi.

Nel 1940 morì anche la madre di Baya, evento che lascerà un segno indelebile nella vita dell’artista, la quale confesserà:

“Ho l’impressione che questa donna che dipingo sia un po’ il riflesso di mia madre […] e che io sia stata influenzata dal fatto che non l’ho conosciuta molto bene.”

Dopo la morte della madre, Baya andò a vivere con la nonna e lo zio, continuando a lavorare nei campi come bracciante agricola. É proprio mentre Baya è ancora una ragazzina che la sua vita prende una piega inaspettata. Presso una famiglia per cui lavorava, infatti, conobbe l’artista Maguerite Caminat, pittrice e sorella del proprietario terriero. L’artista aiuterà la giovane Baya a istruirsi, ospitandola a casa sua ad Algeri. Successivamente, qui Baya imparerà a lavorare l’argilla e comincerà a dipingere con gli strumenti di Caminat. L’artista francese ottenne a un certo punto la custodia completa della ragazza, la quale comincerà a chiamarla “madre”. Di questo periodo, Baya racconta che:

“Vivevo in una casa piena di fiori: la sorella di Marguerite aveva un negozio di fiori ad Algeri. Tutti amavano i fiori, c’erano fiori ovunque in casa. C’erano molte altre cose belle, oggetti belli […] A casa mia mamma aveva Braque e Matisse […] Mi piacevano anche le farfalle che vedevo a casa di alcuni nostri amici che collezionavano farfalle di tutti i colori.”

Baya divenne famosa già da adolescente, quando nel 1947 venne organizzata una sua mostra a Parigi dal gallerista Aimé Maegh. Egli aveva notato i lavori di Baya ad Angeri e, considerando che si trattava di un personaggio importante nella sfera artistica parigina, consentì all’arte delle giovane artista di avere una grande risonanza. La sua mostra ebbe un successo tale che alla fine degli anni Quaranta una foto di Baya comparve su Vogue.

Albert Camus, dopo aver ammirato le opere di Baya in Francia, scriverà in una lettera: “Ho ammirato molto la specie di miracolo che ciascuna delle sue opere testimonia. In questa Parigi buia e spaventata, è una gioia per gli occhi e per il cuore.”

Dopo una breve notorietà in Francia nel secondo dopoguerra, Baya dovette interrompere l’attività artistica nel 1953, anno del suo matrimonio con un musicista arabo-andaluso dal quale ebbe sei figli. Baya tornò poi a dipingere all’inizio degli anni Sessanta. Da quel momento, fino alla sua morte, produsse moltissime opere, le quali furono ampiamente esposte soprattutto in Algeria e in Francia, ma anche altrove.

Un dettaglio importante dell’arte di Baya è che lei creò un universo esclusivamente femminile e questa scelta non fu casuale. Le donne che Baya raffigura nelle sue opere le assomigliano molto. Tuttavia, esse ricordano anche tutte le donne che nella sua vita la aiutarono e la portarono ad essere chi è. Si tratta di figure forti e indipendenti, che ci invitano ad ammirare la bellezza in ogni dove e a guardarci dentro, svolgendo un lavoro introspettivo.

I dipinti di Baya, colorati e altamente evocativi, sono spontanei e primitivi allo stesso tempo. Non è un caso che i suoi lavori siano stati inizialmente esposti a fianco di quelli di pittori surrealisti. Tuttavia, Baya si rifiuterà sempre di catalogare i suoi dipinti in una corrente artistica precisa.

La sua è un’arte raffinata, in cui traspare una dimensione spirituale e meditativa racchiusa in ogni fiore, in ogni foglia, in ogni viso che l’artista dipinge. Si tratta di opere dove gli strumenti musicali, la vegetazione rigogliosa, gli uccelli e le donne dagli abiti variopinti vivono armonicamente e creano una splendida melodia.

L’impressione che ho avuto io è che i suoi dipinti si possano quasi ascoltare, oltre che osservare. Sono delle favole in cui possiamo notare molti richiami alla vita personale dell’artista. Baya sembra dirci che tramite le nostre sofferenze e la nostra storia personale possiamo rinascere e usare il nostro dolore per creare qualcosa di bello, ispirando l’Altro a fare lo stesso.

“Dipingo ciò che sento. Mi infastidisce quando le persone mi chiedono cosa voglio esprimere attraverso la mia pittura. Vi lascio il diritto di trovarci quello che volete […] Io dipingo. Ora sta a voi sentire.”

Elisa Manfrin

Elisa Manfrin

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