L’affermazione musicale in dialetto delle donne terrone

Negli ultimi anni si può rilevare il ritorno di una tendenza già largamente diffusa nel contesto della musica italiana. Parliamo dell’affermazione su scala nazionale di composizioni musicali scritte e cantate nei dialetti regionali. Canzoni come Creuza de ma, Roma capoccia o Cu’mme!, seppur scritte e cantate rispettivamente in dialetto ligure, romano e napoletano, si sono affermate tra gli anni Settanta e Novanta a livello nazionale. Esse e molte altre sono divenute a tutti gli effetti parte integrante della tradizione musicale italiana. Questo fenomeno è tornato in auge negli ultimi anni. Soprattutto se si pensa alla musica napoletana: le canzoni di artisti come Liberato o Geolier sono divenute mainstream e ascoltate in tutta Italia.

Al pari delle espressioni maschili, all’interno di questa tendenza si può rilevare la presenza sempre più preponderante delle voci femminili meridionali dialettali, la cui musica ha una tradizione di lunga durata (si pensi per esempio alla siciliana Rosa Balistreri). Eppure è interessante constatare la portata del fenomeno nella nostra contemporaneità, se si pensa ai processi di discriminazione e razzializzazione a cui le donne e le persone meridionali sono socialmente sottoposte. Il meridione, infatti, è stato storicamente pensato da un lato come luogo depositario di arretratezza, dall’altro estremamente esotico, interpretato come “altro”, lontano e selvaggio. In particolare, la musica popolare meridionale è stata spesso e volentieri relegata a un fenomeno di interesse folklorico e puramente locale. Questa tendenza sembra registrare un’ inversione di marcia negli ultimi tempi, grazie all’impegno di numerose musiciste terrone.

Cantanti come Serena Brancale o Carola Moccia, in arte La Niña, scelgono come lingua di espressione artistica proprio i loro stessi dialetti. L’utilizzo del dialetto non va inteso come una scelta casuale, ma diventa importante per riaffermare il valore, la dignità e il peso delle voci da Sud. Esse, infatti, sono troppo spesso silenziate o relegate solo alle loro realtà locali, lontano dall’interesse nazionale, di solito più associato a realtà – anche musicali – del Nord Italia. La musica dialettale è una possibile espressione di resistenza da parte delle donne del Sud per far sentire la loro voce tanto di denuncia o di lotta, quanto di libertà e gioia. Un mezzo di opposizione e orgoglio potente, comunicativo e impattante.

La teorica e filosofa afroamericana bell hooks nel suo saggio Elogio del margine fa riferimento alla condizione di subalternità delle donne nere in America. Tra gli elementi storici di resistenza della comunità nera all’inglobamento da parte della cultura bianca capitalista cita proprio l’importanza di conservare la propria lingua. Una lingua nazionale, infatti, se imposta a scapito dei dialetti locali, può diventare, riprendendo le parole di bell hooks, «la lingua dell’oppressore». Per questo la lingua è anche un campo di battaglia culturale e le lingue delle popolazioni colonizzate, dominate o marginalizzate devono lottare per sopravvivere. Tradurre questa volontà di resistenza e affermazione in musica è una scelta affine al discorso di hooks, necessaria per comunicare la sua bellezza e importanza.

Serena Brancale e il dialetto barese

A tantə di noi sarà capitato dallo scorso anno di ascoltare o canticchiare almeno una volta il motivetto “pinz a tutt’ l mgghier stonn a cosc’ u baccalà“. E a moltə probabilmente senza capire o conoscerne il significato, ma trasportati dal ritmo orecchiabile della canzone. Questa nasce come una filastrocca, scritta da Brancale anni fa quasi per gioco. Poi l’intuizione geniale di usarla come base per una nuova canzone, possibilmente tutta in dialetto barese.

E’ così che nasce Baccalà, una delle prime canzoni propriamente in dialetto barese a balzare all’attenzione pubblica nell’era dei social. Essa ha portato all’attenzione dei più la musicalità quasi inaspettata del dialetto pugliese, spesso percepito come rozzo e pesante. La parte più interessante della canzone è sicuramente, dopo l’utilizzo del dialetto, l’uso del finger drumming. Si tratta di una batteria suonata con le dita su uno strumento chiamato mpc, unito a strumenti e suoni della tradizione pugliese.

