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Essere madri, non essere madri

Qualche giorno fa ho assistito a una serata femminista il cui tema era il rapporto tra il femminismo e la scelta di non diventare madri. Mi aspettavo che all’incontro ci sarebbero state quasi esclusivamente ragazze giovani e senza figli, ma mi sbagliavo. Il fatto che fossero presenti anche donne più grandi, qualche uomo e anche donne che in realtà, madri, lo sono, mi ha stupita in maniera molto positiva. A volte sottovaluto la potenza del femminismo, poi, per fortuna, c’è sempre qualcosa o qualcuno che mi fa ricordare quanto possiamo essere potenti e rumorose, se lo vogliamo.

La serata è stata di grande ispirazione per me. Mi ha permesso di riflettere sulle diverse scelte che si possono compiere nella vita – tutte valide – e di sentirmi meno sola. I motivi per cui queste ragazze o donne non hanno voluto o non vogliono figli sono tanti. Alcune non hanno il cosiddetto “istinto materno” (ammesso che esista), alcune non vogliono bambini perché “banalmente” i bambini non li amano, alcune non hanno abbastanza soldi, altre non sono disposte a rinunciare al loro stile di vita agiato, altre ancora hanno altre priorità, come il lavoro, la loro relazione sentimentale, le loro amicizie, viaggiare. Ogni motivo è lecito, valido e degno di essere ascoltato.

Per quanto mi riguarda, i motivi per cui non vorrei figli sono tanti, uno fra tutti: non è mai stato un mio desiderio e non credo lo sarà mai. É una cosa che mi parte dalla pancia, da qualche luogo recondito dentro di me: non voglio e non mi sento adatta ad avere bambini. In questo caso, però, non desidero tanto parlare di me. Piuttosto, vorrei donare degli spunti di riflessione che possano aiutare a cambiare leggermente prospettiva e a vedere la scelta di avere (o meno) dei figli sotto una luce diversa.

In altre parole, vorrei che il mio discorso fosse incentrato sulla rivendicazione dei diritti sul proprio corpo e di come ogni scelta sia valida. Non può non esserlo, perché si tratta della nostra vita. Abbiamo il diritto e il dovere di viverla come meglio crediamo, senza sentirci dire che siamo “di meno” rispetto a qualcuno che ha compiuto una scelta diversa.

Uno degli interventi che più mi ha colpita è stato quello di una donna sulla sessantina. Come provocazione, ha detto che alle donne in età adulta che non hanno figli viene sempre chiesto perché non ne vogliano, mentre alle donne in età adulta che hanno figli non viene mai chiesto perché abbiano scelto di averne. In realtà la questione è molto più semplice del previsto. Fare figli viene visto come naturale e normale. Non farne, invece, è ancora considerato strano dai più e la persona in questione, colei che non vuole figli, è considerata manchevole di qualcosa.

Io non credo che ci sia bisogno di ripeterlo, ma lo ripeto lo stesso, invece. Non essere madre non rende una donna meno degna di rispetto e ammirazione. Essere madri di per sé non è una conquista, non è un merito, non è una questione di bravura. Siccome la società – patriarcale, mi permetto di dire – premia le donne che nella vita fanno fatica, che si immolano, che si annullano in nome di qualcosa o di qualcuno, essere madri non può che essere premiato. Sono considerate delle eroine, delle super-donne. Hanno raggiunto il loro obiettivo nella vita, sono state utili, hanno fatto ciò che dovevano fare.

Non che alcune madri non siano davvero delle eroine, anzi. Ne conosco molte che per me sono una fonte inesauribile di ammirazione e di ispirazione, ma attenzione: qui si sta parlando di altro. Si sta criticando il sistema patriarcale. Se il patriarcato, infatti, considera una mamma una persona meritevole, di conseguenza è anche vero l’opposto. Le donne che non sono madri, a logica, non sono viste come persone meritevoli. Non solo stanno sprecando il loro potenziale e non stanno adempiendo al loro ruolo di donne, ma anzi, sono viste come egoiste, pigre, frivole, incomplete, superficiali, fredde, bizzarre. Di quanto invece non sia per niente egoista fare figli con la scusa di “Chi si prenderà cura di me quando avrò ottant’anni?” parleremo un’altra volta (sì, sono ironica).

Infine, c’è un’ultima considerazione che mi viene spontaneo fare e sono consapevole che facendola rischio di contraddire tutto ciò che ho detto finora. Io penso che la maternità abbia varie forme, tutte diverse e speciali. Molte volte, i legami biologici non c’entrano nemmeno. Chiunque può essere madre, a mio avviso: l’unico presupposto fondamentale è “prendersi cura”, di chi non ha importanza: di figli biologici, di figli non biologici, di fratelli, di genitori, di amici, di chi è meno fortunato di noi. Chiunque può essere madre, perché l’unico presupposto fondamentale per esserlo è accudire qualcuno, ascoltarlo, volergli bene, desiderare il meglio per lui.

Forse, a questo punto, non è nemmeno vero che io non voglia diventare madre. Devo quindi riformulare ciò che ho detto prima: io non voglio figli biologici, ma madre voglio esserlo. Anzi, a pensarci bene forse lo sono già. Molti di noi lo sono già.

Elisa Manfrin

Elisa Manfrin

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