Come costruire un pozzo in Africa, la storia di Pietro

Oggi Viole incontrano Pietro, un ragazzo di 31 anni, appassionato di lingue e con una grande
passione per i viaggi. In questo Martedì di Agosto che ha il sapore di fine estate, abbiamo deciso di
farci raccontare da Pietro, con la sua simpatica cadenza bresciana, l’esperienza umanitaria di cui è
stato il protagonista, dandoci qualche spunto che può essere utile per chiunque voglia
intraprendere un’avventura simile e non sa bene da dove cominciare. Pietro, con emozione, ci
racconta di come nel suo viaggio umanitario sia riuscito a coronare il sogno che aveva da bambino:
costruire un pozzo in Africa.


Ciao Pietro, benvenuto nel mondo di Viole di Marzo! Ti andrebbe di raccontare qualcosa in più
su di te a chiunque venga incuriosito da questo argomento?


Ciao a tutt*! Per presentarmi e per anticipare un po’ l’argomento di cui parleremo mi viene in
mente di dire che, come già sai, ho una passione per i viaggi un po’ inusuale per cui ogni volta che
decido di partire e racconto ai miei amici la destinazione, tutti subito mi dicono “Cosa?! Ma perché
hai deciso di andare in vacanza proprio lì, ma chi te lo fa fare!”. Una frase che penso mi riassuma
bene è che, per me, mettermi in discussione non è un capitolo da “giro di boa” che si fa a trenta o
quaranta anni, scontenti della propria vita, ma uno sport quotidiano. Riesco sempre ad uscire dalla
mia zona di comfort, nonostante la paura, ma sempre contento di aver superato i miei limiti. Un
altro aspetto di cui vado molto fiero è che sono sempre stato convinto che l’Europa non sia il
centro dell’universo e per questo sono contentissimo di aver sperimentato cosa voglia dire essere
guardato diversamente, solo perché bianco nel mio caso.


Andiamo subito al dunque: oggi sono qui per chiederti di mettere un po’ in ordine le idee
riguardo alla tua esperienza umanitaria; prima di tutto, come hai deciso di voler far parte di un
progetto simile?


Allora, diciamo che l’idea di cercare un’opportunità all’estero mi è venuta in mente alla fine del
mio percorso di studi universitario, dopo il mio Erasmus in Spagna nel 2018. Questa esperienza è
stata per me illuminante perché è stata la prima volta in cui ho abitato in un nuovo paese, dove
non conoscevo nessuno e mi sono quindi confrontato con questo nuovo ambiente culturalmente
vario e stimolante, dove dovevo sempre mettermi in gioco. Quindi dopo essermi laureato ho
lavorato un po’ in Italia, ma avendo amato molto l’esperienza all’estero fatta durante gli studi, ho
deciso di cercare un lavoro affine all’ingegneria lontano dalle mie abitudini e dal mio modo di
vivere per mettermi alla prova. Come ho già anticipato però mi piace uscire un po’ fuori dal
seminato e quindi non ho guardato sui vari siti cercando opportunità in Europa o negli Stati Uniti,
ma ho deciso di partire per il Kenya e poi, non contento, per il Mozambico. Tra l’altro partire per
questi due paesi è stato per me un grande successo da appassionato di lingue perché ho imparato
in due anni sia Swahili che Portoghese.


E per quanto riguarda i primi passi per dare vita a questa esperienza, come ti sei mosso?


Si, per quanto riguarda le opportunità, io già durante il Covid, avevo iniziato a guardare i vari
annunci per un’esperienza all’estero che avesse una finalità sociale, per cui ho cercato nell’ambito
della cooperazione allo sviluppo, sia su Linkedin, che partecipando a webinar, offerti
dall’Università, di associazioni che presentavano i loro progetti. Da lì ho iniziato a conoscere
sempre più persone che lavoravano nell’ambito umanitario e ho chiesto a loro se avessero delle
posizioni aperte, così ho ricevuto varie proposte di volontariato, ma anche master in questo
campo. La prima occasione che ho deciso di cogliere è stato partire con il Servizio Civile all’estero;
ero stato preso per partire in Bolivia, ma purtroppo questo progetto non si è realizzato a causa del
Covid. Dopo la mancata partenza per la Bolivia, ho trovato vari progetti di volontariato europeo,
come UE volunteers e EUAV, e sono quindi entrato negli European Voluntary Corps che per me è
stato un ottimo trampolino di lancio soprattutto perché non era richiesta esperienza pregressa. A
quel punto poi ho cercato le esperienze che più mi interessasse e che fossero anche affini alla mia
expertise, quindi ho inviato diverse applications nell’attesa di essere selezionato.


Quindi quali sono state le tue esperienze in campo umanitario?


La mia prima esperienza in campo umanitario è stata partire per il Kenya, nel 2022, per andare a
lavorare su alcuni cantieri per cui servivano anche delle conoscenze di idraulica e di lingua inglese,
che io avevo acquisito nel corso degli anni. Nel momento in cui sono stato selezionato poi
l’organizzazione ha pensato alla formazione dei volontari, che è stata organizzata veramente bene,
in parte online e in parte in presenza. La mia seconda esperienza invece è stata in Mozambico.


Cosa ci puoi dire invece dei preparativi?


