Raccomandazioni

I ruoli di genere come veicolo di stereotipi

“[I ruoli di genere sono] un insieme specifico di azioni sociali e comportamentali che sono considerate appropriate per un dato genere.” Generalmente ne possiamo evidenziare due, femminile e maschile, seppur declinati in maniera diversa per ogni luogo. Il nostro ruolo è ciò che noi impariamo dalla società in cui cresciamo e dagli insegnamenti e desideri delle nostre figure genitoriali.

Negli ultimi tempi è però subentrato un fattore non trascurabile: la narrazione e definizione del sé si è spostata sul piano digitale. I social media hanno mutato le stesse modalità di socializzazione tra i giovani. Tramite questa narrazione, condividiamo cose che concorrono alla costruzione della nostra immagine, che va a definirsi all’interno di un social network.

Succede che, dentro il mondo dei media, immagini e rappresentazioni riproducono stereotipi polarizzati, a tratti quasi anacronistici, rispetto alla realtà storica. Quante volte avete sentito la frase “Ma com’è possibile, siamo nel 2024!”, quasi a stupirsi dell’assurda presenza di certi modelli (più sotto prenderò in esempio uno di questi).

Naturalmente, gli stereotipi che intendiamo, non riguardo solo i corpi o le professioni, ma anche le relazioni interpersonali. Ecco perchè spopolano narrazioni romantiche di gelosia e possesso, perché gli stessi ragazz* le praticano. Il mito della gelosia come prova d’amore è presente, viene accettato (e normalizzato) il condividere con il proprio partner la posizione, le password, le proprie cose private. Ma queste pratiche di controllo sono forme di violenza indiretta. Controllo, possesso, gelosia vengono valutati dai giovani come giusti e volti, in una certa misura, a dimostrare la validità della relazione. Ma non dovrebbe essere così. Ricordiamoci che, sentimenti come la gelosia, provengono da un vissuto individuale di insicurezze che porta a dubitare sia di sé che dell’altro. Non è tutela di un rapporto che funziona. E purtroppo, in molti casi, si vede ancora nella vittima una certa responsabilità delle condotte violente a cui è assoggettata. Esempio ne sono i ragazzi che vengono controllati dalla fidanzate, oppure il comune pensiero che chi invia foto intime sia responsabile di “accettare” sempre i rischi che corre.

Il rischio maggiore, che già accade, è che l’ambiente digitale, con le sue permissioni, radicalizza e rende massive le discriminazioni e le violenze di genere. Pensate ai gruppi su Telegram: in totale anonimato, ho il potere di diffondere foto e dati personali. Ed ecco che nascono i gruppi “Stupro tua sorella”, “Canile minorile”. Spaventoso, eh? In fondo il ruolo del genere femminile è ancora quello rappresentato alla perfezione da una specifica sindrome, il Madonna-Whore dichotomy.

Eppure spunta un dato che sembra lasciare un po’ di speranza: le generazioni più giovani, da un rapporto di Save the Children (Le ragazze stanno bene?, 2024), sono in grado di riconoscere che c’è un problema in questi ruoli, sono più consapevoli, ma purtroppo non sono preparati, non sanno che strumenti utilizzare. Sono più informati, ma purtroppo non hanno ancora interiorizzato e fatto proprie delle nuove modalità relazionali.

Il rischio degli stereotipi di genere dovuti ai ruoli resta alto, se continuiamo a ritenere che le ragazze siano più competenti dal punto di vista affettivo e relazionale, stiamo attribuendo loro un ruolo che comporta determinate aspettative. E, al contempo, gli stessi ragazzi sembrano inconsapevoli delle loro potenziali pericolosità, non per forza per la violenza, ma anche per un modello relazionale sbagliato. Ogni dibattito sul tema rischia di causare però negazione, o perlomeno un atteggiamento sulla difensiva. Risulta sempre difficile decostruire i ruoli che ci hanno insegnato fin dall’infanzia e confrontarsi per costruire nuovi modelli relazionali e mettere in atto un’educazione affettiva. Ma non è impossibile.

Il fenomeno delle trad wife

Ho terminato di recente un massivo rewatch de Il racconto dell’ancella, la serie tv tratta dall’omonimo romanzo, che racconta un distopico futuro in cui la società è organizzata su ruoli di genere ben precisi. Le donne ritornano all’interno delle case, al servizio degli uomini. Mi chiedo da dove mi sia partita la volontà di riguardarmi un’intera serie così dolorosa, tutt’al più non essendo tipa da rewatch.

