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Scrittrici italiane e Resistenza

In che modo le scrittrici italiane raccontano la Resistenza? Molte delle autrici che hanno pubblicato negli anni immediatamente successivi alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo, includono quest’evento storico come tema nelle proprie opere letterarie.

Scrittrici italiane e Resistenza

All’inizio del secondo dopoguerra, molti autori si avvicinano alla poetica del neorealismo, che domina la temperie culturale del periodo. La stragrande maggioranza dei romanzi neorealisti presenta la Resistenza come tema centrale del racconto. Le scrittrici italiane scelgono dei percorsi letterari che, in maggiore o minore misura, ne prendono le distanze, assumendo, principalmente, due atteggiamenti differenti nel raccontare la Resistenza.

Alcune di loro si muovono entro un percorso di scrittura simile a quello degli autori neorealisti. Con uno sguardo di partecipazione al movimento, ripropongono la centralità del tema nei romanzi. Vi inseriscono, però, un elemento innovativo: il punto di vista femminile sulla vicenda. La storia, infatti, ha per protagonista un personaggio donna, richiamando così al suo interno temi ed elementi specifici di un universo diegetico al femminile.

Altre scrittrici italiane, in maggior numero, prendono le distanze dal percorso di scrittura maschile, riservano alla Resistenza un posto marginale nelle proprie opere letterarie.

Che il tema della Resistenza venga decentrato o meno, le scrittrici italiane si distinguono dagli autori per la scelta di restituirne il racconto tramite la soggettività dell’esperienza femminile. Quest’ operazione avviene o dando maggiore spazio alla vicenda personale della protagonista, al suo percorso individuale e ai suoi sentimenti, o assumendo il punto di vista alternativo di una donna coinvolta nell’azione partigiana. In entrambi i casi, é l’esperienza della soggettività femminile a diversificare materialmente i percorsi letterari delle opere scritte dalle autrici da quelle degli autori.

Renata Viganò ed Alba de Céspedes
Due esempi di scelte autoriali opposte sono quelle di Renata Viganò e Alba de Céspedes, autrici dei romanzi L’Agnese va a morire (1947, Einaudi) e Dalla parte di lei (1949, Mondadori). Entrambe le scrittrici prendono attivamente parte alla Resistenza, seppur con ruoli differenti.

Viganò, col nome di Contessa, partecipa inizialmente come staffetta, prima in Romagna e poi nelle valli di Comacchio, dove dirige il centro sanitario partigiano. Nel 1943, sfolla a Imola e l’anno dopo pubblica due scritti sul giornale clandestino «La Comune», in cui si rivolge alle donne italiane.

De Céspedes, alla firma dell’armistizio, fugge da Roma, rimanendo nascosta per un periodo nei boschi in Abruzzo, fino al superamento del fiume Sangro. Una volta giunta a Bari, inizia la trasmissione radiofonica “Clorinda. L’Italia combatte”, parlando ai cittadini di resistenza antifascista e invitando le donne italiane ad unirsi all’azione.

Nonostante Viganò scriva un romanzo neorealista, ad esso conferisce un tratto originale, grazie all’adozione del punto di vista femminile della protagonista. Invece, de Céspedes propone una contaminazione di generi letterari, in cui il romanzo neorealista rientra solo come una delle possibili letture.

In entrambi i casi, la proposta dell’elemento del femminile costituisce le specificità di questi romanzi. Infatti, così facendo, queste scrittrici propongono una rilettura di genere adottando un punto di vista femminile.

Agnese e Alessandra

Nei due romanzi, le protagoniste si uniscono alla Resistenza a partire da motivazioni personali. Agnese e Alessandra reagiscono alla forzata assenza dei propri mariti.

Per Agnese, l’adesione all’antifascismo è una reazione di pancia: spara al tedesco che ha fucilato la gatta di Palita, suo marito. A sua volta, l’uomo era stato arrestato e ucciso. Quindi, costretta a fuggire dal paese, va a trovare rifugio dai compagni di Palita. Agnese è una popolana semianalfabeta che si divide tra il lavoro nei campi e quello di lavandaia. Per lei, l’inserimento nel nucleo partigiano è un evento dirimente, che cambia per sempre la sua persona e la sua vita:

“Il suo contributo alla lotta clandestina prese il carattere di un lavoro costante, eseguito con semplicità, con disciplina, come fosse sprovvisto di pericolo”.

Da quel momento in poi, infatti, rimane nascosta con loro: cucina per tutti e ne ripara gli indumenti, fa da staffetta e da coordinatrice delle consegne.

Mentre, nel romanzo di Viganò, l’esperienza partigiana copre quasi tutto l’arco narrativo del racconto, quella nel romanzo di de Céspedes è circoscritta ad una sezione del romanzo.

