“Felicemente seduta” di Rebekah Taussig non è solo un libro, è uno schiaffo in piena faccia. È quel
testo che, con molta lucidità, ti fa pensare che forse, questo mondo, non è fatto per le persone. O
almeno, non per tutte.
Qual è il limite tra una persona abile e una persona disabile non è un qualcosa di definito, ma è mutevole e fortemente influenzato dalla società. È questo che Taussig vuole trasmetterci: quanto siamo noi e l’esterno parte del problema e quanto sia importante cambiare prospettiva. Lei che da bambina viveva e percepiva il mondo a modo suo, strisciando, sognando e ballando, crescendo impara che il suo posto è ai margini. Non solo la società capitalista le dice che se non può produrre o lavorare con costanza allora vale meno, ma anche lo spazio intorno a lei e le persone con cui si rapporta le ricordano costantemente che non è poi così gradita: è la rampa che non fa entrare in casa, sono le costose spese mediche, è quella persona che ricorda quanto sei un’eroina per il semplice gesto di sorridere o quella che, invece, esagera con la sua gentilezza senza vedere veramente le esigenze dell’altr*. E tu, persona abile che stai leggendo, cosa pensi della disabilità? Quali pregiudizi hai? Cosa pensi delle persone disabili e di come vivono la loro vita? L’autrice mette in luce quanto il nostro modo di rapportarci alla disabilità sia spesso svilente per le persone disabilizzate, percepite frequentemente solo come sofferenti o come un reminder costante che c’è sempre di peggio. La verità è che tutt* noi siamo momentaneamente abili, che, se avremo il privilegio di invecchiare, saremo automaticamente disabili e che, addirittura, in un qualsiasi momento o per qualunque motivo possiamo diventare persone disabili. Per disabilità non s’intende solo la perdita di mobilità nelle gambe, ma riguarda anche le neurodivergenze, la malattia, o qualsiasi altra condizione che non ci permette di interagire senza ostacoli con l’ambiente che ci circonda. Di fronte a questa definizione, ti richiedo, qual è il limite tra una persona abile e una disabile? Quanto veramente ci troviamo a nostro agio nello spazio? Quanto è accogliente l’esterno, ma soprattutto, per chi è più accogliente? In una società che esige di non essere malat* per non perdere il proprio tempo, di produrre costantemente e di essere sempre impegnat*, quanto ci siamo noi in questa narrazione?
Tutte le domande che ti ho posto in questo articolo me le sono poste anche io. Il libro di Taussig, che altro non è che il racconto della sua vita e della sua visione del mondo, apre un dibattito enorme che non può non riguardare chiunque e non può non farci cambiare il modo di vedere le cose. Perché se vogliamo essere femministe o anche solo delle persone rispettose, ogni esistenza va posta al centro, mai ai margini, e ogni narrazione non è altro che una ricchezza, mai un difetto.