Baccalà ha aperto a una produzione musicale di Brancale in dialetto barese. Canzoni come La zia, Il coro delle Capatoste, Stu Café sono corredate anche da video comici e originali, ambientati tra Bari, Alberobello, Polignano. I temi trattati da Brancale sono gioiosi, leggeri, legati alla quotidianità con allusioni anche erotiche e protagoniste dei testi sono spesso figure femminili.

Serena Brancale stessa ha dichiarato in una recente intervista:

“All’inizio non avevo capito quanto fosse bello utilizzare la mia lingua, la lingua che sentivo a casa. Quando invece ho capito che era la mia forza ho incominciato a far pace con delle cose che prima allontanavo, anche dal mio mondo musicale che era un po’ più “alto”, più elegante. E’ come se non ammettessi invece di far parte di un posto del mondo, che è il mio Sud, è la mia terra, che è la mia forza”.

La resistenza femminista terrona de La Niña

Altrettanto legati al proprio Sud sono gli ultimi progetti della musicista campana Carola Moccia, in arte La Niña. Dopo una prima produzione musicale in lingua inglese, infatti, anche La Niña torna alle origini. E lo fa con una ricercatezza e uno stile personalissimo, quanto elegantemente viscerale. Già nell’album d’esordio, Vanitas, pubblicato nel 2023 e scritto in italiano, gli accenni e i riferimenti al dialetto napoletano non mancano. E’ soprattutto, però, nel suo ultimo progetto del 2025, Furèsta, che Carola Moccia, insieme al collaboratore Alfredo Maddaluno, decide di adottare integralmente il dialetto napoletano, con contaminazioni della lingua araba nelle due collaborazioni presenti nel disco.

Molte delle tracce presenti in Furèsta operano la rivendicazione di una battaglia femminista che, cantata in napoletano, diventa anche una rivendicazione linguistica. La parola che dà il titolo allo stesso disco, furesta, in napoletano significa selvaggio e indomabile, usata soprattutto in riferimento ai gatti. L’indomabilità della ribellione è centrale nel secondo singolo estratto dall’album, Figlie della tempesta, un vero e proprio inno di lotta rispetto a una società patriarcale che ha oppresso e opprime le donne, le quali figlie di niente – canta Carola Moccia – non hanno neanche paura di niente, paura di urlare o ribellarsi. Non almeno quelle che partecipano al progetto musicale de La Niña. Il disco, infatti, riporta sì eventi, pensieri e osservazioni personali dell’artista, ma soprattutto è anche un bellissimo progetto corale. Molte delle tracce, infatti, specialmente nei ritornelli, sono cantate e interpretate da cori di donne. Insieme all’artista, queste musiciste cantano una storie di libertà e oppressione collettiva e, se vogliamo, anche specificatamente meridionale, in connessione con il Sud del mondo.

Scrive la stessa artista:

“Per chi? Per le persone, per le voci bellissime che popolano la mia terra e il mediterraneo tutto e per quelle silenziate dal dolore e dalla storia”.

Furèsta è un disco moderno che rende tributo alla terra e alla casa. La Niña è un’artista, ma anche una ricercatrice di suoni lontani e vicini nel tempo. Questo è dimostrato dalle sonorità ricercate, ottenute nei modi più impensabili, con zoccoli di cavallo o tamburi suonati con i capelli.

I dialetti del Sud Italia nelle opere di queste artiste diventano, come dice Serena Brancale, una lingua internazionale. La musica, infatti, grazie al suo potere di raggiungere tuttə, trascende i limiti e le differenze linguistiche. Per questo motivo riusciamo a pronunciare cantando parole di altre lingua e dialetti che altrimenti ci sembrerebbe impossibile conoscere e parlare senza uno studio alla base. Questa è la vera magia e forza della musica di artiste come quelle citate, per cui mettiamoci in ascolto.

Picture of Alessia Merra

Alessia Merra

Una risposta

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi Post

Valiamo di più delle loro frasi fatte

Attualità, Femminismo

Paura, sconforto e violenza di genere

Violenza di genere

Non dimenticarmi

Storia

Fenomeno Adolescence: la miniserie che racconta la violenza di genere oggi.

Cinema, Violenza di genere

Cookie & Privacy

Noi e terze parti selezionate utilizziamo cookie o tecnologie simili per finalità tecniche e, con il tuo consenso, anche per altre finalità come specificato nella Privacy Policy
Puoi acconsentire all’utilizzo di tali tecnologie utilizzando il pulsante “Accetta”. Chiudendo questa informativa, continui senza accettare.

Arcano numero cinque: il Papa.