Il Vaginismo è un disagio di cui soffre l’1-2% delle donne, ma che troppo spesso non viene affrontato. Perché è importante parlarne? Perché tutte le donne che sperimentano questa difficoltà nella maggior parte dei casi non sanno che possono dare un nome a ciò che sentono e soprattutto che si può risolvere e non sono sole!
E’ un disturbo sessuale che al 90% dipende dalla psiche e solo al 10% dipende da fattori organici (spesso comunque correlati con questioni psicologiche). In questo articolo vi parlerò esclusivamente delle cause psicologiche, che fanno parte della mia area di competenza.
A livello corporeo ciò che sente la persona che ne soffre, è un irrigidimento del terzo esterno della vagina, ovvero le pareti vaginali più vicine all’orifizio, le quali serrandosi non permettono la penetrazione. E’ un disturbo molto soggettivo quindi ci sono diverse variabili: per esempio il restringimento della vagina potrebbe impedire la penetrazione da parte del pene o delle dita del partner, ma non impedire la penetrazione tramite sextoys o dita durante l’autoerotismo (automasturbazione) o di un tampone assorbente durante le mestruazioni. Anche nel caso di una visita ginecologica la persona potrebbe avere problemi con l’inserimento dello speculum nella vagina, oppure potrebbe tranquillamente accogliere lo strumento senza problemi. Questa serie di esempi è importante per comprendere quanto sia la nostra mente a decidere inconsciamente cosa possiamo accogliere e cosa non possiamo accogliere.
Il muscolo specifico coinvolto è il muscolo pubococcigeo, che solitamente si contrae volontariamente e involontariamente. Questa sua caratteristica permette alla donna di contrarlo e rilasciarlo per esempio esempio durante la minzione o durante il coito: la donna può, infatti, rilassarlo per permette la penetrazione, o contrarlo ritmicamente durante la stessa per aumentare il piacere suo e del partner. Nel caso delle donne vaginismiche il muscolo pubococcigeo è iperattivo, contratto eccessivamente e non sembra controllabile tramite la volontà individuale. È proprio per questo motivo che le donne percepiscono un ostacolo, come se fosse realmente impossibile aprire un varco nel canale vaginale.
Il DSM 5 (2014) inserisce il vaginismo all’interno della categoria inerente il “Disturbo del dolore genito-pelvico e della penetrazione”. I criteri diagnostici per questo disturbo sono:
Persistenti o ricorrenti difficoltà con uno (o più) dei seguenti problemi =
Le cause sono molto soggettive poiché ogni persona ha il proprio vissuto, la propria storia, quindi è impossibile generalizzare rispetto alle cause specifiche che hanno generato il sintomo. Possiamo però riconoscere due emozioni principali che impediscono il rapporto, ovvero la paura e l’ansia. È la paura della penetrazione stessa ad avviare il processo di irrigidimento e chiusura dell’orifizio vaginale.
Questa paura spesso dipende da idee, pregiudizi ed introietti culturali. Spesso la famiglia d’origine o l’ambiente in cui si vive passa a queste donne messaggi pieni di tabù, vergogna, sensi di colpa e blocchi. Un’educazione carente di informazioni sessuali o un’educazione religiosa molto rigida ad esempio può sopravvalutare l’idea della verginità/purezza e della sua perdita. Oppure da amiche, amici, parenti si sono ricevute informazioni sbagliate rispetto al parto, alla gravidanza o al dolore nella perdita della verginità che possono essere diventate fantasie negative, le quali generano paura e ansia irrazionali.
Altre cause possono riguardare la relazione di coppia specifica, quindi il rapporto con il partner in cui attriti, rancori passati, mancanza di fiducia, rabbia o vissuti di questo genere possono dare vita al sintomo.
Nei casi più gravi la persona può aver subito un abuso e questo può aver creato un blocco nei confronti della sessualità sana.
Il sintomo del vaginismo è solamente un messaggero, infatti è il nostro corpo che parla e ci fa accusare il disagio ma è la nostra mente ad inviare il messaggio. La nostra mente ci sta simbolicamente dicendo: “dentro di me non deve entrare nulla, non mi faccio penetrare, non mi faccio invadere”. La psicosomatica da anni studia i sintomi fisici dipendenti dalle difficoltà psicologiche ed è possibile ascoltare questo messaggio, scavare nella sua origine e modificarlo.
Non esistono soluzioni veloci e semplici, poiché come avrete intuito è un disagio profondo che quindi è necessario trattare con pazienza e tanta motivazione. E’ importante iniziare un percorso terapeutico per acquisire consapevolezza rispetto al proprio disagio, ascoltare le emozioni sottostanti, mettersi in gioco per superarlo e accogliere le proprie debolezze/paure. Sapere che tutto ciò ha un nome e si può risolvere attraverso l’aiuto di un professionista, fa già tirare un sospiro di sollievo. Iniziare un percorso significa prenderci cura di noi stesse, iniziare ad amarci e a scoprirci.
Dott.ssa Veronica Cicirelli, psicologa e psicoterapeuta in formazione gestalt, esperta in sessuologia clinica contemporanea, creatrice della pagina ig @psicosessuologia_online.
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