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Copertina di "I terresti" di Murata Sayaka

Siamo ingranaggi della grande fabbrica: I terrestri di Murata Sayaka

“Nel cuore delle grandi montagne di Akishina, dove vivevano i miei nonni, i frammenti della notte persistevano anche in pieno giorno.”

Gli ingranaggi della fabbrica fin dentro al nostro cuore.
“Gears of my heart” by Iren Horrors 

Inizia con poesia e purezza l’ultima opera di Murata Sayaka. Un viaggio in macchina che si inerpica sui tornanti spigolosi tipici delle strade di montagna. Un piccolo prezzo da pagare per arrivare in paradiso.

E la casa dei nonni è davvero il paradiso se ad attenderti ci sono il tuo cugino preferito, Yuu, che ascolta e comprende ogni tua sfumatura senza giudizio, e lo zio Teruyoshi che sa spiegarti le meraviglie della natura. Entrambi ti mostrano e ti raccontano i segreti del bosco e le tradizioni fantastiche che racchiude, senza dare per scontato che tu sia un’inetta. Sì, perché la protagonista di questo romanzo, Natsuki, undici anni, viene tormentata a ripetizione su tutti i fronti.

Sua madre non la sopporta: preferisce la figlia maggiore senza alcun apparente motivo (se non la comune appartenenza al medesimo livello di mediocrità) e la usa come capro espiatorio per le sue perenni insoddisfazioni. Nello stesso modo viene trattata dalla sorella. Suo padre è quasi inesistente. Uno dei suoi insegnanti la molesta. Nessuno crede alle sue richieste d’aiuto. Anzi, i suoi ripetuti sos, lanciati agli adulti che ha intorno e che dovrebbero proteggerla, si riducono in ulteriori punizioni verbali e corporali. Crescere in uno spazio di questo tipo la convince che qualcosa in lei sia profondamente sbagliato. Deve quindi soccombere perché è così che funziona la vita: è necessario imparare ad accettare l’inaccettabile, con tutti i mezzi possibili. Sopravvivere, pur essendo un germoglio privo di valore.

“Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa. Sì, hai ragione, scusa… Non mi cacciare via, ti prego. Ti obbedirò e farò tutto quello che vuoi, ma non mi cacciare via, ti prego. Sono solo una povera bambina, se tu mi cacci via morirò di fame. Non voglio morire. Non uccidermi, ti prego…”

Da queste premesse si estende una storia surreale, provocatoria, a tratti caotica.

Natsuki promette a se stessa e a Yuu che farà del suo meglio per arrivare all’età adulta e, per mantenere la parola, costruisce una serie di meccanismi di difesa degni di un film di fantascienza. Così resiste alla sua vita di bambina. E quando è adulta e crede che finalmente sarà al sicuro, capisce invece di non potersi né svegliare dall’incubo della sua infanzia che continua a perseguitarla, né schivare gli attacchi della “fabbrica” che continua a pretendere, pretendere e pretendere.

“La mia città era un agglomerato di nidi, una fabbrica che produceva esseri umani. E io ero un ingranaggio, uno strumento che doveva servire al bene della società, al pari di tutti gli altri e sotto due aspetti in particolare: in primo luogo mi toccava impegnarmi a fondo nello studio per diventare un ottimo “strumento per il lavoro”; e in secondo luogo dovevo essere una brava ragazza in salute, così da fungere da “organo riproduttivo per la fabbrica”.”

È difficile parlare di questo libro senza rivelare dettagli che priverebbero il lettore dei giri della morte contenuti tra le sue pagine. Tuttavia, è bene tener presente che ci sono due modi per leggerlo. Si può analizzare ogni parola dall’interno confortevole della fabbrica. La fabbrica benevola che guida, mostrando i passi da seguire per non divergere mai dal sentiero designato, focalizzando l’attenzione sull’errore e l’incapacita di adeguamento. Oppure si può decidere di comprare il biglietto per il pianeta Pohapipinpobopia e farsi trasportare dal delirio delle sue trame e delle sue giravolte, perché chissà, da una determinata angolazione non c’è follia che non possa trovare il suo senso.

I terresti di Murata Sayaka.

Murata Sayaka ha vinto numerosi premi letterari (tra cui l’Akutagava nel 2016 con “La ragazza del convenience store”) ed è considerata una delle scrittrici giapponesi più interessanti del momento.

Tradotto in italiano da Gianluca Coci.

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Alessandra Marrucci

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