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Charlotte Corday, Violet Gibson e la violenza politica femminile

Nel passato ci sono stati molti attentati politici. Tra gli attentatori, benché in minoranza, c’erano anche donne. Collocandosi nel campo della forza e degli ideali, il carattere eversivo di un simile gesto femminile è duplice: queste donne hanno fatto propri degli spazi tradizionalmente maschili.

Tralasciando se sia lecito o meno uccidere il tiranno, nella storia ci sono stati i gesti estremi di due donne, che hanno segnato due epoche molto diverse tra loro.

La prima è Charlotte Corday, omicida del politico Jean-Paul Marat; la seconda è Violet Gibson, attentatrice di Benito Mussolini. Alla base di questi due gesti, è da riconoscere una formazione ideologica e politica.

L’omicida della Rivoluzione francese

Marie-Anne Charlotte de Corday d’Armont nasce nel 1768, in una famiglia povera ma di origini nobili, nel sud-est di Francia. A causa della prematura morte di sua madre, cresce a Caen (Normandia) in un convento.

La Rivoluzione francese segna la vita di Charlotte: il governo rivoluzionario abolisce gli ordini ecclesiastici, per cui abbandona forzatamente il convento. Si trasferisce da una vecchia zia, dedicandosi alle letture di Voltaire, Rousseau e autori antichi. In questi stessi anni, Charlotte simpatizza con la fazione dei girondini.

Tra il 1792 e il 1793 gli eventi storici precipitano: nei massacri di settembre, tantissime persone vengono giustiziate. Tra esse, il parroco della famiglia Corday. Da qui, forse, la decisione di assassinare il fautore delle esecuzioni: Jean-Paul Marat, deputato della Convenzione nazionale.

Perciò, mette in atto il suo piano: va a Parigi per incontrarlo, con la scusa di rivelargli i nomi dei traditori della Rivoluzione. Ricevuta in casa sua, lo incontra mentre faceva il bagno nella vasca. Qui lo assassina con un coltello, uccidendolo sul colpo. Charlotte viene subito arrestata: la folla la contesta e la aggredisce. Marat viene santificato, mentre la fazione di Charlotte è demonizzata e presto eliminata. Poco tempo dopo, viene giustiziata.

Paul Baudry, Charlotte Corday (1860)

L’attentatrice del duce

Violet Albina Gibson nasce nel 1876, in una nobile famiglia irlandese, figlia del barone di Ashbourne, deputato, Lord Cancelliere d’Irlanda, frequentatore della corte della regina Vittoria. Cresciuta in un ambiente agiato, rigido, monarchico e di fede protestante, si converte al cattolicesimo e abbraccia gli ideali repubblicani.

Nel 1914, si unisce al movimento contro la guerra, al Congresso Internazionale delle Donne per la Pace e aderisce all’antifascismo. Questi anni di formazione intellettuale e politica, secondo le testimonianze, sarebbero stati travagliati da alcuni episodi di violenza, compiuti verso gli altri e verso sé stessa.

Il 7 aprile 1926 spara a Mussolini, di rientro al Campidoglio sulla sua automobile decappottabile. Mentre il primo colpo gli sfiora il naso, i successivi non partono, perché la pistola si inceppa. Violet viene subito fermata e arrestata.

Le fanno un esame psichiatrico e viene sottoposta a due visite ginecologiche, dalle quali risulta essere sterile: tale condizione conferma la certificazione di pazzia ai medici del tempo. L’anno dopo, grazie all’influenza politica dei parenti, rientra in patria, dove viene ricoverata, in tutta segretezza, all’Ospedale St. Andrew per le malattie mentali da dove non uscirà più, fino alla sua morte.

Foto segnaletiche di Violet Gibson

La violenza politica femminile

Negli anni, il silenzio storico sulla violenza politica di genere si sta sempre di più indebolendo. In alcuni casi, però, ha lasciato il posto anche ad un’operazione di depoliticizzazione degli atti.

Ad esempio, se ne sono sottolineati motivi differenti, estranei alla politica. In molti racconti il tentato omicidio di Violet Gibson è passato spesso alla storia esclusivamente come altro dalla politica, in ragione della sua condizione psichiatrica. Un’altra chiave di lettura è stata quella della donna-mostro, capro espiatorio di una violenza sociale diffusa e da eliminare, come nel caso di Charlotte Corday e i girondini.

L’estremità della violenza agita dalle donne nella storia è un tabù sociale, tanto più se orientata in un senso politico. In realtà, sono molti i gesti simili che andrebbero riscoperti per arricchire quadri storici rimasti ancora incompleti.

Fonti

Fanny Bugnon, À propos de la violence politique féminine sous la Troisième République, in  Impossibles victimes, impossibles coupables, 2009

Cossutta Azzurra, VIOLET ALBINA GIBSON. LA STORIA DELLA NOBILDONNA IRLANDESE CHE SPARÒ A MUSSOLINI, The Vision, 2021

Andrew Lynch, The Lady Killers, Irish Indipendent, 2010

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Maura Catania

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