Infatti, per la protagonista di Dalla parte di lei, l’azione partigiana è un singolo evento, parte del racconto memoriale sulla sua vita. Alessandra è una giovane donna laureata, che lavora come segretaria in un ufficio. La sua scelta di fare da staffetta risponde al desiderio di aiutare il marito Francesco, clandestino antifascista. Recatasi da Tullio, l’amico di Francesco che coordina l’azione partigiana, Alessandra dice di voler fare di più per Francesco:

“Ma Tullio disse che con queste cose non potevo aiutare Francesco, potevo aiutarlo solo con la mia volontà e col mio lavoro. Fu così che gli dissi di sì anche quando mi chiese di fare una cosa che egli giudicava molto difficile: quella della bicicletta e delle bombe. Io accettai subito […]”.

Le due donne sono molto diverse tra loro: Agnese è una donna pratica e risoluta, mossa da un dichiarato disprezzo per i tedeschi e i fascisti; Alessandra è una ragazza sognatrice e romantica, che nonostante registri il sentimento di ostilità generale verso i soldati invasori, vive nell’attesa di riabbracciare finalmente suo marito. Nonostante le loro diversità, entrambe compiono un faticoso e rischioso viaggio in bicicletta per il trasporto di materiale partigiano. In maniera differente, mettono in scena il ruolo essenziale rivestito da molte donne italiane nella lotta partigiana.

“La strada fu molto difficile e pesante. L’Agnese dovette scendere spesso e portare a mano la bicicletta che s’arenava nel fango. Fece poi tutto a piedi il tratto nei campi dietro l’argine per evitare il ponte. S’avventurò traballante sulla passerella, e prese la bicicletta in spalla. A metà credette di cadere nel fiume, le assi oscillavano, e la corrente rapida sotto di lei le faceva girare la testa. Riuscì a star dritta, a raggiungere la riva; trascinò ancora la bicicletta sù per la salita dura dell’argine, poi giù dall’altra parte. Finalmente di nuovo sulla strada […] Si asciugò la fronte sudata, tossì per essere sicura di poter mettere fuori la voce. Fino allora era stata così contratta che le faceva male la gola”. (L’Agnese va a morire)

“Pesava molto, il manubrio minacciava continuamente di sterzare: io ho le mani forti e tuttavia lo reggevo con difficoltà. Più ancora dovetti farmi animo quando vidi, a poche decine di metri, il posto di blocco. Le altre donne innanzi a me erano faticosamente curve sui manubri e, poiché dovevano passare una per una, già andavano mettendosi in fila. Io mormoravo “Francesco” dentro di me e così non mi pareva di andare verso il posto di blocco, ma verso di lui che immaginavo in piedi come nella fotografia, cappotto indosso, cappello in testa, aspettandomi. Forse per la commozione di andare verso di lui le mie gambe tremavano tanto forte; vi fu un momento in cui credetti di non aver più forza di pedalare: posai il piede
a terra, ed ero davanti al posto di blocco. Il milite metteva la mano nel cestino. Ma subito la ritirò, deluso. «Sempre piselli» disse. Ci guardammo, e io capivo che egli era stanco di essere lì, a controllare le donne che passavano con la verdura. «Sempre piselli» ripetei macchinalmente, e si capiva che anch’io ero molto stanca: sicché egli mi dette una spinta per il sellino senza sapere che, altrimenti, non sarei potuta ripartire perché non sentivo più le gambe e le bombe pesavano”. (Dalla parte di lei)

Scrivere la Resistenza delle donne

Tramite la lettura dei romanzi di queste due autrici, è possibile farsi un’idea sulla varietà che anima la narrativa femminile sulla Resistenza. Come visto all’inizio, le scrittrici italiane compiono diverse scelte autoriali, sia tra di esse, sia rispetto agli scrittori. Differenti tra loro, sono anche le protagoniste-partigiane di questa narrativa “dalla parte di lei”: donne diverse, con varie motivazioni dietro la loro scelta e con modi singolari di viverla.

Nonostante le tante differenze, però, i racconti delle scrittrici sono accomunati da una medesima specificità: la scelta di assumere il punto di vista femminile all’interno della narrazione. In questo modo, le scrittrici italiane restituiscono alle donne della Resistenza quella voce che, spesso, è stata loro negata.

Riferimenti bibliografici

Babini Valeria P., Parole armate. Le grandi scrittrici del Novecento tra Resistenza ed emancipazione, La Tartaruga, 2018.

De Céspedes Alba, Dalla parte di lei, Mondadori, 2022.

Viganò Renata, L’Agnese va a morire, Einaudi, 2014.

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Maura Catania

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