Durante l’ultima edizione della Piazza delle Lingue organizzata dall’Accademia della Crusca (6-9 novembre 2024) una serie di eventi hanno visto susseguirsi diversi ospiti del calibro di Zerocalcare, Maurizio de Giovanni, Renato Carpentieri. L’evento dell’8 novembre, in particolare, si è soffermato sull’italiano analizzato all’interno delle letterature migranti.

Cosa sono le letterature migranti
Negli ultimi anni, gli studi letterari si sono progressivamente distanziati dalla nozione di “letteratura nazionale”, privilegiando un approccio transnazionale che supera i confini territoriali e linguistici. Questa prospettiva non è nuova: già nel 1827 Johann Wolfgang von Goethe suggeriva di sostituire il concetto di letteratura nazionale con quello di Weltliteratur (letteratura mondiale), opponendosi alla visione di Johann Gottfried von Herder, che legava lingua, nazione e letteratura in modo inscindibile. Tuttavia, il progetto di Goethe si è rivelato complesso e, nei termini originali, difficilmente realizzabile.
A partire dagli anni Novanta del XX secolo, l’analisi del campo letterario ha inevitabilmente integrato approcci interdisciplinari, spesso considerati antagonisti alla letteratura nella tradizione culturale occidentale. Discipline come sociologia, politica ed economia, arricchite da implicazioni etiche ed estetiche, hanno dato vita a nuovi ambiti di studio, soprattutto in ambito anglosassone, come i gender studies, gli ethnic studies e i postcolonial studies. Questi studi sono un’arma a doppio taglio: rischiano di discriminare autori e produzioni letterarie separandoli dal loro contesto storico-culturale.
Il romanzo è considerato il genere letterario che meglio riflette le trasformazioni del campo letterario e i suoi rapporti con il mondo. Negli ultimi decenni, il dibattito teorico si è concentrato sull’opposizione tra “letteratura mondo” e “global novel”, quest’ultimo inteso come un romanzo orientato alla dimensione globale commerciale. Questa discussione, influenzata da concetti come centro/periferia e planetario/globale, si intreccia con categorie recenti come le –fonie (francofonia, ispanofonia) o le letterature postcoloniali, generando confusione terminologica.
Negli anni Ottanta, il concetto di “letteratura del Commonwealth” proponeva un ordine multiculturale globale, ma scrittori come Salman Rushdie evidenziavano le difficoltà legate alla condizione migrante, trasformandola in un’opportunità per ridefinire identità e appartenenza. In Francia, il dibattito ha preso forma nel 2007 con il manifesto Pour une littérature-monde en français, firmato da 44 autori che proponevano una letteratura transnazionale oltre la “francofonia”, con la lingua libera da legami nazionalistici e aperta al dialogo culturale.
Parallelamente, è emerso il concetto di migritudine, che descrive autori migranti o espatriati capaci di affrontare temi di appartenenza senza vincoli geografici. Questi scrittori rivendicano identità plurali e una produzione letteraria moderna e globale. In Italia, invece, la “letteratura migrante” nasce da fenomeni migratori contemporanei e si sviluppa inizialmente come sottotraccia (Gnisci 2003), con testi autobiografici spesso pubblicati da piccole case editrici. Negli ultimi anni, grazie all’interesse delle grandi case editrici, autori di seconda generazione come Igiaba Scego e Cristina Ali Farah, o scrittrici più giovani come Sabrina Efionayi, hanno conquistato un posto significativo, portando le loro esperienze nel panorama letterario italiano e rivelando la ricchezza di una prospettiva culturale nuova e plurale.
Igiaba Scego
Igiaba Scego, autrice italo-somala di spicco nel panorama letterario italiano, si distingue per la capacità di intrecciare la storia personale con le ombre del passato coloniale italiano. Le sue opere, tra cui La mia casa è dove sono (2010) e Adua (2015), affrontano temi come il razzismo, il colonialismo e la memoria, proponendo una narrazione alternativa a quella dominante.
In Adua, Scego racconta la storia di una donna somala emigrata in Italia e il suo complesso rapporto con il passato coloniale italiano. Attraverso questa vicenda, l’autrice esplora i traumi ereditati e le contraddizioni di un’identità che si muove tra la Somalia e l’Italia. La scrittura di Scego è caratterizzata da una sensibilità profonda verso le ingiustizie storiche e da un impegno nel raccontare le storie spesso dimenticate delle comunità afrodiscendenti.
In La mia casa è dove sono, invece, l’autrice si concentra sulla propria esperienza di vita: la casa diventa metafora di un’identità in continuo movimento, un luogo non geografico ma esistenziale.
Tra i suoi ultimi romanzi, vanno segnalati La linea del colore, vincitore del Premio Napoli nel 2020, e Cassandra a Mogadiscio, arrivato tra i dodici semifinalisti del Premio Strega del 2023.

Sabrina Efionayi
Sabrina Efionayi, nata a Castel Volturno da genitori nigeriani e cresciuta in Italia, porta nella sua scrittura un’interessante riflessione sull’identità diasporica. La sua opera d’esordio, Addio, a domani (2022), è una testimonianza autobiografica che affronta il tema dell’abbandono, dell’adozione e del legame con la madre biologica.
Il racconto di Efionayi si sviluppa attorno al tentativo di riconciliare due identità: quella italiana, costruita attraverso l’esperienza quotidiana, e quella nigeriana, legata alla memoria e al desiderio di riscoperta. Nel libro, l’autrice si confronta con il dolore di sentirsi divisa tra due mondi e con la lotta per affermare una narrativa che la rappresenti pienamente.
Attraverso uno stile diretto ed empatico, Efionayi illumina il fenomeno della doppia appartenenza e il senso di smarrimento che accompagna molti figli di migranti. Le sue parole danno voce a una generazione che si interroga sul significato di casa, appartenenza e radici, sfidando le definizioni statiche di identità nazionale.
Il suo ultimo libro, Padrenostro, pubblicato da Feltrinelli nella collana “Narratori”, ribalta una situazione che il lettore si aspetterebbe. La protagonista è Elisa, una ventenne napoletana oppressa da un’educazione rigidissima, che vive come il lettore medio immagina che debba vivere una ragazza di altre culture o religioni.

Conclusione
Durante l’incontro della Crusca con le autrici il dibattito si è sviluppato intorno alla scelta dell’italiano come lingua per scrivere i loro romanzi che si intrecciano con le loro origini. In particolare, è emersa la ricchezza che le letterature migranti possono portare alla lingua italiana, dandole la possibilità di confrontarsi con temi e concetti nuovi che sono parte integrante della cultura nazionale.