Possono disparità di genere e di razza essere tali da influenzare le indagini su persone scomparse? Il razzismo e il sessismo rischiano di cambiare l’andamento di un caso? La copertura dei media è di qualche aiuto per la risoluzione di casi di scomparsa e/o omicidio? La risposta a queste domande è sì, ma il discorso risulta essere molto più complesso e coinvolge noi tutti e le nostre azioni a livello inconsapevole.
La MWWS, la sindrome della donna bianca scomparsa, consiste nella copertura mediatica sproporzionata di determinati casi di persone scomparse rispetto ad altri. Questa sindrome dimostra come le disparità influenzano in maniera inversamente proporzionale l’attenzione che si pone a casi di persone diverse tra loro per il colore della pelle, il genere e la condizione economica. La prima a definire la MWWS fu Gwen Ifill che, nel 2004, usò il termine per riferirsi alla disparità di copertura dei media su donne bianche e donne di colore. “If there is a missing white woman, you’re going to cover that every day” (Gwen Ifill durante una convention presso Whashington).
Questo dimostra come ci sia una marginalizzazione delle vittime, o meglio, di intere comunità: i media ignorano chi sta ai margini della società. Tutti avranno sentito parlare, nel 2021, della scomparsa della youtuber americana Gabby Petito. Potrei citare altri moltissimi casi, a livello mondiale, di donne bianche e belle che hanno ottenuto le prime pagine dei giornali per mesi. Questa è la sindrome in questione: la maggiore copertura da parte dei media per quanto riguarda casi di donne/ragazze di razza bianca, di bell’aspetto e provenienti da famiglie benestanti. E non si parla solo di un grado di copertura più alto, è addirittura sproporzionato. Stiamo parlando di un fenomeno culturale legato a un inconscio razzismo e a un “benevolo” sessismo. Le persone di altre etnie non sono importanti quanto la nostra e le donne sono qualcosa da proteggere e difendere. In fondo i media continuano a concentrarsi su uno topic specifico: quello della damigella in pericolo.
Ho nominato razzismo, sessismo e condizione economica. Ma come questi fattori hanno influenzato la maniera in cui sono trattati i casi sia dalle autorità che dai media?
In generale l’obiettivo è quello di ispirare empatia per le storie di donne bianche scomparse e sottolineare la tragicità delle loro storie. Questo perchè sono percepite come più vicine a noi e ai nostri ideali.
Il caso di Gabby Petito (2021), la youtuber americana, riuscì a guadagnare una copertura tale che in nove giorni ritrovarono il corpo della ragazza. Le è stata dedicata un’attenzione sproporzionata mentre sui 700 casi di donne di altre etnie scomparse negli ultimi dieci anni non è mai stata detta nemmeno una parola. E così prima di Gabby, il caso della scomparsa di Laci Peterson nel 2002. Un caso che tenne alto il grado dell’attenzione mediatica americana, tanto che centinaia di persone si offrirono volontarie per cercarla e offrirono anche un alto premio in denaro per chiunque avesse informazioni. Nel giro di pochi mesi trovarono il corpo. E ancora prima la scomparsa e il successivo ritrovamento di JonBenét Ramsey (1996), una bellissima bambina di sei anni reginetta di concorsi di bellezza.
Tutti questi casi rispecchiano il classico costrutto della bella principessa in pericolo, principessa però bionda e bianca, non di certo di altre etnie. I media puntano esclusivamente alla creazione e al consumo di determinate narrative, ancora meglio se misteriose, che trasformano storie di persone in intrattenimento. Valutano l’importanza delle persone in base al loro corpo e al loro status sociale e così si decide chi merita di essere salvato e chi no.
Le donne bianche non meritano di essere salvate? Certo che lo meritano, ma allo stesso tempo lo meritano anche donne di altre etnie. Non devono essere ignorate, perchè maggiore copertura significa anche maggiori risorse per le ricerche e maggiore attenzione delle persone a eventuali indizi. In un ciclo continuo i media come la polizia continuano a investire più forze e copertura su storie che conquistino il pubblico, tralasciando centinaia di altri casi. Casi di donne scomparse che passano in sordina e spesso i familiari, sempre se possono permetterselo, si vedono costretti a rivolgersi a investigatori privati o a fare indagini indipendenti.
Esiste purtroppo una “scala di umanità” seconda la quale si pongono i diversi casi. Non è che i bianchi non meritino copertura e attenzione, ma non dovrebbero essere gli unici a vantare il diritto di essere ritrovati. Ricchezza, bellezza e razza non possono e non devono essere le misure per mezzo delle quali giudichiamo se una persona sia degna di essere salvata oppure no. Fortunatamente associazioni come Black and Missing Foundation e Missing and Murdered Indigenous Women and Girls cercano di riportare attenzione su questi casi passati davanti ai nostri occhi in maniera silenziosa.
La soluzione dovrebbe essere quella di distribuire in modo più equo risorse e copertura mediatica, per riuscire a ritrovare quante più possibili ragazze e donne scomparse.
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