Sarà capitato a tutte/i di dover usare i bagni in un luogo pubblico e ritrovarsi di fronte a uno scenario arcinoto. Davanti alla toilette maschile un via vai di uomini e una lunga fila di fronte alla toilette femminile. A cosa si deve questo fenomeno? E perché spesso il bagno delle donne ha anche l’icona dei disabili, creando quindi un unico bagno per donne e persone disabili uomini e donne?
Il motivo della coda davanti ai bagni femminili
Quasi sempre si tende a dare la colpa alla fisiologia femminile, ma la verità è che il problema risiede nella progettazione degli spazi riservati ai bagni. Si pensa sempre di dover assegnare una metratura al 50% sia per le donne che gli uomini, ma i bisogni delle due categorie non sono uguali.
È stato calcolato che le donne ci mettono 2,3 volte in più rispetto agli uomini a usare la toilette. Per quali motivi? Innanzitutto la presenza di almeno un 20% di donne in età fertile che potrebbero aver bisogno di cambiare un assorbente, impiegando più tempo nella toilette. Poi, la maggiore probabilità che le donne accompagnino un bambino in bagno oppure un anziano disabile. Inoltre, le donne in gravidanza usano maggiormente il bagno a causa di una riduzione della capacità della vescica. Infine, la probabilità di contrarre infezioni del tratto urinario, che è otto volte maggiore nelle donne.
Nella definizione degli spazi non è così facile risolvere il problema: assegnando la stessa metratura alle toilette maschili e femminili, le prime hanno solitamente sia cabine che orinatoi, aumentando il numero di potenziali utilizzatori. Se pure il numero di cabine fosse identico, i motivi sopra elencati non permetterebbe comunque una parità.
Il bagno disabili unito a quello femminile è paritario?
Sarà capitato altrettanto spesso di trovare nei luoghi pubblici due bagni: uno con l’omino con i pantaloni e l’altro con la figura con la gonna accanto a quella del disabile. Questo significa che le persone disabili, siano esse uomini o donne, dovranno condividere il bagno con le donne normodotate.
La scelta non è poco comune, ma non tiene conto di alcuni risvolti identitari: un uomo disabile potrebbe sentirsi a disagio nell’usare il bagno delle donne, come se l’essere disabile non lo renda pensabile come un individuo in senso stretto. Al contempo, le donne potrebbero sentire una mancanza di privacy nel dover condividere il bagno con degli uomini. In questo modo la società non propone un modello di disabilità positivo, ma continua a perpetuare lo stereotipo secondo cui il disabile è altro dalla norma.
La risposta alla problematica è più semplice di quanto si pensi: basterebbe creare uno spazio disabili sia nel bagno degli uomini che in quello delle donne.
Fonti: Invisibili di Caroline Criado Perez, Toilets as a Feminist Issue di Taunya Lovell Banks