Recensioni

A cosa serve crescere?: La ragazza dell’altra riva di Kakuta Mitsuyo

Sirene, di Michela Burzo (www.michelaburzo.com)
IG @michela.burzo

A cosa serve crescere e diventare adulti?

È una domanda ricorrente in questo romanzo di Kakuta Mitsuyo, una domanda che fa eco nelle orecchie di chi legge. Immagini e interrogativi scorrono a cascata. Che sia il rimpianto della spensieratezza dell’infanzia o la sofferenza delle pene causate dall’essere adulti a scatenarla ha ben poca importanza.

Infatti Aoi e Sayoko, le due protagoniste, partono proprio dai due diversi risvolti della medaglia.

Aoi ha una storia di bullismo sulle sue giovani spalle che spinge i genitori a trasferirsi in provincia. Sembra la scelta ideale per proteggere la figlia da un ambiente tossico garantendole al tempo stesso la possibilità di ricominciare da capo. Genitori premurosi? Senza dubbio. Se solo sua madre non continuasse a lamentarsi e a rinfacciarle la scelta fatta, prendendosela a qualunque soffio di vento e riversando su di lei un continuo senso di colpa che impedisce di intessere un legame madre-figlia che faccia da scudo e conforto. Mentre la cicatrice del bullismo fatica a rimarginarsi, avendo spento la debole fiamma della fiducia nel prossimo che Aoi non riesce a nutrire neanche in casa.

E subito dopo una serie di interrogativi prese a vorticarle nella testa: finirà anche lei per non rivolgermi più la parola? Riderà dei miei insuccessi? Aprirà il mio cestino del pranzo e ne rovescerà il contenuto per terra tappandosi il naso e urlando che puzza da morire? Mi calpesterà la tuta da ginnastica e me la nasconderà chissà dove? E mentre pensava queste cose e si crucciava, la sagoma di Nanako era già scomparsa, risucchiata dalla folla di studentesse.

Sayoko invece è una donna schiva, solitaria, timida. Sposata, si occupa di sua figlia Akari. Non ha una carriera e sente che la vita da casalinga la sta chiudendo sempre più in sé stessa, aumentando il numero di paranoie e idiosincrasie con il passare delle settimane. Una suocera insopportabile e un marito legato ai ruoli tradizionali rendono il carico inaccettabile: entrambi la caricano di pretese e aspettative, critiche e opinioni non richieste. Sayoko subisce il dramma della maggior parte delle donne che si occupano della casa e dei figli a tempo pieno: un carico di lavoro e di responsabilità immenso e nessuna gratitudine. Quando va tutto bene sta facendo il suo dovere, quando sbaglia è un’inetta senza speranza.

Fino a quando resterò me stessa?

Le vite delle due donne si intrecciano pur partendo da linee apparentemente diverse. Le vite delle due donne si incontrano e si scontrano fino a che le immagini sfocate delle loro lenti diventano una sola figura chiara e distinta.

È proprio qui che risiede la bellezza di questo romanzo. Sono i cristalli di luce che si intravedono dietro ogni goccia di sudore versata sul terreno arido.

«Ma sono arrivata alla conclusione che, al di là che si abbiano molti amici o che si sia soli, è importante trovare qualcosa che permetta di non temere la solitudine».

La solitudine più misera spinge le due protagoniste a combattere per sopravvivere. A rischiare nuovamente per ritrovare una pace che sembra ormai dispersa in un tempo lontano forse irraggiungibile.

E con una maggiore chiarezza su chi si è e su cosa si vuole ottenere, arriva anche una visione più consapevole della società in cui vivono. Le divisioni create dalla propria presa di posizione cieca e testarda rispetto alle scelte che governano gli altri. Il gioco di potere che trasforma gli studenti in bulli per non perire a loro volta. Le critiche delle casalinghe contro le donne che decidono di lavorare anche fuori casa, delle madri contro le donne che applicano standard diversi alle loro vite, delle donne nubili contro una società che manca di considerarle cittadine meritevoli. Le opposizioni degli uomini figli del patriarcato contro la genuina e sana ricerca di identità e scopo delle loro consorti.

Un sistema di caste che non permette uguaglianza nella diversità e che stimola una battaglia verbale, politica e civile che se mai ha avuto un senso, oggi proprio non ne ha più.

A che cosa serve crescere e diventare adulti? Non a rifugiarsi nella routine quotidiana e a sbattere la porta in faccia alle persone, bensì a puntare a nuovi incontri. A tendere la mano e a scegliere di incontrare gli altri. Ad andare di buon grado verso il luogo a lungo cercato.

Buona lettura

La ragazza dell’altra riva, di Kakuta Mitsuyo.

Kakuta Mitsuyo ha vinto numerosi premi tra cui il premio Kaien (1990) come scrittrice emergente e il Chūō Kōron Literary Prize (2007) con “Yōkame no semi”. Ha inoltre ricevuto tre nomination per il rinomato Akutagawa Prize.

Tradotto in italiano da Gianuluca Coci.

Alessandra Marrucci

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