La Corte Suprema Britannica e la sua sentenza: chi può ora definirsi “donna”?

Più di 70 anni fa, Simone de Beauvoir scriveva: “Donna non si nasce, lo si diventa”. Questa idea rivoluzionaria per l’epoca, che sfidava la stessa idea di femminilità, sembra incontrare sempre più ostacoli. In particolare, questo 16 aprile, anche la Corte Suprema Britannica si è espressa, decretando che la definizione legale di donna è legata indissolubilmente al sesso biologico e non alla propria identità.

Per coloro che non fossero aggiornati sulla politica degli ultimi anni del Regno Unito, nel 2010 era stato approvato l’Equality Act, una legge che mirava a promuovere l’uguaglianza di genere. Il problema è insorto quando alcuni ministri scozzesi, nell’applicazione della suddetta norma, prendevano come riferimento il sesso biologico e non il sesso indicato nel certificato di nascita.

Il 16 aprile 2025, la Corte Suprema Britannica ha dichiarato che la definizione di sesso inclusa nel Equality Act 2010 prevede un concetto binario. Pur non includendo la parola “biologico” nella definizione, il significato delle parole “donna” e “uomo” corrisponde alle caratteristiche biologiche dell’individuo. Con questa nuova sentenza, la Corte Suprema Britannica ha di fatto decretato che le tutele previste nel Equality Act per le donne, non si estendono alle persone transgender, anche quando legalmente riconosciute nel genere femminile.

La Corte aveva accolto il ricorso presentato dal sodalizio femminista For Women Scotland contro il governo indipendentista della Scozia. Questo aveva promosso una legislazione volta ad allargare il riconoscimento legale come “donne” alle persone transgender. Molte attiviste di questo gruppo hanno esultato davanti alla sentenza della Corte Suprema, dichiarandola un successo. A questo gruppo fornisce da anni il suo sostegno una figura femminile che mi ha cambiato la vita, poiché madre letteraria di uno dei miei libri preferiti, nonché pilastro della letteratura contemporanea britannica: J. K. Rowling.

Sono estremamente delusa dalla posizione presa dalla madre di Harry Potter. L’autrice esprime da anni la sua posizione contraria ai diritti estesi alla comunità transgender. Qualche anno fa, l’autrice caricò diversi post sul social “X” (ex Twitter), che esponevano la sua contrarietà all’identificazione in un sesso diverso da quello biologico. Moltissime persone, nonché molti membri dello stesso cast di Harry Potter, hanno preso le distanze dalle sue parole.

Moltissimi altri comitati hanno festeggiato per questa sentenza. Tuttavia questa verità, che era così fondamentale per alcuni, si ritrova ora scolpita nella pietra giuridica, decretando una situazione devastante per altre persone. Laddove una volta esistevano spazi di inclusione, ora si ergono muri di una netta divisione. Nonostante la Corte abbia tentato di mitigare l’impatto della sentenza, dichiarando che le persone transgender mantengono comunque protezioni contro la discriminazione, la portata di questo verdetto non si fermerà. Essa andrà ben oltre questo caso specifico, ripercuotendosi su molti punti di dibattito sui diritti delle persone transgender. Sarà temo, un punto di non ritorno.

Questa sentenza si inserisce in uno scenario globale di conflitto in espansione. Negli Stati Uniti, Donald Trump ha tracciato linee di esclusione simili, bandendo le persone transgender dall’esercito e dalle competizioni sportive. In Ungheria, il parlamento ha blindato costituzionalmente il binarismo di genere. E, intanto, i movimenti per i diritti trans vedono scomparire conquiste che sembravano consolidate. Siamo sicuri di andare nella direzione giusta?

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Selenia Romani

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