Tutto a un tratto è arrivato quel periodo dell’anno: canottiere e pantaloncini, gonne e top, costumi e attività all’aperto che, per cause climatiche, richiedono di scoprire gran parte del nostro corpo per non scioglierci dal caldo come ghiaccioli lasciati sul davanzale della cucina.
Chi mi guarda?
Soffermiamoci un momento su chi è lo “spettatore” dei nostri peli. In primis, noi stesse. Dopo il nostro specchio, abbiamo a che fare con persone altre: i nostri genitori, i nostri fratelli e sorelle, i compaesani di un paesino di provincia, i coinquilini, chi è in spiaggia con noi… insomma, chi ci circonda. Andando più a fondo, poi, forse forse a scrutarci come fossimo dei manichini esposti per i saldi sono le nostre stesse sorelle, le donne che vengono poste al centro dell’attenzione. Se sei depilata, o meno, se hai la pelle liscia oppure se c’è qualche difetto, come taglietti o ricrescita, se la pelle è secca o con le cosiddette “imperfezioni”, dovute ad acne o mille altri motivi diverse per la storia di ciascun corpo.
Ecco che, quindi, la specialità e la differenza che porta gli esseri umani ad essere unici come i fiocchi di neve e i granelli di sabbia del mare, ci viene richiesto di conformarci alle dive in copertina, alle modelle che posano per i cartelloni delle cliniche estetiche. Canoni di bellezza e foto ritoccate non fanno altro che alimentare la continua comparazione con standard irreali e impossibili.
A che costo?
Occorre, perciò, fare un bilancio dell’impatto che marketing, consuetudini, e senso di vergonga portano alla singola persona per decidere (più o meno autonomamente e liberamente, come vedremo più no che sì) se fare o meno la depilazione di più parti del proprio corpo.
Costo economico.
Comporta l’acquisto di prodotti specifici (per esempio le lamette sono più costose rispetto ai corrispettivi maschili), oppure, se si ha maggiore disponibilità economica, ci si rivolge a professioniste in centri estetici che possano utilizzare altre tecniche depilatorie. Crescendo, le giovani tendono poi a sperimentare diversi modi per trovare quello con cui sono a più agio e con cui possono prolungare nel tempo l’effetto della depilazione, al passo con mode e tecnologia più avanzata. Con conseguente aumento nel tempo della spesa sostenuta di seduta in seduta, che sia fatta da sole o in centri specializzati
Costo temporale.
A seconda dell’età e dei sopraccitati mezzi economici, subentra anche il fattore tempo. Sono in ritardo e devo uscire ma non ho fatto la ceretta? Devo fare la doccia e, già che ci sono, passo la lametta? Ho il tempo materiale per fissare un appuntamento dall’estetista? Ecco che entra in gioco un’altra distinzione in termini di tempo: più si è disposti a spendere più l’effetto dura nel tempo. Ciò crea stress dovuto al fatto che, di solito, i metodi “fai da te”, più economici, durano al massimo un paio di giorni.
Costo ambientale.
Molto brevemente, basta considerare quanti rasoi usa e getta finiscono nell’indifferenziata, quanta acqua ed elettricità spendiamo a casa o viene consumata nei centri estetici, quanto spendiamo per muoverci da casa per raggiungere questi stessi posti dove verrà eseguita la depilazione (magari vi sono pochi posti dove viene eseguita quella che abbiamo come prediletta, o dove ci siamo trovate bene).
Costi sulla nostra pelle, letteralmente.
Non possiamo esporci al sole nelle 24/48h successive alla depilazione, molte hanno poi peli incarniti, irritazioni, allergie; chi a di fretta incorre in tagli e scottature; non tutte abbiamo una pelle che risponde bene ai prodotti utilizzati sul viso o in altre parti più delicate del corpo.
Costo socio-culturale.
Ho voluto lasciare per ultimo un dettaglio che spesso viene ignorato. Farsi la ceretta su gambe, ascelle, viso, rende più femminile, più attraente, è ritenuto più più igienico. Al contrario, se la eviti o ti sei dimenticata di ripassare la ricrescita, vieni etichettata e, soprattutto squadrata da sguardi altrui. Non solo il disagio viene da chi ti osserva insistentemente e sgarbatamente, ma emerge anche un auto-giudizio, un senso di vergogna che ci è stato insegnato fin da piccole, fin da quando abbiamo cominciato ad essere oggetto del desiderio dei “maschietti”. Se non ti depili e vai con i peli all’aria “sei una femminista” (che, poi, dovrebbe essere un insulto?), “guarda che poi non ti fila nessuno” (e anche fosse?), “non ti vergogni ad andare in giro così?” (beh, no).
La prova del nove. Ora, a ventiquattro anni, mi ritrovo a guardarmi allo specchio. Rifletto il mio corpo, rifletto sul mio corpo. Sul senso di vergogna, di colpa, su tutto ciò che nel corso di questi dodici anni ho interiorizzato: l’abitudine, l’educazione, il rito di passaggio, lo sguardo delle altre donne. Ho conpreso e realizzato che è un gesto d’affermazione non farsi il pelo. Si tratta di una scelta politica, di una scelta che va fatta di giorno in giorno, per salvaguardarsi dal giudizio verso noi stesse e verso le altre splendide creature che incrociamo lungo il nostro cammino.
Se per me non è stato affatto facile giungere a questa consapevolezza, nè è semplice lottarci ogni giorno, sono affianco alle sorelle trans che lottano per imparare a radersi e a depilarsi per avere un attimo di respiro contro la disforia; sono affianco alle sorelle che hanno raggiunto una consapevolezza interiore ed esteriore da cui posso imparate; sono affianco alle sorelle e ai fratelli che non giudicano ma abbracciano e rispettano i corpi con le loro insicurezze, con le loro lotte, con le carezze verbali e materiali che ci riserviamo l’un l’altra.
Che cosa significa avere una pelle scintillante e senza traccia di pelo? Provocatoriamente, concludo con un’affermazione tanto potente quanto trasversale: my body, my choice. Credo si addica anche a questo tema della depilazione femminile (e non solo). Perchè sono io padrona del mio corpo, del mio tempo, dei miei soldi, di come voglio usarli, di come voglio vestirmi e di come voglio girare per strada. Se urto la tua sensibilità con delle gambe pelose, ma non lo fa un uomo di mezza età a petto nudo per strada, che abbia peli o meno, allora c’è qualche problema di comunicazione e un doppio standard, come per tutto, tra donne e uomini.
Sitografia utile:
Da quando alle donne è “richiesto” di depilarsi?
La storia della depilazione: per parlare una volta per tutte di come siamo diventate bambole
Siamo davvero libere di andare in spiaggia senza depilarci?
Articoli:
Gender and body hair: constructing the feminine woman di Merran Toerien e Sue Wilkinson