Cerca
Close this search box.

La schiavitù moderna del money marriage

Nel 2018 la BBC rilasciò un importante documentario. Un documentario che, nonostante non produsse molti cambiamenti, permise di fare luce su una tradizione di una tribù di Cross River State (Nigeria) che, come molte credenze e culture, possiede quel sapore di sfruttamento e schiavitù. Si parla della pratica delle money wives, le cui vittime sono solo delle bambine. Il fenomeno è riportato attualmente alla luce dall’attivista Tunde Onakoya.

Il fenomeno delle money wives

Questa pratica consiste nella vendita di bambine da parte delle loro stessa famiglia principalmente per due motivi: in cambio di denaro oppure per saldare dei debiti. E’ una vera e propria compravendita che a volte può aver luogo quando ancora la bambina non è nata. Scontato dire che il consenso non esiste minimamente. Già a quattro, sei anni possono essere date in spose a uomini molto più vecchi di loro, uomini dell’età di anche sessanta, settant’anni. La tribù di Becheve, composta da 17 villaggi in cui si manda avanti questa tradizione, si trova in Nigeria.

All’interno di queste comunità le bambine, ancora prima di diventare adolescenti sono stuprate e messe incinte. Il loro ruolo è quello di schiave. Questa pratica rappresenta un vero e proprio status symbol: nelle comunità dove esisteva gli uomini ottenevano un maggiore rispetto maggiore fosse stato il numero di mogli. Il contesto della povertà e l’inesistenza del consenso hanno creato una realtà di compravendita di bambine appena in grado di camminare e parlare per garantire ai più ricchi una maggiore rilevanza sociale. Ed è chiamata tradizione.

Gli abusi

Stupri, maltrattamenti, abusi emotivi e violenza fisica: le vittime subiscono tutto questo e non hanno possibilità di scelta. Beatrice Okumo fu venduta a 5 anni a un uomo di 50. I suoi genitori avevano dei debiti da saldare e per convincerla ad andare le dissero che si sarebbe presa cura di un bambino. L’uomo attese che Beatrice avesse 11 anni per stuprarla e metterla incinta. La ragazza ebbe sei figli con quest’uomo.

Le bambine non hanno alcuna voce in capitolo, ma vengono facilmente passate da una mano all’altra come oggetti. Non è permesso loro studiare e le loro stesse figlie rischiano di andare incontro alla stessa sorte. Oltre a tutto ciò molte rischiavano e rischiano ancora di morire proprio causa del parto: sono solamente delle bambine, troppo piccole per sopportare tali cambiamenti nel proprio fisico.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è moneymarriage.png

Cosa significava essere venduta

Il money marriage, dietro la finta facciata di “tradizione” è una vera e propria schiavitù per la vita, che non da alcun diritto d’istruzione o di una vita normale a queste bambine. Sono obbligate a sposarsi. In molti hanno dato la colpa ai genitori che le hanno vendute, ma bisogna chiarire che stiamo parlando di una società in cui i più poveri vengono sfruttati dai ricchi e spesso si tratta di una questione di sopravvivenza. Non vendono la propria figlia femmina per grandi cifre, ma solamente per potersi comprare del cibo.

Una volta sposate queste bambine non ottengono nemmeno alcun comfort da parte del marito: allo sfruttamento sessuale si unisce la schiavitù. Sono costrette a lavorare in casa o nelle fattorie dei loro anziani mariti. A tutto questo si aggiunge la violenza domestica a cui sono sottoposte, la scarsa igiene e l’assenza di un’educazione.

Una volta vendute, per la famiglia d’origine sono come morte. Non esistono possibilità per riaverle indietro, nemmeno se il marito le maltratta o muore. Nel caso della morte del marito il loro destino è quello di passare ad un altro membro maschio della sua famiglia. Nel peggiore dei casi, cioè se una ragazza muore senza aver dato figli, la sua famiglia è costretta a fornire all’uomo un’altra bambina.

In molti si sono chiesti perché le ragazze non cercassero di fuggire, ma questa costrizione a restare è più data da una sorta di scaramanzia, dal terrore di una credenza, più che dalla fedeltà. La paura era che se fossero fuggite sarebbe toccata loro una sorte ancora peggiore in quanto avrebbero infranto una tradizione e sarebbero state punite da un incantesimo. Una logica che pare stupida, ma che aveva il suo effetto.

