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“La verità è che non gli piaci abbastanza”: davvero?

Avete presente quei film che quando eravate adolescenti amavate, ma che ora guardate con occhi diversi? Ecco, per me “La verità è che non gli piaci abbastanza”, film del 2009 diretto da Ken Kwapis, è uno di questi. Quando ero più piccola lo trovavo illuminante, ma dopo averlo riguardato ho cominciato a scorgere varie problematicità.

Ogni tanto mi capita di riguardare film o serie tv che in passato ho amato. Succede anche che a un certo punto io cominci a notare delle problematiche, come ad esempio il fatto che certe categorie di persone non vengano assolutamente rappresentate, e a pormi delle domande. Certe volte mi sento in colpa e mi chiedo come io abbia fatto a non notarlo prima, o se l’avrei effettivamente notato se non fosse stato per i commenti di altre persone. In ogni caso, la cosa importante è che non dobbiamo mai smettere di mettere in dubbio ciò che abbiamo sempre ritenuto “normale”. Saper cambiare punto di vista è segno di grande apertura mentale e a mio avviso è estremamente ammirevole.  

In effetti, è stato proprio grazie all’imput di un’amica che ho cominciato a ragionare sul fatto che in “La verità è che non gli piaci abbastanza” ci fosse qualcosa che non andava. Ripensando alle storie che vengono narrate in questo film e soprattutto agli insegnamenti che si propone di dare (fallendo, mi permetto di dire), ho riflettuto su come la nostra mentalità e i nostri bias vengano plasmati dai prodotti culturali che consumiamo. Da un lato ammetto quindi che questo film molto controverso si sia rivelato in un certo senso utile: a partire da esso, infatti, ho riflettuto sulle relazioni umane e sul modo in cui ci rapportiamo gli uni agli altri. 

Il primo campanello d’allarme – e non bisogna essere esperti di cinema per capirlo – sorge nel momento in cui si presta attenzione alla mancanza di coppie dello stesso sesso e di persone non eterosessuali. Orientamenti sessuali diversi dall’eterosessualità non solo non sono rappresentati, ma non sono neppure menzionati in maniera dignitosa. Allo stesso tempo non è contemplata l’idea che, per alcune persone, esista anche altro al di fuori dell’ossessione di trovare un partner perfetto o che, rullo di tamburi, si stia bene anche single. Come se non bastasse, trovo il film molto contraddittorio, perché alla fine succede esattamente il contrario di ciò che è stato affermato fin dall’inizio. Non farò spoiler, anzi vi invito a guardare questo film se ancora non l’avete fatto, se non altro per costruirvi una vostra opinione in merito. 

Partiamo da un discorso raccapricciante, che è rimasto impresso nella mia mente. É quello pronunciato all’inizio del film da quello che penso essere il personaggio più irritante in assoluto, Alex. Lui ci “delizia” con le sue parole, dicendo:

La regola dice che se un uomo non ti chiama, è perché non vuole chiamarti. Se ti tratta come se non gliene fregasse un cazzo, è perché non gliene frega un cazzo. Se ti tradisce, è perché non gli piaci abbastanza. Non esistono uomini spaventati, confusi, disillusi. Non esistono uomini tragicamente segnati dalle passate esperienze, bisognosi d’aiuto, bisognosi di tempo. Gli uomini si dividono in due categorie soltanto: quelli che ti vogliono e quelli che non ti vogliono. Tutto il resto è una scusa. […] Quindi aspetta che sia lui a chiederti di uscire. Perché va bene la parità dei sessi, le quote rosa, e l’eguaglianza dei diritti. Ma i tempi non sono poi così cambiati. Gli uomini restano pur sempre dei cavernicoli, sia pure incravattati, e come tali adorano il sapore della conquista“.

Da dove vogliamo partire? Ci sarebbero talmente tante cose da dire che mi trovo in difficoltà. Lascerei perdere la parte in cui dice “Aspetta che sia lui a chiederti di uscire”, non è nemmeno degna di spiegazioni, anzi dopo averla riletta credo che andrò a prendermi qualcosa per il reflusso che mi ha provocato. A parte gli scherzi, la sensazione che ho io, ora che ho acquisito nuove consapevolezze, è che il film divida le relazioni amorose, ma più in generale umane, in bianche o nere.