Passo una parte delle mie giornate sui social, ed ho imparato ad osservarne i meccanismi e giudicarli, seppur io stessa capiti di caderci immersa fino al collo. Il caso di Ballerina Farm (Hannah Neeleman), o delle altre trad wife (sono le mogli tradizionali, come Nora Smith, Emily Mariko), sponsorizzato a migliaia di persone, mi ha spaventata. Si vedono queste donne, perfette e curate, giovani e piene di talenti, proporre uno stile di vita tradizionale, in cui si occupano dei figli, della casa, e cucinano ogni cosa partendo da zero. Sembra il modello di moglie anni ’50, una sottomissione volontaria.

Mi sono chiesta se davvero questa donna, Hannah Neeleman, abbia scelto consapevolmente di cambiare il suo obiettivo di vita da ballerina di successo, a New York, a casalinga e mamma di otto figli in un ranch familiare nello Utah. Qui trovate l’intervista fatta a lei, che ha suscitato molte polemiche.

Le reazioni, come succede sempre sui social, sono state molto polarizzate. Chi difende i valori familiari e religiosi, chi invece pensa non sia possibile cambiare idea così radicalmente e guardano a queste donne come vittime di sottomissione.

Parlandone con amiche, ci è sorta la domanda, ma non è che, in alcune occasioni, brandendo la spada del femminismo, diamo per scontato che ciò che desideriamo noi, lo desiderino anche le altre? Non sto parlando di diritti, ovviamente, su quelli non si dovrebbe nemmeno discutere, ma parlo delle personali scelte di vita. Il lavoro, la famiglia, la religione, un animale domestico. Ognuno percorre la strada che sente più sua nella realizzazione personale.

Eppure questo dovrebbe avvenire nel momento in cui tutt* siamo perlomeno liberi dal controllo altrui e dalle aspettative della società nei nostri confronti. Dovrebbe prescindere dai ruoli di genere che ci vengono imposti. Neeleman lo è?

Poi questo mito, fenomeno, della moglie tradizionale, è portato in voga dai ricchi. Le ragazze che sponsorizzano questo stile di vita sui social hanno la possibilità economica per farlo. Sono perfette in tutto, dal trucco, l’abbigliamento, i toni, i loro stessi figli. Pensare di crescere, oggi, otto figli facendo la casalinga, in una situazione normale sarebbe impossibile. Il marito di Neeleman, non a caso, è l’ereditiere di una compagnia aerea milionaria. Oltre al fatto che, creare contenuti così ben studiati e realizzati, è già di per sé un lavoro che si discosta dal fare la semplice casalinga anni ’50. Subentra quindi il sospetto che tutto questo, l’onda delle trad wife, sia solo lo sfruttamento di un trend per fare marketing e pubblicizzare la propria azienda.

Si vende una fantasia, per quanto riguarda loro è quella della vita nel ranch e del ritorno alle tradizioni. I figli vengono educati in casa e in posti come gli USA, vedere una giovane donna che cucina ogni cosa, dal pane al formaggio, partendo da zero, con i suoi stessi prodotti, non è cosa da poco. Strano quindi pensare che anche questo non faccia parte del marketing, visto che sul sito di Ballerina Farm si trovano in vendita i loro prodotti.

Ciò che queste trad wife producono è però l’estremizzazione del ruolo della donna, non considerando che non tutti partono dalle stesse possibilità, bisogna riconoscere i propri privilegi. Esistono fattori socioculturali ed economici che impediscono la realizzazione di questi obiettivi per la maggior parte delle persone. Per molti già solo cucinare richiede tempo ed impegno che spesso non hanno.

Quindi, che sia solo marketing? Quali sono i rischi a livello sociale? E’ realmente solo strumentalizzazione della donna o possiamo parlare di una vera e propria propaganda?

Mi piacerebbe, per chi ha spunti o pensieri da condividere, se ha piacere, creare un piccolo dibattito nei commenti o scrivermi sul profilo @leftybitch. Sono molto curiosa di cosa potrebbe uscirne!

Picture of Erica Nunziata

Erica Nunziata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi Post

Normalità (?): La cerimonia della vita di Murata Sayaka

Attualità, Letteratura, Recensioni

Ma perchè devi sempre difendere le femmine?

Femminismo, Violenza di genere

“Kim Jiyoung, nata nel 1982”

Biblioteca digitale, Letteratura, Recensioni

Arcano numero tre: l’Imperatrice.

Arte

Cookie & Privacy

Noi e terze parti selezionate utilizziamo cookie o tecnologie simili per finalità tecniche e, con il tuo consenso, anche per altre finalità come specificato nella Privacy Policy
Puoi acconsentire all’utilizzo di tali tecnologie utilizzando il pulsante “Accetta”. Chiudendo questa informativa, continui senza accettare.

Visual storytelling negli autoritratti di Iness Rychlik

L’odierna esaltazione dell’infelicità