Parco cittadino

Una distesa di fili d’erba di fronte a me, un porticato stile neoclassico con alte colonne, uno specchio d’acqua e noi due, nella calma. Eravamo stesi al sole, su un pezzo di stoffa colorato, ma con i piedi nudi a contatto con il prato. Non eravamo spensierati, anzi eravamo preoccupati e con più problemi che soldi da spendere in quella bottiglia di vino che avevamo comprato per il picnic. Pieni di preoccupazioni e timori, ma non per questo tristi. In quella primavera eravamo felici, contenti di essere insieme e innamorati.

Mi soffermai a pensare a quanto potesse essere insoddisfacente la quotidianità e la vita di tutti i giorni; il lavoro, lo sport e anche gli hobby che si ripetono tutte le settimane, senza grandi modifiche di sorta. Pensai che sarebbe bastato così poco per essere felici come quel giorno: un parco e un aperitivo, improvvisato in pochi minuti. Immaginai di quando avevamo vissuto momenti analoghi durante i nostri viaggi, con panorami decisamente più mozzafiato, ma in quel momento quella era la vista migliore a cui potessimo ambire.

Parlavamo e ridevamo di cose di poco conto. È incredibile quanto sia difficile perdere la capacità di ridere, pensai, eppure a volte può succedere. La nostra mente a volte si focalizza soltanto su ciò che di più triste e angosciante stiamo vivendo, senza lasciare spazio ai piaceri della vita, ma in quel momento non mi interessava, perché ero ancora in grado di godermi quanto di bello la vita mi presentasse.

Ricominciai a soffermarmi sul caldo del sole, sul cielo senza nuvole e sulle persone intorno a noi che correvano o ridevano. Anche noi ridevamo, ricordandoci di alcuni momenti vissuti e dando la voce a un cucciolo di cane che si chiamava Ciccio. Sul grande prato c’erano tante persone diverse, chi giocava a frisbee, un ragazzo che si esercitava con i birilli da giocoliere e tanti bambini che giocavano al sole. Era una bellissima giornata per godersi quel parco cittadino e cercare di dimenticare la giornata alle spalle, con tutte le contraddizioni del mondo di ogni giorno. Regole stupide, mancanza di supporto tra le persone e burocrazia ingestibile.

Mi resi conto che in quel momento invidiavo moltissimo i bambini che andavano a scuola e che non avevano grandi responsabilità, se non quella di cercare di sopravvivere e non farsi troppo male mentre giocavano. Quando io ero bambina però, non mi accorgevo neanche della fortuna che avevo. Giocavo e mi divertivo e quelle erano le mie più grandi preoccupazioni. Non sapevo ancora cosa mi avrebbe aspettato dopo il liceo, quando veramente qualcuno inizia a richiederti qualche sforzo in più.

Assurdo, pensai, che nessuno mi avesse avvertita o in qualche modo preparata a tutto il carico emotivo e pragmatico. Mi ricordo che a volte, alcuni adulti, mi dicevano di godermi l’infanzia e l’adolescenza, perché poi sarebbero arrivati momenti peggiori. Questa frase all’epoca sembrava uno scherzo, uno di quei moniti che vogliono solo spaventare i bambini. Ad un certo punto, però, che tu sia pronto o no il mondo degli adulti arriva. Non so se i più giovani lo soffrono di più perché è tutto nuovo.

Anche se mi stavo godendo quell’aperitivo sul prato ero stanca e mi assopii per qualche istante sulla schiena di Lorenzo. Lui non aveva sonno, ma capii che io ero stanca e mi lasciò riposare un po’ mentre lui leggeva. Mi svegliai perché mi accorsi che stavo dormendo a bocca aperta e questa sensazione spiacevole mi fece svegliare. Dopo quella piccola siesta mi sentivo molto più energica, così riprendemmo a scherzare e a doppiare e imitare le voci dei passanti.

Parlavamo dell’estate e di quanto avessimo voglia di distrarci un po’ dalla routine e dai problemi. Pensavamo alle piccole avventure estive che avremmo potuto vivere al mare e in montagna, non appena la temperatura della città fosse diventata veramente insopportabile. Ad un tratto però iniziò a piovere, quindi tornammo a casa a piedi coprendoci con il telo che avevamo usato per stenderci sul prato. Non appena uscimmo dal parco, mi sembrò che quel momento non fosse mai avvenuto, in realtà, e nonostante fossi più rilassata, quasi non mi ricordavo già più di quanto fosse stata piacevole quella serata primaverile al parco.

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Lavinia Pascariello

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