Attualità

Il diritto di essere brutte

Molto spesso, quando cammino per la strada, controllo il mio riflesso nelle vetrine dei negozi o nei finestrini delle auto parcheggiate. Lo faccio da sempre, è quasi come un istinto ormai. Recentemente, mi sono interrogata su questo mio comportamento e mi sono chiesta il perché di questo automatismo. Non so ancora darmi una risposta precisa, ma credo semplicemente di aver paura di essere brutta. Esatto, avete capito bene, la bruttezza mi terrorizza. 

Questa mia paura va a braccetto con il fatto che la bellezza e la “perfezione” estetica mi hanno sempre causato una fastidiosa e subdola dose di ansia. Vedere ragazze stupende, con una pelle impeccabile, denti dritti e bianchissimi, un naso piccolo e dolce, mi ha sempre provocato un po’ di invidia. Si tratta di un’invidia di cui un po’ mi vergogno e che mi stuzzica in un modo che non mi piace per niente. Mi stuzzica perché mi dice: “Ecco, vedi, tu non stai facendo abbastanza per essere così” o anche: “Lei è migliore di te, avrà più successo di te nella carriera e nelle relazioni perché è più bella di te”.

In realtà, non sono nemmeno sicura che si tratti di questo. Mi prendo sufficientemente cura di me stessa, credo, perciò penso che la verità sia un’altra, addirittura più difficile da accettare. Forse dovrei “semplicemente” imparare a convivere col fatto che io ho l’acne, i denti un po’ storti, un naso importante. Ho la cellulite, tanti peli, molte smagliature. E potrei continuare.

Certo, potrei cambiare il mio aspetto investendo energie, tempo e soprattutto soldi, ma prima di tutto non sono milionaria. Inoltre, sono sicura che entrerei in un loop infinito per cui non smetterei mai di trovarmi difetti da migliorare e, portate pazienza, non ho intenzione di dedicare la mia vita a questo. Preferisco lavorare sull’accetazione di me stessa, sul fatto che, così come qualsiasi altra persona, possiedo tutta una serie di caratteristiche la cui combinazione mi rende unica e speciale.

C’è un libro che parla proprio di questi concetti e che mi ha aiutata molto a convivere con la mia bruttezza. Si tratta di “Brutta”, dell’autrice e giornalista Giulia Blasi, la quale si occupa prevalentemente di temi legati al femminismo. Il libro nasce dalla sua esperienza personale, poiché per tutta la vita Blasi non ha mai rispecchiato i canoni estetici della società. Si tratta di un libro molto potente e rivoluzionario poiché l’autrice, parlando di sé, ci invita a rivendicare la nostra bruttezza e a non averne paura. Lei scrive:

Occupare spazio in pubblico da brutte, sentendosi brutte, sapendosi brutte e fottendosene altamente, quello è l’obiettivo. In un mondo che ci chiede di farci piccole, di non disturbare, allargarsi e dilagare, tracimare e prendere spazio, alzare la voce, fare rumore. “Brutta”, e quindi? Oggi sono brutta, domani sono bella, non ha importanza. Quello che importa è che sono qui, esisto, e non ho nessuna intenzione di sparire.

La lista di caratteristiche fisiche considerate brutte dalla società è spaventosamente lunga. Le smagliature, la cellulite, i peli, i brufoli, il grasso, i capelli grigi, le occhiaie, un naso grande… Io però non voglio che queste caratteristiche siano un ostacolo tra me e la mia serenità. Voglio vivere una vita intensa, fare belle esperienze, coltivare le mie relazioni, viaggiare, scrivere, lasciare qualcosa nel mondo. Non voglio che siano le mie gambe che si toccano o i miei brufoli a impedirlo. 

Mi merito e ci meritiamo cose belle indipendentemente dal nostro aspetto. Per quanto mi riguarda, per troppo tempo ho scelto – più o meno consapevolmente – di limitarmi perché non mi consideravo abbastanza, ma ora devo fare in modo di abbracciare la mia bruttezza e farci pace.

Devo, dobbiamo imparare a dire: “Sono brutta” ad alta voce. Non per sminuirci, anzi, ma per rivendicare il diritto a utilizzare questa parola, a toglierle un significato negativo. Sì, sono brutta, e allora? Il fatto che io ammetta di essere brutta – brutta per gli standard estetici della società, attenzione – non significa né che io non abbia autostima, né che io mi detesti, né che non rispetti me stessa e i miei valori. Quanto è sovversivo e liberatorio ammettere di essere speciali e meravigliose per come si è, anche essendo brutte?

Nella nostra bruttezza, nelle nostre “imperfezioni”, siamo bellissime. Siamo autentiche, siamo comprensive, siamo gentili, siamo intelligenti, siamo amorevoli, siamo dolci, siamo coraggiose, siamo divertenti. Siamo, e basta. 

Elisa Manfrin

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