È violenza sistemica contro le donne: “Mia moglie” e tutti gli altri siti, tra l’invisibilità femminile e la cultura dello stupro

Si scambiano foto di mogli, compagne, amanti; scatti rubati durante momenti intimi, privati, all’insaputa di queste ultime. Commentano, guardano, si masturbano, oggettivizzano i corpi senza il consenso delle fotografate, come se fossero di loro proprietà, una sorta di trofeo conquistato da mostrare al branco. Sono più di 32.000 gli iscritti al gruppo Facebook “Mia moglie”, recentemente chiuso dopo le pressioni mediatiche ricevute ad agosto. Non è un caso isolato; non è sintomo di una malattia mentale collettiva o della somma di più problematiche psichiatriche, è violenza, in particolare è violenza sistemica contro le donne. Un’esplicitazione online della cultura dello stupro che continua a normalizzare ed incoraggiare femminicidi, molestie sessuali e svariate forme di stalking. Dopo questa vicenda, infatti, altri siti misogini e sessisti sono stati scoperti e bloccati, tra cui “Phica”, dove è finita senza permesso anche una lunga lista di foto di politiche. A fine ottobre ne è venuto fuori un altro: un sito che denuda le donne tramite l’intelligenza artificiale, con 7,5 milioni di utenti.  Si può caricare la foto di qualsiasi donna, famosa o meno, e applicare il filtro “undress”, per spogliarla. Denigrate, insultate, giudicate, violate dallo “stesso” branco. Faimmediatamente scalpore che tra i 32.000 del gruppo “Mia moglie” ci siano medici, professori universitari, avvocati, ingegneri e altri professionisti, la così considerata “gente perbene”, come avrebbe detto la Marchesa Colombi, scrittrice di fine ottocento, con il suo celebre galateo. Circa 150 anni dopo la pubblicazione, si è ancora ancora patriarcalmente indotte/i a pensare che la classe sociale e il titolo lavorativo garantiscano il grado di “perbenismo”. Anche questi uomini socialmente stimati per i loro lavori credono di poter fare tutto quello che vogliono con il corpo delle donne, esattamente come gli altri; forse più degli altri perché protetti dalla loro posizione sociale. Quanti saranno i professionisti tra quei 7, 5 milioni del nuovo sito appena scoperto? La cultura patriarcale e quella dello stupro, infatti, continuano a passare un messaggio socialmente pericoloso: una donna conta meno, ha meno autorevolezza, è il “secondo sesso”, per sintetizzarlo con il titolo persuasivo del saggio di Simone De Beauvoir, e quindi si può usare a piacimento, senza consenso, come se fosse un oggetto. Il concetto di proprietà e di corpo come strumento da sfruttare, da mostrare e da condividere con il branco si muove liberamente nella scala sociale senza distinzione di estratto. In questa vicenda, il corpo della donna è un mezzo visivo abusato che attira ed intrattiene, che rende più potente chi ha postato l’immagine, ma che al contrario depotenzia la donna in foto non solo intellettivamente ma anche umanamente. Sono testimoni di questo meccanismo patriarcale, i numeri altissimi di femminicidi (al 30 ottobre 2025 sono 70 i casi riportati dall’osservatorio di Non una di meno), gli stupri, le violenze di genere a più livelli che non hanno classe sociale, ma che vengono perpetrati da tutti gli uomini, anche da quelli “perbene”. Oggetti, carne da macello, da scambio, così quel gruppo con 32.000 iscritti percepisce le donne con le quali condivide prole, case, letti, cene in pizzeria, vacanze e vite. Sommando i 700.000 di Phica, i 7.5 milioni del nuovo sito con l’intelligenza artificiale che spoglia le donne a comando, la cifra di uomini frequentatori di questi siti diventa altissima; significa che se non è un compagno o un marito ad essere iscritto, è un cugino o un amico, insomma qualcuno che si potrebbe conoscere.

