Storia

La gentilezza è attributo femminile?

In questo articolo vedremo come la gentilezza sia diventata un attributo prettamente femminile, pur non essendo nato con tale connotazione.

Origini della gentilezza

Inizialmente con gentile si intende colui che ha origini nobili, a partire dalla gens romana, alla stirpe d’eccellenza e d’élite: ben nota al riguardo il verso dantesco “Onde uscì de’ Romani il gentil seme” (Inferno, XXVI, v. 60). Ulteriore accezione è quella associabile alla gentilezza d’animo: si dice di una persona che, nel trattare con gli altri, ha un modo di fare affabile, garbato, gradevole (Treccani Vocabolario Online). Al riguardo diversi sono i riferimenti letterari:

al cor gentile rempaira sempre amore (Guinizzelli, Rime)

“tanto gentile e tanto onesta pare” (Dante, Vita Nova, XXVI)

La gentilezza viene poi associata da Dante alla cortesia. Vediamone un riferimento nel Convivio di Dante:

“Cortesia e onestade è tutt’uno: e però che nelle corti anticamente le vertudi e li belli costumi s’usavano, sì come oggi s’usa lo contrario, si tolse quello vocabulo dalle corti, e fu tanto a dire cortesia quanto uso di corte. Lo qual vocabulo se oggi si togliesse dalle corti, massimamente d’Italia, non sarebbe altro a dire che turpezza.”
(Dante, Convivio, II – X, 8)

In questo senso la cortesia mantiene sempre un significato più neutro, come se fosse un atteggiamento che rimane sempre in superficie, specificatamente dedicato alla convivenza civile. Al contrario, la gentilezza è una dote interiore che si acquisisce attraverso un’attenzione assidua verso il prossimo, e si avvicina molto alla moralità.

La gentilezza diventa nel Cortegiano di Baldassar Castiglione, opera del 1528 con l’intento didascalico di formare il perfetto cortigiano, uno strumento che può far conquistare l’amore di una donna:

“[…] la gentilezza, l’esser nel parlar, nel conversar pien di tante grazie, saranno i mezzi con i quali il cortegiano acquisterà l’amor della donna […]”
(Castiglione, Il libro del cortegiano, LIX, 1528)

A partire dal XVI secolo la gentilezza comincia a traslare verso le donne, ed essere considerata tipica di questo sesso. Vediamone un esempio in un trattato di Alessandro Piccolomini.

“Vuol dunque la donna, in ogni atto, movimento, stato, & parola, mostrare una certa gentilezza, frenata da quella modestia, che tanto è propria di donna honesta, tal che insieme allegri, et spaventi, et di dolcezza, et reverenza riempij che sia dattorno”
(Alessandro Piccolomini, Della Institutione di tutta la vita dell’huomo nato nobile e in città libera, 1543)

La gentilezza come attributo femminile viene tanto radicato nel pensiero da essere inserito all’interno di trattati su come una sposa dovrebbe comportarsi:

“e insomma [vorrei] che fossi e ti mostrassi in ogni tua parte, alle occasioni, ai luoghi e ai tempi, tutta gentile, affabile, trattabile, domestica, sincera e lieta”
(Instituzione della sposa, Pietro Belmonte, Roma , 1587)

Ma è davvero solo questione di passato?

Si potrebbe a questo punto pensare che sia una questione antica, ormai da non pensarci più. Non è così: fino al 2000 nei libri di scuola l’aggettivo gentile viene associato molto di più alle bambine che ai bambini, accanto ad aggettivi come affettuosa, premurosa, paziente, buona, tenera, comprensiva, servizievole, docile (si veda al riguardo lo studio di Irene Dora Maria Scierri e Cristiano Corsini “Stereotypes in Textbooks, Again. A study on Primary school textbooks after the Polite Agreement”).

Ancora oggi dunque la gentilezza viene associata alle donne e di conseguenza al loro linguaggio. Uno studio di Lakoff del 1975 definisce la strategia del garbo (politeness strategy) ovvero un insieme di regole linguistiche che si dovrebbero seguire quando si parla con gli altri.

– Prevalenza di inflessioni interrogative anche per enunciati dichiarativi (esitazione, richiesta di approvazione e assenso dell’interlocutore)

– Uso di forme incomplete che si concludono con un’intonazione di sorpresa

– Uso di strategie attenuative con eufemismi, intercalari, aggettivi qualificativi

Tutte queste strategie vengono spesso associate ai discorsi delle donne e quindi indicate come tipicamente femminili. Ma sarà davvero così? Rimanderemo a futuri articoli l’approfondimento del tema.

Gloria Fiorentini

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