Arte

“Muholi. A Visual Activist” al MUDEC di Milano

“I do not like, and have never used, or related to, the term “subject”.
Photography to me is supposed to be a collaborative act”.
Muholi

Come può una serie di autoritratti raccontare una storia di denuncia, di orgoglio, di sofferenza e di speranza? A questa domanda risponde l’artista e attivista Muholi con la mostra “Muholi. A Visual Activist” curata insieme a Biba Giacchetti presso il MUDEC di Milano. L’esposizione riguarda il progetto “Somnyama Ngonyama”, “Ave Leonessa Nera”, manifesto politico e sociale del* fotograf* che si esprime in una serie di scatti di sé stess*. Muholi, ancor prima di definirsi artista, si riconosce come attivista, entrando a pieno titolo nella corrente del visual activism. Per visual activism, in fotografia, s’intende la prassi di generare nuove rappresentazioni in contrasto con le raffigurazioni stereotipate di una certa categoria sociale: il suo tentativo, infatti, è quello di restituirci un ritratto il più fedele possibile della comunità LGBTQIA+ e della sua situazione in Sudafrica. E non solo: attraverso queste sue opere riecheggia l’intersezionalità tra razzismo, femminismo e colonialismo, tematiche che si intersecano attraverso lo sguardo di Muholi.

Muholi, Ziphelele, Parktown, Johannesburg, 2016, © Zanele Muholi

Il suo lavoro non può che essere influenzato dal suo vissuto: Muholi nasce nel 1972 a Umlazi, in Sudafrica, durante un momento particolarmente drammatico della storia del suo paese, l’apartheid. L’artista non rimane indifferente davanti ai dolorosi eventi di quel periodo storico, bensì sceglie di documentare, attraverso la fotografia, la tragicità a cui è costrett* ad assistere, focalizzandosi principalmente sulla situazione della comunità LGBTQIA+ di cui fa parte. Racconta il suo avvicinamento alla fotografia come una guarigione da un momento molto difficile della sua vita: questa pratica, difatti, permette a Muholi di trovare uno scopo e una modalità efficace per offrire una degna rappresentazione a una comunità di persone ai margini della società. Un progetto molto significativo in questo senso è stato “Faces and Phases”, una serie di ritratti di persone transgender e omosessuali che intende dar loro risalto e un posizionamento sociale. Nel 2012, purtroppo, subisce un grave furto del suo lavoro, becero tentativo di fermare e ridurre l’artista al silenzio. Nonostante queste intenzioni, Muholi, dopo una pausa, sceglie di proseguire la sua carriera: è qui l’inizio del progetto “Somnyama Ngonyama”.

Muholi, Ntozakhe II, Parktown, Johannesburg, 2016, © Zanele Muholi

“Somnyama Ngonyama” è un inno alla blackness, un viaggio introspettivo e una denuncia sociale tutto in un solo progetto. Essenziale è il concetto di rappresentazione così come lo è stato in “Faces and Phases”: Muholi si prende il proprio spazio con veemenza e ci restituisce il suo racconto e una visione il più fedele possibile del Sudafrica. Per renderlo possibile, l’artista utilizza la propria immagine associata a una serie di oggetti di uso quotidiano che prendono vita grazie al suo sguardo. Nell’opera “Ziphelele”, ad esempio, Muholi “indossa” dei copertoni di bicicletta come forma di denuncia della pratica detta necklacing, ovvero una tortura che consisteva nel far indossare a una persona dei copertoni cosparsi di benzina a cui veniva poi dato fuoco. In “Ntozakhe II” Muholi ci offre una vera e propria celebrazione della libertà e dell’orgoglio per tutte quelle donne, soprattutto nere, che devono combattere per i propri diritti e che, al contempo, rivendicano la propria identità. Nell’opera “Julile I”, invece, l’artista si prende il proprio spazio di riflessione in un momento profondamente catartico e autoriflessivo. Insomma, le tematiche toccate sono parecchie, ed è incredibile come un solo personaggio riesca a dar forma a tutti questi racconti e a parlare per una comunità intera.

Muholi, Julile I, Parktown, Johannesburg, 2016, © Zanele Muholi

Non potete lasciarvi scappare l’opportunità di vedere questa straordinaria esposizione, o meglio, questo viaggio alla scoperta del mondo di Muholi, e non solo. La mostra resterà aperta fino al 30 luglio 2023 presso il MUDEC di Milano.

Ilaria Rusconi

View Comments

Recent Posts

Storia di F.: l’endometriosi

Già con Antonella (Abilismo: riconoscerlo per smettere di farlo), erano emerse le esperienze e difficoltà…

6 giorni ago

Vita da fan: Il mio idolo in fiamme di Rin Usami

Recensione di "Il mio idolo in fiamme" (Usami Rin)

2 settimane ago

Alle origini della violenza: lo stupro nei miti dell’antichità classica

Rivangando nel passato della civiltà occidentale, in particolare nell'antichità classica, si possono individuare le prime…

3 settimane ago

Pro-Vita VS Pro-Aborto: siate Pro-SCELTA

Scegliere. Un verbo apparentemente semplice. Sembra sicuramente molto più semplice di parole che sono diventate…

3 settimane ago

Dal bookclub Storie di corpi – Melissa Broder “Affamata”

"Affamata" è un termine che rappresenta chi ha fame, ma anche chi è ridotto alla…

3 settimane ago

Nuovomondo

Gli oggetti che mi circondavano ora sono gli unici che mi tengono compagnia. Le bambole…

3 settimane ago