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Yes, she can! Kamala Harris e la sua lotta per i nostri diritti

Ce lo sta dimostrando lei stessa con i suoi discorsi, ma se anche Michelle e Barack Obama la appoggiano, allora io non ho dubbi! “Yes, she can!”, dicono i coniugi Obama a chi domanda loro impressioni sulla candidata alla presidenza. Finché si manteneva nascosta all’ombra di Joe Biden, nessuno avrebbe scommesso alcunché su Kamala Harris. Eppure, da quando il suo nome è diventato il nuovo riferimento dei democratici per la futura presidenza, ci siamo trovati davanti a una candidata carismatica, attenta e pronta a lottare per quei diritti così tanto bistrattati dai repubblicani.

Kamala Harris e Barack Obama

Nata da madre indiana e da padre giamaicano, Kamala Harris capisce bene come ci si senta ad essere trattata come figlia di immigrati negli Stati Uniti. Da piccola, dopo il divorzio dei genitori, andava a visitare il padre a Palo Alto. Lì, insieme alla sorellina, scoprì che i bambini dei vicini le tenevano a distanza e non potevano giocare con loro perché erano nere. Ma il tempo passa e Kamala cresce, cercando la sua strada.

Dopo la laurea in Giurisprudenza, nel 1990 diventa avvocata ed entra nell’ufficio del procuratore di Oakland, concentrandosi sui crimini sessuali. In tre anni il tasso delle condanne sale dal 52 al 67%, tanto da attribuirle l’etichetta di procuratrice di ferro. Kamala diventa procuratrice generale e poi alleata di Barack Obama ed una dei suoi fundraiser in California. La eleggono in senato nel 2016 e ci è rimasta fino al 2021, quando è entrata in carica come vicepresidente. Nel suo primo discorso con questo ruolo, vestita di bianco in omaggio alle suffragette, ha detto: «Anche se sono la prima donna a ricoprire questo incarico, non sarò l’ultima. Qualunque bambina ci stia guardando stasera può vedere che questo è il Paese delle possibilità».

Le battaglie che Kamala Harris ha portato avanti nell’ultima parte del suo mandato di vicepresidente, sono molte. Da quelle a favore dei diritti della comunità Lgbtq+ alla difesa del diritto all’aborto. Dopo che i sei giudici conservatori della Corte Suprema hanno rovesciato il diritto all’interruzione di gravidanza, questa sua lotta è diventata un punto focale. Ha perfino intrapreso un tour nazionale incentrato sui diritti riproduttivi. Quando poi il senatore JD Vance dell’Ohio è stato nominato compagno di corsa di Trump, Harris lo ha subito criticato per aver bloccato le protezioni per la fecondazione in vitro.

Dopo l’annuncio e il ritiro di Joe Biden dalla corsa alla presidenza, Kamala Harris è diventata la naturale sostituta del candidato democratico. Ciò l’ha messa sotto un riflettore che non aveva davvero mai affrontato prima. In molti all’inizio non erano fiduciosi verso questa candidatura, ma è bastato il dibattito televisivo contro il suo avversario e evidenziare che lei può farlo davvero. In generale, la Harris è sembrata uscire nettamente meglio dal confronto. È apparsa autorevole ed efficace, non ha avuto inciampi e spesso si è rivolta agli elettori guardando direttamente nella telecamera. Ma soprattutto, è riuscita a innervosire più volte Trump e metterlo sulla difensiva. Da parte sua, Trump ha alternato affermazioni false (è stato spesso corretto dai moderatori) e attacchi personali, ed è via via apparso sempre più irritato.

Donald Trump e Kamala Harris durante il dibattito per la Presidenza sul canale della ABC.

Sull’aborto e i diritti riproduttivi, la Harris ha sottolineato le difficoltà che affrontano le donne americane in quegli Stati dove è vietato interrompere la gravidanza, ma anche dove per le aspiranti madri è difficile accedere alle cure ormonali e alla fecondazione in vitro. Ha insistito molto sul fatto che debba essere il governo a occuparsi di queste questioni. Trump ha falsamente dichiarato che i democratici avrebbero intenzione di autorizzare interruzioni di gravidanza nel nono mese. Ha addirittura affermato che vogliano “giustiziare” i neonati. Harris ha replicato sottolineando come l’abolizione del diritto federale all’aborto sia la conseguenza diretta della nomina alla Corte suprema di tre giudici conservatori da parte di Trump. La Harris ha affermato che “il governo non dovrebbe dire alle donne cosa fare con il proprio corpo”.

Per tutta la durata del confronto, Trump è tornato più volte sul tema dell’immigrazione, una delle materie sui cui il Partito repubblicano è considerato più forte. L’ex presidente ha affermato che l’amministrazione Biden-Harris ha permesso l’ingresso irregolare di milioni di criminali nel paese. In questo frangente, credo sia arrivata l’affermazione forse più assurda di Trump. Il tycoon ha parlato di immigrati da Haiti che avrebbero mangiato i cani e i gatti in Ohio: “Stanno mangiando gli animali domestici delle persone che vivono lì. Questo è quello che sta succedendo nel nostro paese, ed è una vergogna”, ha detto, prima di essere smentito dai moderatori.

Insomma, Kamala Harris ha incalzato Trump per tutto il dibattito, puntando sugli argomenti a cui è notoriamente sensibile. La vicepresidente ha citato per esempio le persone che abbandonerebbero esausti i comizi di Trump prima dalla fine e gli ex collaboratori che l’hanno definito “pericoloso e inadeguato”. Harris ha anche ricordato che l’ex presidente è stato di fatto “licenziato da 81 milioni di persone” quando non è stato rieletto nel 2020.

Che i tempi siano davvero maturi per una donna alla Casa Bianca? Io ci spero!

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Selenia Romani

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