Premetto immediatamente che non sono una donna STEM, anzi vi parlo da letterata pura, con triennale e magistrale in Lettere, come si vorrebbe da ogni essere umano di sesso femminile. Eppure, pochi giorni fa un post su Instagram mi ha spinto a scrivere questo articolo. Innanzitutto, la definizione di STEM: l’acronimo STEM sta per Science, Technology, Engineering and Mathematics – scienze, tecnologia, ingegneria e matematica – e indica tutte le discipline di studio che possiamo categorizzare come scientifiche e tecniche.
Donne STEM: c’è ancora un gender gap?
Il post in questione è di Ilaria Lucrezia Rossi, su Instagram la trovate come @_shescience_, laureata in Fisica e divulgatrice di scienza e femminismo sui social. Le immagini condivise riguardano un progetto di Gender Equality Plan dell’Università Sapienza di Roma, e raccolgono testimonianze di studentesse e giovani ricercatrici che hanno riportato frasi pronunciate nel dipartimento di Fisica della stessa università, prestigiosa per essere stata il luogo di lavoro del fisico Enrico Fermi.
Ne riporto qualcuna che più mi ha colpito:
Ti devo mettere 30 nonostante tu sia donna
Dai tuoi lavori pensavo fossi maschio
“Ti stai facendo spiegare da una ragazza come funziona un bullone?”
Non c’è bisogno di vestirsi così elegante per partecipare alla commissione di laurea
Ecco, queste sono solo una parte delle frasi riportate. Molte di queste credo possano essere anche ampliate in generale alle donne in ambito accademico, come l’ultima, ma il focus è naturalmente l’ambito scientifico. Nonostante quanto si pensi generalmente, i dati ISTAT parlano chiaro: le donne laureate in Italia aumentano (76,8 ogni mille contro 40,9 uomini ogni mille nel 2021) ma nelle discipline STEM le differenze di genere continuano a restare evidenti con un quadro che posiziona l’Italia ancora indietro rispetto alla media europea.
Le donne scienziate del passato
I dati sono chiari: le donne nelle STEM non sono quante ci aspetteremmo. Infatti, anche qualora ci si volesse ispirare a qualche scienziata sarebbe difficile trovare le loro storie nei libri scolastici.
Per citarne alcune, si prenda ad esempio Emmy Noether. Emmy Noether (1882-1935) è stata una matematica tedesca, considerata la più creativa algebrista astratta dei tempi moderni. Dopo aver studiato a Erlangen, si unì all’Università di Göttingen su invito di Hilbert e Klein, contribuendo alla matematica della relatività generale e formulando il celebre Teorema di Noether, fondamentale per la fisica teorica. Le sue ricerche si concentrarono poi sulle algebre non commutative e sulla teoria degli ideali, rivoluzionando l’algebra astratta. Nel 1933, a causa delle leggi naziste, emigrò negli Stati Uniti, dove insegnò al Bryn Mawr College e collaborò con l’Institute for Advanced Study. Morì nel 1935, lasciando un’eredità scientifica straordinaria.
O ancora, Lise Meitner (1878-1968): una fisica austriaca che contribuì alla scoperta della fissione nucleare, condividendo nel 1966 il Premio Enrico Fermi con Otto Hahn e Fritz Strassmann. Dopo aver conseguito il dottorato a Vienna, lavorò a Berlino con Hahn studiando la radioattività, ma dovette fuggire dalla Germania nazista nel 1938 a causa delle sue origini ebraiche. Nel 1939, con suo nipote Otto Frisch, spiegò il meccanismo della fissione nucleare, un processo che portò alla costruzione della bomba atomica, che lei però rifiutò di sostenere. Nel 1944, solo Hahn ricevette il Nobel per la scoperta, suscitando controversie. Ritiratasi in Inghilterra nel 1960, morì nel 1968 e in suo onore fu chiamato l’”elemento meitnerio”.
Per citarne una terza, si pensi a Chien-Shiung Wu (1912-1997), fisica sino-americana che dimostrò sperimentalmente la violazione della parità nelle interazioni nucleari deboli. Dopo essersi laureata in Cina, si trasferì negli Stati Uniti per un dottorato a Berkeley e successivamente lavorò a Columbia. Nel 1956 verificò l’ipotesi di Tsung-Dao Lee e Chen Ning Yang sulla non conservazione della parità, confermandola con esperimenti su cobalto-60, ma il Nobel andò solo a loro. Contribuì anche alla conferma della conservazione della corrente vettoriale nel decadimento beta. Riconosciuta come una delle migliori fisiche sperimentali, ricevette la National Medal of Science nel 1975 e si ritirò nel 1981.
Queste sono solo alcune delle donne che hanno dato un contributo fondamentale nella scienza e che, anche per quanto mi riguarda e prima di preparare questo articolo, non mi era capitato di incontrare nei libri o altrove, ad esempio nelle giornate celebrative che vengono organizzate dalle varie iniziative culturali.
Cosa fare per sostenere le donne STEM
Non c’è un modo unico o efficace per sostenere le donne che lavorano nelle materie STEM: come tutto, servirebbe che siano decostruiti alcuni precetti ormai fossilizzati nelle nostre menti. Sicuramente, lavori di divulgazione come quelli di Ilaria Lucrezia Rossi sono ottimi per cominciare, ma, com’è ovvio, non bastano. A partire dalla cosiddetta bolla informativa sui social, venire a contatto con argomenti al di fuori del nostro interesse non è facile. Inoltre, alcuni bias inconsci sono stati nella nostra mente per anni e non è affatto facile sradicarli. Tuttavia, ogni singolo lavoro è importante, come l’iniziativa Sapienza e quella divulgativa di Shescience, che hanno sicuramente messo di fronte ai miei stessi occhi un problema di cui non ero del tutto consapevole, non essendo io laureata in materie STEM.
Che le donne scienziate abbiano dovuto lottare nel passato è ovvio, ma non deve essere per questo dimenticato il lavoro che ancora c’è da fare, da parte loro e soprattutto nostra.