In altre parole, sembra dire alle persone che lo guardano, o forse più precisamente alle donne: “O piaci da impazzire, o fai schifo”. Sarà banale ciò che sto per dire, ma al mondo non esistono solamente il bianco e il nero. Non è che tra due persone possa esistere solamente una bellissima storia d’amore o la mancanza totale di comunicazione. Nel mezzo ci sono tante altre sfumature da tenere in considerazione, che possono essere bellissime e che valgono la pena di essere esplorate. Tra noi umani ci sono tante variabili che entrano in gioco quando entriamo in contatto gli uni con gli altri. Queste possono mescolarsi tra loro creando tantissimi tipi diversi di relazione che vanno dall’amicizia, all’amore, a tutto ciò che sta nel mezzo. Perché mettere dei limiti a tutto questo?

A dirla tutta trovo il titolo del film, così come il discorso di Alex, molto giudicante. Potremmo dire: “La verità è che non gli piaci abbastanza: ed è colpa tua, perché non sei abbastanza carina, simpatica, intelligente” e quest’ultima aggiunta ci starebbe proprio bene. E poi, cosa significa “piacere abbastanza”? Dove sta il limite? Quello che potrebbe essere abbastanza per me, potrebbe non esserlo per un altro. E poi, non si tiene in considerazione il fatto che nella vita è concesso cambiare idea e vedere a un certo punto le persone con occhi diversi. 

A mio parere un altro aspetto molto problematico è quello di voler a tutti i costi generalizzare i comportamenti delle persone e di volerle incasellare in determinati blocchi. Il film afferma più volte che le donne, tutte quante, si comportano in un certo modo e che gli uomini, tutti quanti, si comportano in un altro modo. È la stessa retorica che ci porta a dire che “Gli uomini (inteso come persone di sesso maschile) sono tutti uguali”.

Beh, no. Esistono uomini sensibili, poetici, sognatori, timidi, così come esistono donne pragmatiche, razionali, determinate, avventurose, al contrario di quello che “La verità è che non gli piaci abbastanza” vuole farci credere. E poi, esistono anche uomini feriti, traumatizzati, tristi, dubbiosi, spaventati. Il fatto che si neghi tutto questo ha un nome e si chiama mascolinità tossica. Gli uomini sono autorizzati a stare male, a piangere e a chiedere aiuto. Privarli della possibilità di farlo ha causato e continua a causare danni immensi.

Per concludere, credo che ognuno di noi sia unico al mondo. Ognuno di noi ha vissuto esperienze, ha visitato luoghi, ha conosciuto persone, ha visto cose che lo hanno plasmato e che lo hanno portato ad essere chi è. Ognuno di noi è un mosaico unico di esperienze, emozioni, pregi e difetti. Trovo perciò molto triste e limitante il fatto di voler a tutti i costi generalizzare i nostri comportamenti. Anzi, la trovo proprio una mancanza di rispetto verso l’unicità di ognuno. 

La verità, in buona sostanza, è che possiamo essere chi vogliamo e comportarci come vogliamo, fuori e dentro alle relazioni, indipendentemente dall’essere uomini o donne. Prendere coscienza di tutto questo è liberatorio. Sapere di non avere limiti, non vi fa sentire più leggeri?

Picture of Elisa Manfrin

Elisa Manfrin

Una risposta

  1. Grazie. Spesso mi ritrovo a rivedere dei film e a scorgere tutte le problematicità di certe narrazioni. Purtroppo moltissim* di noi sono cresciut* guardando questi film in prima serata, paragonando la loro vita a quella di queste storie tossiche, piene di stereotipi, manchevoli di rappresentazioni che portassero la realtà sullo schermo. Per fortuna i tempi stanno cambiando, i media e l’industria dell’intrattenimento ha capito che perpetuare certi cliché non porta guadagno: il pubblico ora è più attento e pretende maggiore attenzione per le dinamiche tra i personaggi e le “lezioni” che, a fine film, rimangono.

    Ti ringrazio per questo articolo 🧡

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