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Le escluse: Eugénie Grandet e Marta Ajala fuori dalla porta paterna

Durante l’Ottocento, Honoré de Balzac e Luigi Pirandello scrivono due romanzi in cui le protagoniste sono figlie escluse dal padre: Eugénie Grandet e L’esclusa (pubblicato solo nel 1901).

Felix Grandet e Francesco Ajala serrano la porta della comunicazione con le loro figlie: quella di Balzac è una porta simbolica, rappresentante l’ossessione paterna per il denaro; quella di Pirandello è una porta reale, che separa materialmente padre e figlia.

Mike Ellis- Numero 79 (2016)

La porta paterna del denaro

Nell’omonimo romanzo, Eugénie si confronta con il padre, un avaro borghese, che sostituisce ogni sentimento al denaro: l’episodio che lo dimostra è il suo atteggiamento impassibile verso il nipote, appena rimasto orfano.

Eugénie rabbrividì sentendo il padre che parlava in questo modo del più sacro dei dolori. Da quel momento, cominciò a giudicare il padre.

H. de Balzac, Eugénie Grandet

Si apre una frattura incolmabile tra i due, che separa due sistemi di valori inconciliabili, condizionando il loro rapporto. La barriera che si innalza tra i due è una porta simbolica, che si chiude a ogni comunicazione autentica. A suggellare l’esclusione di Eugénie dal mondo paterno, fatto di solo denaro, è la scena della morte dell’uomo.

Quando poi il prete gli accostò il crocifisso dorato per fargli baciare l’immagine del Cristo, egli fece un gesto spaventoso per afferrarlo, e quell’ultimo sforzo gli costò la vita; chiamò allora Eugenia, che non vedeva, sebbene fosse inginocchiata davanti a lui e bagnasse con le sue lacrime una mano già fredda.
– Babbo, benedicimi, – chiese la ragazza.
– Abbi cura di tutto! Me ne renderai conto laggiù, – diss’egli, provando con quest’ultima parola che il cristianesimo dev’essere la religione degli avari.

H. de Balzac, Eugénie Grandet
Daniel Hernandez- Honoré de Balzac, Eugénie Grandet, 1897

La porta paterna dell’onore

Marta Ajala deve affrontare un padre che la esclude senza ascoltarne le ragioni: l’uomo si chiude in camera per protesta, dopo che la moglie ha accettato la figlia, rifugiatasi da loro perché cacciata di casa dal marito per un presunto adulterio. Marta è innocente, ma non può spiegarlo al padre. Infatti, serrandosi dietro la porta, ha innalzato una barriera fisica, che impedisce ogni comunicazione. Quella dell’onore, una norma non scritta ma vigente nella società, cancella ogni altra legge, anche quella dell’affetto di un padre verso la figlia. Nonostante Marta avrebbe dovuto trovare tutela, sicurezza e rifugio nel padre, lui la condanna senza appello. Come Eugénie, Marta non subisce passivamente il suo atteggiamento, ma inizia a giudicare il padre.

[…] aveva sperato che il padre almeno, se non più il marito, le rendesse giustizia, e si rimovesse da quel proposito di non uscire più di casa, ch’era per lei, di fronte a tutto il paese, una condanna anche più grave di quella che il marito con sì poca ragione aveva voluto infliggerle, scacciandola dal tetto coniugale. Così egli, suo padre, confermava l’accusa del marito e la infamava irrimediabilmente. Come non lo intendeva? Aveva domandato con ansia alla madre se avesse riferito al padre la confessione, e la madre le aveva detto di sì.

Ebbene? Irremovibile?

Da quel momento, non aveva più versato una lagrima. Si era sentita tutta rimescolare, e la rabbia raffrenata s’era irrigidita in lei in un disprezzo freddo […]

L. Pirandello, L’esclusa
Antonio Donghi – Donna al caffè – 1931

Per Eugénie e Marta, il padre rappresenta il mondo esterno, la possibilità di esserci al di fuori della casa, della famiglia. Opporsi al loro giudizio, rimanendo fedeli ai propri principi, costituisce una ribellione lacerante. In questo modo, infatti, si privano di un canale di legittimazione importante, essenziale per raggiungere “indenni” il mondo esterno. Ma entrambe le protagoniste, davanti alla barriera del padre, reagiscono senza scendere a compromessi: Eugenie inizia a giudicare il padre, Marta non versa più lacrime.

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Maura Catania

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