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Si può davvero combattere il sessismo sui social?

Vi è mai capitato di vedere un post su Instagram o Facebook, magari condiviso da qualche conoscente o parente, e di pensare che fosse inappropriato? Di pensarlo a tal punto di volerlo segnalare, perché vi siete sentite/i offese/i da quel post, oppure perché avete pensato che un’altra persona si sarebbe potuta sentire a disagio vedendolo? O ancora, nell’elenco esagerato di commenti sotto agli articoli dei quotidiani con la notizia del giorno, lo sputare del veleno da parte di ignoti utenti non vi ha mai infastidito tanto da cercare il tasto del triangolo con il punto esclamativo per dire a Zuckemberg «Ehi Mark, guarda che questo commento non è mica bello, dovresti stare attento a quello che esce dalla tastiera di alcuni tipi!». Ecco, a me è capitato molte volte. Più che la prima, soprattutto la seconda occasione: ricordo di aver letto centinaia di commenti abominevoli scritti da “gente comune” nei confronti di calciatori e rispettive compagne, uomini e donne dello spettacolo o della politica, conduttori e conduttrici: insomma gente famosa. Tralasciando per ora il significato antropologico che si nasconde dietro alla spinta di commentare in maniera inappropriata post di sconosciute e sconosciuti, che a quanto pare è sentita da molti, vorrei concentrarmi sulla segnalazione di questi commenti o post. Quelli a cui mi riferisco, in particolare, sono i post e/o commenti che a parer mio sono sessisti.

Seguendo la procedura indicata da Instagram, che riporto qui sotto, si può vedere come la segnalazione per “sessismo” non sia presente, invece tutte le altre possibili sì. Non sto di certo dicendo che il sessismo sia più o meno importante delle altre, ci mancherebbe, ma la cosa mi ha lasciato spesso stupita, se non frustrata.

Questo è quello che si trova di fronte chiunque voglia segnalare un contenuto, perché è giusto che chi deve controllare l’inappropriatezza debba capire subito perché lo riteniamo indegno di stare sui social. Fin qui niente da ribattere, ma vedete per caso una categoria in cui si possano inserire le battute a sfondo sessista o i commenti sessisti? Io ho tentato di cliccare su “discorsi o simboli che incitano all’odio” ed ecco cosa mi è uscito:

Il sessismo potrebbe andare sotto il secondo punto, ma non viene mai esplicitamente indicato come tale. Non viene scritto “commenti che incoraggiano all’odio di genere”, si parla di identità. Però ho pensato: “l’identità di una persona è data anche dal genere in cui si sente di appartenere, quindi perché no” e l’ho inviata. Dopo un’oretta di continue mie segnalazioni di commenti impropri, ecco il responso a ogni singolo commento da me segnalato:

Frustrante? Sì, sono frustrata perché il sessismo, di cui sono pieni i social, non viene riconosciuto dai più grandi mezzi di comunicazione del XXI secolo, e che hanno un impatto enorme a livello sociale e psicologico nella vita delle persone.

A questo punto vi chiederete che tipo di commenti io abbia segnalato: ve ne lascio qualche esempio alla fine dell’articolo. Prima di concludere sarete anche curiosi di sapere che notizia abbia fatto tanto scalpore da generare così tanti commenti: era quella della ragazza presa di mira con cori allo stadio di Genova mentre tosava il campo, nel post pubblicato da Radio Deejay, che ha anche il coraggio di chiedere ai suoi followers se credono sia un atto di sessismo o di goliardia. Certo, la domanda fuori luogo non aiuta l’impunita proliferazione di commenti di ogni genere, ma allora perché questi non possono essere segnalati? Perché il sistema impedisce che questa forma di violenza venga fermata? Credo che l’episodio delle segnalazioni faccia riflettere sulla (non) importanza che viene data a questi fatti di sessismo, e su come esso sia ancora (non) visto nella nostra società.

Gloria Fiorentini

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