Un giorno andiamo tutte a prendere il sole sull’Isla de los Patos, in zona Alberdi. Ci infiliamo la minigonna e una canotta molto corta, oppure direttamente il reggiseno, ardite.
Ci sdraiamo sull’erba e ci spalmiamo Coca-Cola su tutto il corpo, per abbronzarci meglio.
Siamo ricoperte di zucchero, attiriamo le api.
Siamo i fiori dell’Isla de los Patos.
Mai come in “Le cattive” di Camila Sosa Villada ho visto un esempio di sorellanza così forte e dirompente. Un legame nato dalla società che ha spinto le trans, così definite nel libro, al di fuori della quotidianità, lontane dagli occhi delle città. Sono animali notturni, un branco che si muove nel silenzio e che cerca disperatamente l’amore in un mondo che ricorda loro che non meritano persino di esistere.
Camila, autrice del libro nonché protagonista, per essere se stessa in un corpo trans deve inevitabilmente fare i conti con il suo destino, inciso sulla sua pelle nel momento della sua nascita: quello di diventare una prostituta. L’essere una trans sex worker, per molte persone nel contesto dell’Argentina degli anni Novanta, significa essere spinte forzatamente al di fuori dei confini della società considerata civile, rilegate a un lavoro ritenuto impuro, il tutto come se fosse una punizione per aver superato un limite imposto dall’esterno. L’esperienza delle trans sex worker è caratterizzata da tanta violenza; una violenza che viene costantemente perpetrata poiché ritenuta accettabile su un corpo trans, totalmente svuotato della sua umanità e continuamente oggettivato e animalizzato. Ma la forza delle trans sta nel trovare il bello anche nelle esperienze più buie: venir considerate animali le ha trasformate in un branco, delle lupe che vivono in simbiosi e che si difendono a vicenda con le unghie e con i denti, delle cagne pronte a tutto pur di sopravvivere.
Le trans del libro, infatti, non sono solo amiche, ma sorelle di lotta. Non importa la simpatia o l’antipatia per una compagna: le sorelle accorreranno sempre in soccorso in caso di necessità. Una protezione e una cura rare che si possono percepire solo entrando in casa di Zia Encarna, madre di tutte le trans. Questo forte legame, inoltre, si percepisce in tutte le altre esistenze marginalizzate presenti nel libro (come gli uomini senza testa), unite, paradossalmente, dalla violenza e dai soprusi subiti, come se il male del mondo riuscisse a lasciare dietro di sé della bontà collaterale. Perché in fondo, ciò che le trans perseguono è l’amore, che sia verso se stesse o verso altre individualità, elemento fondamentale reso palese dalla presenza dello Splendore degli occhi.
In “Le cattive” non troverete solo questo: avrete l’onore di assistere alla metamorfosi dei corpi, alla magia, alle storie nude e crude delle protagoniste e vi arrabbierete addirittura per il trattamento e la mancanza di cura riservate agli spazi urbani. Un libro carico di esperienze ed emozioni, da non lasciarsi sfuggire.