We put the brushes in our mouths
Marie Curie, studiando i raggi dell’uranio, coniò il termine radioattività. A seguito, assieme al marito, analizzò un minerale chiamato oggi uraninite al cui interno scoprirono il radio, un nuovo elemento radioattivo. Emetteva energia senza necessità di stimoli esterni ed una luminescenza al buio. Il radio è utilizzato per uccidere le cellule tumorali oggi, ma al tempo ne Curie ne i suoi collaboratori conoscevano i rischi e pericoli conseguenti all’esposizione alle radiazioni. Marie Curie morì a causa dell’esposizione cronica a queste radiazioni, che avveniva senza protezioni.
I suoi quaderni di laboratorio sono ancora radioattivi e conservati in contenitori di piombo, mentre la sua tomba contiene un livello di radiazioni più basso, considerato non pericoloso per i visitatori.
Il radio, utilizzato in molti ambiti, per quanto riguarda questo caso si utilizzò per creare la luminescenza nei quadranti degli orologi destinati ai soldati della Prima Guerra Mondiale.
A inizio Novecento il radio non era ancora considerato una sostanza pericolosa dalle persone, perlomeno la narrazione pubblica la proponeva piuttosto come miracolosa. Per certi versi lo era, in ambito medico e scientifico, ma in questo periodo era reputata tale anche per salute e bellezza e ne veniva fatta propaganda. Percepito come una sorta di energia vitale (conseguenza di un’ignoranza scientifica e di pubblicità ingannevoli), il radio si riteneva potesse stimolare le cellule e addirittura ringiovanire. Durante i primi anni, in seguito alle scoperte della Curie, dilagò il commercio di molti prodotti cosmetici che si dichiarava contenessero radio: lozioni viso, caramelle, acque termali radioattive, dentifrici. Per fortuna, per molti di questi prodotti, si può segnalare una sorta di marketing illusorio: il radio era molto costoso per cui non veniva distribuito così facilmente.
A questo marketing che associava radioattività e bellezza dobbiamo aggiungere l’assenza di leggi sui prodotti cosmetici o medicinali. La percezione pubblica nei confronti del radio cominciò a cambiare solo con il caso delle Radium Girls: un gruppo di giovani ragazze assunte dalle fabbriche di radio come lavoratrici. Il loro compito consisteva nel dipingere i quadranti degli orologi destinati alle forze militari europee con una vernice contente il radio, che permetteva la luminescenza, dunque la possibilità di vedere l’orologio anche al buio.
Queste ragazze giovanissime (dai 14/15 anni fino ai 25), vennero assunte perché considerate la migliore forza lavoro che questi compiti richiedevano. Tra il 1917 e il 1926 assunsero piccole quantità di radio via orale a causa della tecnica del lip pointing: affinare il pennello utilizzando la bocca. Oltre ad essere esposte quotidianamente alle radiazioni senza protezione alcuna, al contrario dei loro colleghi uomini e medici che conoscevano i rischi. Alcune di loro dopo qualche tempo cominciarono a mostrare segni di malattia: le conseguenze del radio furono terribili. Tumori alle ossa, fratture spontanee, infezioni, anemia, necrosi della mascella. Le ossa marcivano letteralmente. Mollie Maggia fu tra le prime vittime: le sue ossa facciali cominciarono a sgretolarsi e morì atrocemente a 26 anni, nel 1922. La morte era il capitolo finale e quasi inevitabile delle conseguenze causate dall’esposizione al radio.
Molti dei loro corpi sono tutt’ora radioattivi, teniamo conto il radio ha un periodo di smaltimento fino a 1600 anni e attualmente è passato poco più di un secolo.
Negli anni ’20 alcune delle donne in questione decisero di fare causa alle aziende per le quali avevano lavorato. In particolare 5 ex dipendenti fecero causa alla United States Radium Corporation (USRC), in New Jersey. La loro salute era stata completamente distrutta senza che nessuno se ne facesse carico o le avesse avvisate. Le stesse aziende cercarono di screditarle, per esempio a Mollie Maggia, che morì per la necrosi delle ossa, venne falsamente diagnosticata la sifilide. A queste donne nessuno credeva, si cercava di coprire la responsabilità della fabbrica nei confronti delle loro malattie, causate però dal radio. Fu una vera tragedia industriale.
Nel 1927 comincia la battaglia legale: queste donne vogliono almeno ottenere dei risarcimenti, ma sono accusate di isteria, non credute, sbeffeggiate. Prima della sentenza, si raggiungerà un accordo extragiudiziale:
La USRC non ammise colpa, ma accettò l’accordo. Nonostante non ci fu un’ammissione di colpa in sede, questo accordo segnò una vittoria storica, ma dal sapore amaro: molte delle donne morirono prima di poter vedere questi risarcimenti.
Le conseguenze di questo processo e di un secondo che avvenne negli anni a seguire contro la Radium Dial Company furono storicamente rilevanti nell’ambito della sicurezza sul lavoro:
Le Radium Girls divennero simbolo della lotta per la giustizia sul lavoro e per i diritti delle donne lavoratrici.
Ci siamo chieste, perché proprio delle ragazzine? Questo caso rientra all’interno di un modello di sfruttamento tipico del capitalismo: chi ha meno potere sociale ed economico è utilizzato come manodopera a basso costo. E chi meglio delle ragazze? L’azienda ricerca il profitto e lo ottiene minimizzando o ignorando i rischi di salute e sicurezza dei lavoratori.
Dipingere i quadranti degli orologi era considerato un lavoro di precisione adatto alle donne, che hanno “mani più piccole e delicate”, accettano paghe più basse dei loro colleghi uomini e sono tendenzialmente più obbedienti alle regole. Mentre gli uomini sono considerati più preziosi, e infatti lavorano in ambienti più tecnici e con le protezioni, le donne sono sostituibili, addirittura si stimola il mito che il radio faccia bene alla salute, è di moda durante i ruggenti anni ’20.
Molte di loro erano entusiaste, fiere di contribuire agli sforzi bellici e in ogni caso la paga era maggiore della media femminile dell’epoca. Entusiaste sì, ma la loro voce pubblica restò comunque a zero. La medicina non prende(va) sul serio le malattie femminili, non tutte loro potevano votare, i tribunali non le ascoltarono e le aziende cercarono in tutti i modi di infamarle tramite false accuse.
Insomma, parliamo di manodopera economica e sacrificabile, non hanno potere legale, medico, sociale. Non sono protette, ma sono più facili da manipolare. Queste dinamiche si vedono tutt’oggi con i lavoratori precari, i migranti e le persone in condizioni di vulnerabilità.
Queste donne hanno dovuto affrontare un’industria che ha loro mentito prima e ignorato le loro condizioni di salute poi, mentre i chimici che operavano a diretto contatto con il radio utilizzavano protezioni come schermi di piombo, maschere e tenaglie. Le aziende avevano diffuso materiale informativo alla comunità medica in cui venivano descritti dettagliatamente i “danni” derivanti dall’uso della sostanza, mentre alle ragazze invece queste informazioni non vennero comunicate.
La pubblicità e notorietà della causa delle Radium Girls furono un fattore determinante nell’introduzione della malattia professionale nel diritto del lavoro.
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