Per quanto riguarda i bagagli, avevamo una checklist, per cui è stato sufficiente seguire quella,
mentre per la parte emotiva mi sono dovuto un po’ arrangiare! Diciamo che la mia motivazione a
partire è sempre stata molto forte, quindi tutte le persone a me vicine erano preparate a questo
periodo in cui avrebbero sperimentato la mia assenza, la mia voglia di partire è stata più forte di
qualsiasi legame che avevo in Italia.


Una volta arrivato in sede invece? A cosa hai dovuto pensare tu e a cosa ha pensato
l’organizzazione con cui sei partito?


Allora nel mio caso, partendo con il Servizio Civile e con l’EUAV, era tutto ben organizzato nel
programma, quindi io avevo delle regole da seguire e delle indicazioni ben precise su come
muovermi; però per questo dipende moltissimo dall’organizzazione. Ci sono organizzazioni che
pensano a tutto loro, dal taxi in aeroporto, all’alloggio, al driver che ti porta a lavoro tutti i giorni
ed altri programmi in cui vieni invece lasciato un pochino più “libero”, hai meno regole da seguire
e magari hai un referente in loco che ti spiega banalmente anche le zone più o meno sicure dove
andare. Per me è stata importantissima la formazione che abbiamo fatto prima di partire, che mi
ha dato la possibilità di sentirmi sicuro di cosa aspettarmi, indipendentemente dall’organizzazione
del programma.


E invece nel caso in cui ci si innamorasse dell’esperienza e si volesse prolungare la permanenza o
viceversa se succedesse qualcosa per cui si ha necessità di tornare prima, è possibile?


Si, certo! Conta che io dovevo restare 6 mesi, che sono stati poi prolungati a 8 e successivamente
mi hanno anche offerto di rimanere più a lungo con altri tipi di programmi. In realtà se tutti si
trovano bene, è abbastanza frequente che l’organizzazione chieda poi al volontario di rimanere.
Allo stesso modo io non ho mai visto nessun tipo di vincolo sulla richiesta di ridurre il tempo di
permanenza perché ovviamente se un volontario non si trova bene o ha necessità di interrompere
il programma, nessuno ti impedisce di tornare.


Dai adesso vogliamo sapere pro e contro dell’esperienza!


Beh senz’altro tra i pro io includerei che è un’esperienza di vita altamente formativa e unica che ti
consente di vivere in paesi diversi, confrontandosi con culture e modi di pensare molto differenti.
Un altro pro, come avevo anticipato è la possibilità di imparare nuove lingue, ma anche di
confrontarsi con tantissimi colleghi provenienti da veramente ovunque, creando legami fortissimi
e amicizie che sto ancora coltivando. Un aspetto inoltre che per me viene un po’ trascurato spesso
è che un’esperienza del genere ti insegna a non avere un approccio coloniale, come purtroppo può
succedere, ma ci spinge a trovare moltissimi modi per cooperare con le persone del posto, senza
imporre conoscenze europee o supremazia monetaria nell’ambito di questi progetti. Insomma i
pro per me sono veramente innumerevoli!


Per quanto riguarda i contro invece posso dire che, nel mio caso specifico, è stato difficile portare
avanti una relazione sentimentale in Italia, mentre io ero in un altro continente, vedendosi quindi
circa ogni tre o cinque mesi. Allo stesso tempo trovarsi a non avere amici e fare spesso casa
lavoro, lavoro-casa, è un aspetto che all’inizio non è stato facile. Un altro aspetto difficile per me in
alcuni casi è stato di avere problemi di salute, dovendo stare attento ai cibi che mangiavo o ai
posti che frequentavo. Infine direi anche che non ci si deve immaginare il volontariato come una
vacanza perché ci sono ritmi di lavoro serrati, un carico lavorativo importante e tanto stress per
cui si deve essere molto disciplinati per evitare un crollo dato che le richieste sono sproporzionate
rispetto ai fondi e alle possibilità che vengono date. In ogni caso, per me, tutti i lati negativi
vengono comunque ampiamente compensati dagli innumerevoli lati positivi.


Una volta tornato in Europa invece questa esperienza ti è stata utile nel mondo del lavoro?


Sicuramente l’aver lavorato in un ambiente internazionale e l’aver imparato due lingue, mi ha
fornito punti CV. Se ad oggi volessi farne un lavoro, senza dubbio avrei dell’esperienza da
spendere in tal senso per cui non mi troverei più ad un entry-level, ma potrei già essere
considerato un mid-senior, avendo già lavorato come volontario, ma anche come coordinatore di
progetto, e quindi soddisfare i requisiti di esperienza che prima non avevo. Nel settore dei bandi
pubblici sicuramente è un programma che può dare punti, ma soprattutto direi che è
un’esperienza che apre gli occhi e può farci guardare verso nuovi orizzonti.
Quello che mi sono portato a casa è che questa esperienza mi ha veramente cambiato, costruendo
il pozzo in Africa, realizzando quello che era il mio sogno da bambino, in realtà ho affrontato un
processo di decostruzione e ricostruzione della persona che ero prima per diventare il ragazzo che
sono oggi. Io consiglio tantissimo questi programmi per mettersi in discussione, per sentirsi più
utile e più integrato nel mondo e per acquisire un immenso bagaglio di conoscenze personali, ma
anche interpersonali grazie agli incontri con tantissime persone.

Grazie mille Pietro per aver condiviso con Viole la tua esperienza, speriamo che possa essere uno spunto per molti!

Grazie a voi di avermi accolto e lasciato raccontare la più bella esperienza della mia vita.

Immagine di Lavinia Pascariello

Lavinia Pascariello

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