Il maschile “se-non-altrimenti specificato”, come direbbe Caroline Criado Perez, autrice di Invisible Women, contamina ogni campo ed ogni aspetto sociale: dalla scuola alla lingua, dai luoghi del potere a quelli dell’informazione. Il contributo delle donne al sapere, come la storia, la letteratura e le scienze, per esempio, è stato troppo spesso oscurato dall’onnipresente pensiero maschile.Riflettiamo insieme su questa affermazione: quante scrittrici avete studiato al liceo? E quanti scrittori? Quante personagge storiche sono state menzionate a lezione? E quanti personaggi invece?Quante vie nella vostra città sono intitolate a donne, fatta eccezioni per sante, madonne e altre categorie “irraggiungibili”nella quotidianità? Siamo certe/i che il maschile sovraestesoincluda tutte le identità e renda visibile il femminile mentre si parla? In Visibili e influenti ho dimostrato che l’invisibilità femminile in tutti i campi e la mancanza di spazi occupati dalle donne contribuiscono ad alimentare violenza contro queste ultime, come nel caso del gruppo “Mia moglie”. Non si tratta di un’eccezione fuori dalla norma, ma del risultato di una cultura che invisibilizza sistematicamente le donne da troppo tempo. Secontinuano ad essere in secondo piano in tutti i campi, continueranno ad essere percepite come il “secondo sesso”, “il sesso inutile” (citando anche Oriana Fallaci), quello che conta meno, quello che decide meno, quello che si può mostrare indisturbati a piacimento come trofeo al branco senza incorrere in richiami. Non è, quindi, un caso da archiviare solo attraverso un processo di giustizia, con un risarcimento collettivo; piuttosto, una violenza di massa contro le donne che deve necessariamente aprire una riflessione sull’influenza della cultura patriarcale e dello stupro e di come attuare un cambiamento radicale a partire dal basso. Ruth Bader Ginsburg, giudice della Corte Suprema americana, scomparsa nell’autunno 2020 dopo decenni di battaglie per i diritti delle donne in uno dei luoghi di potere per eccellenza degli Stati Uniti, pronunciò una frase in seguito divenuta iconica:“Women belong to all places where decisions are being made. Itshouldn’t be that women are the exception [Le donne appartengono a tutti quei luoghi dove si prendono le decisioni. La loro presenza non dovrebbe essere un’eccezione]”. Sottolineava così che le donne non sono una categoria speciale, ma costituendo più della metà della popolazione mondiale, circa il 52%, hanno diritto ad avere visibilità e potere decisionale in ogni contesto.Solo con questa visibilità, con l’occupazione degli spazi e una ricostruzione societaria inclusiva in tutti i campi avverrà il cambiamento.

In Fare femminismo, Giulia Siviero ci ricorda che il suo incontro con il movimento è avvenuto attraverso le parole. Entrando nell’aula di una lezione di Adriana Cavarero ha sentito la docente rivolgersi al suo pubblico studentesco al femminile sovraesteso (p. 11). La parola ha il potere di portare cambiamento e quindi la visibilità delle donne nella lingua si trasforma in uno strumento potentissimo per la parità di genere. Il femminile universale, come il femminile sovraesteso e l’uso delle professioni declinate al femminile, rendono le donne visibili dopo un lungo periodo di invisibilità linguistica che rispecchia l’invisibilità sociale. Lo ribadiscono anche Francesca Dello Preite e Vera Gheno: chiamare “medico” una donna laureata in medicina è in sé una forma di violenza di genere che cancella attraverso il linguaggio per un’errata interpretazione grammaticale, per consuetudine, perché si è sempre fatto così (p.7). Se le donne fossero state più visibili, nella lingua come nella formazione scolastica e in ogni altro ambito societario, il gruppo “Mia moglie” e gli altri scoperti in seguito non si sarebbero mai formatiperché le donne che ne hanno fatto parte inconsapevolmente sarebbero invece state considerate persone e non oggetti ornamentali di proprietà maschile. Bisogna, quindi, ripartire dalle basi per smantellare una cultura dello stupro al momento quasi impermeabile, ancora troppo percepita come “normale”, “convenzionale”, accettabile. 

Bibliografia essenziale

Francesca Calamita, Visibili e influenti. Le donne italiane ci sono(Biblion: Milano, 2023)

Giulia Sivierio, Fare femminismo (Nottetempo: Milano, 2024)

Vera Gheno e Francesca Dello Preite, Altre prospettive sulla violenza di genere. Sguardi multidisciplinari per la prevenzione e il contrasto (Francoangeli: Milano, 2025)

di Francesca Calamita

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