La televisione tende a rappresentare se stessa e non la realtà che la circonda.
Dal libro “Il corpo delle donne”, Lorella Zanardo
Quando da bambina guardavo un programma TV ero sempre alla ricerca del “mio personaggio”, ovvero quella persona con il quale identificarmi e trarne un insegnamento. Ritenendomi femmina, mi piaceva scegliere una donna come rappresentante di me stessa, qualcuna in grado di incarnare i miei (semplici) valori e i miei interessi. Eppure, non riuscivo a trovare nessuna che riuscisse a rappresentare questo ruolo. La lettura di “Il corpo delle donne” e la vista dell’omonimo documentario sono riusciti a colmare il perché di questa mancanza: nella TV italiana dei primi anni Duemila, delle donne c’era (e spesso c’è ancora) una rappresentazione univoca e stereotipata che poco si sposa con la complessità delle persone.
La donna all’interno dei programmi televisivi aveva un solo ruolo: quello della decorazione o, come dice Zanardo, della “grechina”. Non dava un reale contributo alla trasmissione, ma restava in disparte e di lei vedevamo solo frammenti del suo corpo: spesso le gambe, il seno, le labbra; corpi segmentati che appiattiscono la complessità e la soggettività dell’individuo rendendolo un semplice orpello, niente di più che un pezzo di carne in movimento. Stuf* di questo tipo di rappresentazione, in Italia abbiamo assistito a una pesante critica delle veline, che però non sono sparite, ma è stato trovato un espediente interessante per mantenere questa figura: è stato introdotto il velino, ovvero il corrispettivo maschile della velina. Il concetto, però, rimane lo stesso: decorazione imbarazzante. Questo ci dimostra come la critica del sistema non deve dissolversi nel mero cambiamento, ma nel ribaltamento del sistema stesso. Inoltre, mentre degli uomini c’è sempre e comunque stata una rappresentazione più variegata, delle donne, nonostante qualche passo avanti, vediamo sempre la stessa figura, soprattutto esteticamente parlando.
Le donne in TV, difatti, malgrado ricoprano anche altri ruoli più impegnati della velina, non hanno le rughe, non hanno imperfezioni e hanno i capelli sempre perfetti. Mentre sul volto degli uomini le rughe le vediamo, così come le imperfezioni e distinguiamo anche corpi grassi, il viso della donna sembra rinnegare il passare del tempo, i corpi femminili sono spesso magri (e, se grassi, coperti), e i capelli sono sempre in piega. Non è una critica aperta a chi fa uso di queste pratiche: tutte noi siamo influenzate dal mito della bellezza e non è sempre facile smettere di sottostare alle sue regole, ma il fatto che ci sia una rappresentazione unilaterale della donna cancella la complessità e appiattisce la realtà che è molto più variegata di così. Ancora una volta, il sistema è rimasto il medesimo.
Chissà se le bambine di oggi ritrovano il loro personaggio: sicuramente la figura della donna e il suo ruolo nella TV pubblica mi sembra siano cambiati nel tempo, ma il sottotesto e il sistema non si si sono ancora trasformati. Di conseguenza, “Il corpo delle donne” di Lorella Zanardo, rimane ancora attuale: ne consiglio sia la lettura che la vista del documentario per comprendere la potenza delle sue riflessioni.