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Flawed Euphony di Lynn Guo e Viola Panìk: quando arte e performance creano un’esperienza condivisa

Un corpo straziato. Un corpo misurato e controllato. Un corpo, che insieme ad altri corpi, si libera. Queste sono le parole che userei se dovessi riassumere il dipinto e la performance Flawed Euphony delle artiste Lynn Guo e Viola Panìk alla Biennale di Firenze, un’opera potente e necessaria che trasforma un’esperienza individuale e intima in qualcosa di collettivo.

La performance si apre con un quadro che raffigura una donna vestita con una tuta color carne mentre si stringe in vita un metro da sarta. Il suo sguardo ammiccante, che a una prima occhiata sembra invitarci a eseguire il suo stesso gesto, nasconde una certa malinconia, come se quel metro da sarta utilizzato in quel modo, pratica che sembra esserle famigliare, non fosse poi così piacevole per lei. La stessa donna, con gli stessi vestiti e lo stesso metro, ci appare di fronte a noi e, all’improvviso, stringe l’oggetto in diverse parti del suo corpo, come se non si limitasse a misurarne le forme, ma volesse quasi ridurre al limite minimo le dimensioni del suo fisico. Dopo qualche minuto di sofferenza, arriva un’altra donna che, dopo averla liberata dalla stretta del metro, le sorride, l’abbraccia e, con un pennarello, le scrive sul petto che è perfetta così com’è. A questo punto tocca al pubblico agire: dopo aver distribuito una serie di pennarelli alle persone presenti, le artiste chiedono loro di scrivere sulla tuta di Viola Panìk un messaggio che avrebbero voluto dedicare a sé stesse, come se il corpo della performer fosse un canale di riflessione e scoperta personale.


Le due donne protagoniste sono Lynn Guo, artista, imprenditrice e curatrice cinese-australiana, e Anna Rosa Paladino, in arte Viola Panìk, artista, attrice e ballerina venezuelana-italiana, che scelgono di unire i propri linguaggi artistici, quindi l’arte figurativa e la performance, proprio in quest’opera. Flawed Euphony dimostra come il controllo del proprio corpo e delle proprie forme, pratica che avviene in solitaria e che viene quasi imposta soprattutto alle donne dagli standard di bellezza irraggiungibili visibili ovunque, diventi un qualcosa di universalmente condiviso. È proprio nell’accorgersi del suo essere un’esperienza collettiva a dissolvere il suo potere distruttivo, rivelando quanto, in realtà, per quanto i nostri corpi siano diversi, la pressione sociale è di tutte, come un filo rosso che ci unisce. ll legame diventa più forte nel momento in cui l’artista diventa un mezzo per riflettere su di sé, uno strumento per dedicarci delle frasi che vorremmo farci sentir dire; insomma, un toccasana per la nostra anima. Per di più, dal cercare di limitare il proprio spazio stringendo le proprie forme, si passa all’abbraccio della performer con le persone, come a riprendersi quello spazio che viene negato ai nostri corpi.


Comunicare un messaggio così profondo e potente non è semplice, ma Lynn Guo e Viola Panìk ci sono riuscite alla perfezione con l’utilizzo di diversi linguaggi artistici e coinvolgendo l’audience. La speranza è che vi siano altre collaborazioni di questo tipo che ci permettano di entrare nella performance e di farla anche nostra, come in questo caso.

Ilaria Rusconi

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  • Bellissimo articolo, hai centrato in pieno l'intenzione della nostra proposta. L'arte diventa spazio sicuro e non solo di provocazione, come spesso il mondo della performing art ci richiede.
    Grazie!

  • Una collaborazione artistica che lascia un bel segno positivo e di grande riflessione sul come ci comunichiamo con noi stessi e con gli altri. Bravissime.

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Ilaria Rusconi

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