Se dovessi descrivere con un solo aggettivo il libro “Il giusto peso” direi che è pesante. Il corpo è pesante, la sua percezione è pesante e la vita stessa è pesante. Kiese Laymon, l’autore, ci fa scoprire la sua storia senza filtri, facendoci percepire, per l’appunto, la pesantezza del vivere in un corpo nero e in un corpo grasso in una società profondamente razzista e grassofobica.
Il peso all’interno del libro scandisce le fasi della vita Laymon, ma non solo: è parte integrante delle sue decisioni, del suo rapporto con le altre persone e, soprattutto, della relazione che ha con sé stesso. Non c’è momento o esperienza della sua vita che non sia influenzato dal pensiero del suo corpo: la sua camminata è lo sfregamento delle sue cosce, i suoi rapporti sessuali sono anche la paura di sudare e la violenza subita si misura nel cibo che ingerisce. Non è mai una fame di piacere, ma è un’ingordigia autolesionista che l’autore, pur non di ferire le altre persone, si autoinfligge. Anche il dimagrimento diventa ossessione e un atto autopunitivo: non è la perdita di peso che rimuove il dolore, non è distruggendo e riassemblando un corpo che si raggiunge la felicità. La modalità con cui Laymon racconta il suo rapporto con il cibo non può non farci riflettere sull’importanza che il peso assume nella nostra società e di quanto un numero possa inevitabilmente segnare l’identità di una persona.
Ma non è solo il peso il centro del libro: l’autore, infatti, abita anche un corpo nero. Nascere con un colore della pelle che non sia bianco fa sì che l’esterno abbia già scritto parte della tua storia ancora prima di formare il tuo carattere: vuol dire subire tutta una serie di pregiudizi da cui è difficile scappare. Significa che le azioni e gli errori di una persona nera sono assimilabili a tutta la comunità nera, che bisogna fare il doppio per ricevere la metà e che si ha la necessità di prestare costante attenzione al proprio comportamento. Insomma, avere un peso maggiore sulle proprie spalle. E Laymon, anche qui, descrive la sua esperienza in modo così diretto che, in quanto a persona bianca, non posso che sentirmi toccata e non posso che chiedermi cosa sto sbagliando, cosa potrei fare di più e come potrei comportarmi meglio. Nonostante il contesto in cui ha vissuto l’autore sia differente dal mio, non posso sottrarmi dalla riflessione e dall’azione.
I libri come “Il giusto peso”, per quanto difficili possano essere, sono essenziali per permetterci di empatizzare e comprendere esistenze diverse dalla nostra. Sono voci importanti e occasioni per metterci in discussione e non dimenticare mai che nessun corpo è neutro, nessuna esperienza deve essere messa da parte e chiunque di noi ha un privilegio ha anche la responsabilità di cambiare le cose.