Un viaggio verso la schiavitù

Quando la famiglia di Beatrice si ritrovò a dover far fronte a elevati costi ospedalieri, dovuti alle cure del padre, si rese conto che non avrebbero potuto ripagare facilmente i debiti. Ma il pagamento doveva essere effettuato e, come da tradizione, una bambina in cambio di soldi era la soluzione per sistemare ogni cosa. Questo almeno momentaneamente, perché essendo famiglie povere si ritrovavano spesso, nell’arco della loro vita, a dover far fronte ai debiti.

A 12 anni Beatrice si trova incinta e sposata a un uomo di quasi sessant’anni. Da lui ebbe sei figli, due dei quali morirono. Purtroppo in una situazione del genere non c’era via di scampo: nel caso una ragazza scegliesse la fuga o tentasse di tornare dalla propria famiglia il rischio è quello di essere uccisa. E in ogni caso la famiglia non la avrebbe riaccolta. Una volta venduta è una proprietà, un oggetto che non può essere restituito perché la famiglia non ha i soldi necessari per garantire la sua libertà.

La libertà di una bambina deve essere pagata. Beatrice si ritrovò a vedere anche le sue figlie portate via per essere usate a loro volta come pagamenti. Nessuna di loro poteva avere una volontà propria. Un’altra storia fu quella di Jennifer Abega, venduta a sette anni. I genitori lasciarono che suo zio la utilizzasse come pagamento. Jennifer venne venduta come se fosse una capra, utilizzata come schiava per i lavori nella fattoria, ma fortunatamente non fu stuprata perché l’uomo preferiva concentrarsi su altre donne.

Se a sei anni potevi essere sposata, a dodici potevi essere anche già vedova e passata al prossimo uomo. Alla morte del marito non sarebbero state restituite alla famiglia d’origine, anzi, se non c’era nessuno che se le poteva prendere venivano spinte in giro per le strade a cercare uomini tramite cui restare incinte.

Una questione di soldi

La fuga non era concepita. Anche se scappavano, magari dopo anni di duro lavoro, avrebbero dovuto ripagare l’intero debito da zero. Unica cosa che poteva renderle libere era il pagamento. Un pagamento che però nessuna di loro avrebbe mai potuto saldare. Alcune ragazze salvate da queste situazioni hanno dichiarato che andavano in spose a uomini i cui nipoti erano a loro volta genitori. Uomini che potevano avere anche novant’anni. Le bambine non avevano diritti, erano vendute o scambiate per regali o soldi. Era come se fossero un metodo di pagamento come un altro, protetto dalla parola tradizione.

Purtroppo in situazioni come questa non basta vietare una pratica, ma creare anche un clima che permetta il cambiamento del modo di pensare delle persone. Cambiare la mentalità di persone che nascondono abusi di ogni tipo dietro la volontà di proseguire credenze senza alcun fondamento è la strada per un reale cambiamento anche nella vita delle vittime. Mentre vecchi uomini tengono il loro status symbol, innocenti ragazzine si sono viste portar via la loro infanzia e veder ridotta la loro vita ad essere delle schiave.

Link BBC: Money wives: The Nigerian girls sold to repay debts – BBC News

La storia condivisa da Tunde Onakoya su Twitter: Money Wife In Becheve, Cross River: A Story By Tunde Onakoya – Culture – Nigeria (nairaland.com)

Erica Nunziata

Erica Nunziata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi Post

L’hai mai visto bene un porno?

Sessualità

A Sign of Affection: nel mondo senza suoni di Yuki

Attualità, Cinema, Femminismo, Letteratura, Recensioni

Evelyn Nesbit

Storia, Violenza di genere

Antonia Pozzi e l’infinito desiderio di leggerezza

Letteratura

Cookie & Privacy

Noi e terze parti selezionate utilizziamo cookie o tecnologie simili per finalità tecniche e, con il tuo consenso, anche per altre finalità come specificato nella Privacy Policy
Puoi acconsentire all’utilizzo di tali tecnologie utilizzando il pulsante “Accetta”. Chiudendo questa informativa, continui senza accettare.

Quando l’arte diventa consapevolezza: Francesca Menghini, Unbounded