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Felice della Rovere Orsini: la reggente di Bracciano

Ma per parlarvi di quelle che voi stesso conoscete, non vi ricorda aver inteso che andando la signora Felice dalla Rovere a Saona, e dubitando che alcune vele che s’erano scoperte fossero legni di papa Alessandro che la seguitassero, s’apparecchiò con ferma deliberazione, se si accostavano, e che rimedio non vi fusse in fuga, di gittarsi nel mare; e questo non si po già credere che lo facesse per leggerezza, perché voi così come alcun altro conoscete bene di quanto ingegno e prudenzia sia accompagnata la singular bellezza di quella signora.

Così inizia il XLIX capitolo de Il libro del Cortegiano di Baldassar Castiglione, uno dei più capaci cortigiani del Rinascimento italiano, al servizio del Duca di Urbino. La citazione di una donna vivente tra gli exempla di donne della letteratura greca e latina non può passare inosservata. Chi è questa Felice della Rovere che osa sfidare papa Alessandro VI, e perché ha avuto un ruolo di rilevanza nel panorama italiano rinascimentale?

La vita di Felice

Il padre di Felice è un personaggio molto conosciuto: il lavoro di Giuliano della Rovere non è uno tra i tanti, perché è un ecclesiastico. Giunto a Roma nel 1452, ottenne una posizione al Vaticano, e proprio questa sicurezza lavorativa lo spinse a lasciarsi andare rompendo il voto di castità con Lucrezia Normanni, appartenente a una delle famiglie più antiche e nobili di Roma. L’epiteto di Felice è eloquente: la figlia del Papa, perché quell’ecclesiastico sarà poi nominato Papa e prenderà il nome di Giulio II.

Il celebre ritratto di Giulio II a opera di Raffaello Sanzio

Con una vita familiare del genere Felice non poteva pensare di vivere nell’ombra. Nonostante la sua infanzia venne spesa lontano dalla vita pubblica, la sua età adulta fu certamente movimentata. Poco si sa riguardo a un suo primo matrimonio da cui sarebbe rimasta vedova, mentre è ben nota l’unione con Gian Giordano Orsini. Su tale unione si sa solo che Giulio II la approvò senza troppe cerimonie, dichiarando di non volere festeggiamenti pubblici per sua figlia, né si presentò alle nozze. Si tramanda poi l’eccentricità di Gian Giordano e diverse lettere riportano di un osculo galico, ovvero un bacio alla francese, dato dallo sposo alla sposina. Il matrimonio, celebrato nel 1506, non era destinato a durare molto: Felice si ritrovò ben preso sola.

La reggente di Bracciano

Dopo la morte di Gian Giordano Orsini nel 1517, il 22 gennaio 1518 Felice venne deputata dal primo Collaterale presso la Curia Capitolina quale tutrice e curatrice di Francesco, Girolamo, Giulia e Clarice suoi figli, promettendo di amministrare l’interesse dei pupilli, di redigere l’inventario dei beni e di rendere conto della sua gestione. Di fatto divenne l’unica reggente del regno di Bracciano, così come dimostrano le 1747 lettere indirizzate a lei dai suoi sudditi: richieste di aiuto, suppliche, consigli in qualità di governatrice ma anche come una sorta di madre a cui chiedere un rimedio per un mal di denti.

La vita di Felice non si limitava a Bracciano: si muoveva con facilità negli ambienti artistici di Roma, tanto da dover sorvegliare la realizzazione della tomba di Giulio II a opera di Michelangelo, una delle vicende più lunghe e complicate del Rinascimento.

Una donna in grado di farsi rispettare dai suoi sudditi, come quando intima a un suo vassallo di cacciare via un uomo ricercato nascosto nelle sue terre, e anche di tenere testa al figliastro Napoleone, che rinchiuse i suoi fratellastri nella Rocca di Vicovaro. Infatti, il figlio del precedente matrimonio di Gian Giordano, Napoleone Orsini, aveva perso le terre del padre poiché le clausole del contratto matrimoniale stabilivano che gli eventuali figli maschi nati da Gian Giordano e Felice avrebbero avuto la precedenza nella successione. Questo non gli impedì di mettere i bastoni fra le ruote ai suoi fratellastri, e fu naturalmente Felice a doverlo ammansire.

Una madre però non può perdonare tutte le colpe dei suoi figli: quando il suo secondogenito Girolamo confessò in una lettera di essere il mandante dell’omicidio di Napoleone (<scrivo in questo gravissimo erore>), si fece da parte, lasciando che la giustizia facesse il suo corso.

Ancora poco si sa della vita di questa incredibile personalità cinquecentesca: è certo, però, che la sua forza d’animo può ancora essere un esempio del passato da ricordare con ammirazione.

Fonti: “La figlia del Papa” di Caroline Murphy (2007).

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Gloria Fiorentini

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